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Sentenza Ue balneari, tutti i commenti di politica e associazioni

Una rassegna dei comunicati ricevuti in queste ore

La sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea in materia di concessioni balneari, pubblicata questa mattina, ha generato molti commenti da parte di forze politiche e associazioni di categoria. Raccogliamo qui di seguito tutti i comunicati ricevuti dalla nostra redazione nelle ultime ore. Inoltre, oggi dalle 15 alle 18 è andata in onda una diretta organizzata da Mondo Balneare per commentare a caldo la pronuncia insieme a giuristi, politici e rappresentanti delle associazioni di categoria: è possibile rivederla a questo link.

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I commenti delle associazioni balneari

Maurizio Rustignoli (presidente Fiba-Confesercenti): «La sentenza della Corte di giustizia europea sottolinea l’importanza fondamentale della verifica della scarsità della risorsa a livello territoriale e nazionale. È un tema che lo Stato membro può e deve gestire, e quindi può valutare anche una diversa applicazione della direttiva sulla concorrenza. In questo senso la strada intrapresa dal governo italiano, che vuole procedere concretamente con la mappatura delle coste italiane, è quella giusta. La Corte di giustizia europea, inoltre, non è entrata nel merito sul principio dell’eventuale indennizzo nel caso in cui ci sia un soggetto subentrante: anche in questo caso, la sentenza sottolinea che è materia dello Stato membro e sarà il governo italiano a valutare le specificità del caso. Ora è indispensabile aprire il percorso di confronto con le rappresentanze del settore ai tavoli preposti per giungere finalmente a un punto di equilibrio, nel rispetto delle regole europee e a tutela del valore delle imprese. Così come riteniamo che i tempi siano maturi per affrontare la riforma del Codice della navigazione e in particolare dell’articolo 49, che norma la materia del demanio marittimo dal 1942 e che perciò va necessariamente aggiornato alle attuali esigenze del turismo balneare».

Antonio Capacchione (presidente Sib-Confcommercio): «Nella sentenza odierna, i giudici della Corte di Lussemburgo hanno confermato quanto già chiarito nella loro precedente sentenza “Promoimpresa” del 14 luglio 2016: il presupposto per l’applicazione della direttiva Bolkestein alle concessioni demaniali marittime a uso turistico ricreativo è la “scarsità di risorsa”, e cioè l’impossibilità del rilascio di nuove concessioni. È stato chiarito, poi, che la “scarsità” deve essere stabilita combinando un approccio generale con una valutazione caso per caso. Sotto questo aspetto la Corte Ue smentisce il Consiglio di Stato che, con le note sentenze dell’adunanza plenaria, si è arrogato un compito che spetta allo Stato, stabilendo la scarsità con criteri generici e astratti e non effettuando una valutazione caso per caso. Questa valutazione costituisce una novità importante sulle possibili soluzioni, che restano di esclusiva prerogativa del nostro Stato. Il governo, pertanto, acceleri nella ricognizione delle concessioni demaniali marittime vigenti per la verifica della “scarsità della risorsa”; e sia poi convocato, con urgenza, il tavolo istituito con la recente legge 14 del 24 febbraio scorso. Si emani, nel più breve tempo possibile, una nuova legge che superi le disposizioni fissate dal precedente governo, effettuando un corretto bilanciamento fra l’esigenza di una maggiore concorrenza con la tutela dei diritti dei concessionari attualmente operanti. La politica non si abbandoni, su questa delicata e importante questione, a polemiche demagogiche e strumentali. Si ricorda, in proposito, che dal 2009 i sette governi, di diverso e opposto orientamento politico, hanno tutti ripetutamente rinviato la scadenza delle concessioni vigenti con l’impegno a una riforma, da ciascuno promessa e da nessuno mantenuta. Lo Stato non tradisca gli imprenditori balneari che hanno avuto l’unico torto di aver creduto nelle sue leggi. Voglio ricordare che gli attuali operatori hanno scelto questo lavoro e creato dal nulla aziende di valore e di successo confidando sulle leggi e sui provvedimenti del nostro paese. Nessuno può essere privato dei suoi beni senza un giusto indennizzo. Si precisa, in proposito, che il suolo è pubblico, ma privata è l’azienda che ivi insiste. Riteniamo che sia interesse di tutti evitare di distruggere un settore efficiente e un modello di balneazione attrezzata di successo unico al mondo. Sarebbe un colossale e imperdonabile errore storico, ancor prima di una intollerabile ingiustizia, nei confronti delle decine di migliaia di famiglie che perderebbero il lavoro e il frutto della propria attività».

Fabrizio Licordari (Assobalneari-Confindustria): «La sentenza della Corte di giustizia del Lussemburgo ha confermato quanto Assobalneari Italia sta predicando in tutte le lingue da mesi, e cioè che per la corretta applicazione della direttiva Bolkestein si debba avere contezza di quante siano le concessioni assegnate e di quante aree libere siano ancora disponibili. Sostanzialmente si tratta del principio della mappatura, che deve stabilire a livello nazionale la scarsità della risorsa, contestando i principi contenuti nelle sentenze gemelle del Consiglio di Stato che davano per limitata a priori la risorsa del bene spiaggia. Questa sarà una prerogativa dello Stato membro, che dovrà stabilire i criteri per eseguirla. Mi dispiace che sia stato perso tutto questo tempo per realizzarla, perché sarebbe stato molto utile averne già il risultato prima che uscisse la sentenza e ciò avrebbe avuto un impatto certamente forte. Comunque non è mai troppo tardi e ciò deve partire al più presto per avere argomenti concreti nell’interlocuzione tra governo italiano e Commissione europea. Notiamo che in tutto il dispositivo si parla di servizi e delle relative autorizzazioni, ma mai di beni quali invece noi siamo, come anche affermato dal papà della direttiva Frits Bolkestein. Ribadiamo l’invito al governo di convocare il tavolo tecnico previsto dalle norme al più presto, come abbiamo già richiesto ufficialmente. Non c’è più nulla da aspettare».

Marco Maurelli (Federbalneari): «Dissentiamo dalla sentenza della Corte Ue: a nostro avviso si tratta di un’ingerenza perché entra fin troppo nel merito della questione, e addirittura ci dice che il parlamento italiano deve, in qualche modo, allinearsi alle indicazioni europee quando invece sappiamo che il settore del turismo balneare italiano è unico in Europa nella sua peculiarità. Il sistema si basa infatti su un legittimo affidamento da parte dello Stato al privato che con i suoi servizi ha rivalutato pezzi di arenili. La sentenza apre tuttavia uno spiraglio per quanto riguarda la mappatura delle aree del demanio marittimo e, aggiungerei, lacuale e fluviale. Pronunciandosi sul ricorso dell’Autorità garante della concorrenza contro il Comune di Ginosa, la sentenza interpreta una condizione su una norma precedente che è la 145/2018, e di fatto emette un parere sullo stato dell’arte del sistema delle concessioni italiane. Il demanio marittimo e idrico comprende oltre 70.000 chilometri ed essendo oggetto della direttiva Bolkestein deve essere inquadrato in un contesto di mappatura. Se c’è un’apertura per il demanio marittimo, per il resto però non c’è nulla. Quindi auspichiamo che il governo possa trovare una sintesi al tavolo interministeriale, che sarà presto convocato a Palazzo Chigi, e tra tutti gli attori coinvolti, dagli enti locali fino alle associazioni di categoria, definendo così non solo la mappatura del demanio marittimo e idrico, ma giungendo anche a individuare i criteri di salvaguardia del patrimonio imprenditoriale del turismo costiero italiano. Siamo fiduciosi che il governo saprà imboccare la strada giusta, perché non si possono cancellare le imprese in nome e per conto dei principi europei».

Mauro Della Valle (Confimprese demaniali): «La Corte di giustizia Ue segna la rotta definitiva per regolamentare il diritto demaniale in Italia. Il giudice europeo a nostro avviso è stato molto più responsabile ed equilibrato nel declinare le possibilità per l’Italia in materia di concorrenza rispetto all’adunanza plenaria, che aveva annunciato il de profundis delle imprese demaniali italiane. A nostro parere, l’investire la Corte di giustizia da parte del Tar di Lecce, presieduta dal giudice Antonio Pasca, è stato un atto improcrastinabile ed essenziale per fare definitivamente chiarezza su uno sciame di sentenze e attacchi verso la nostra categoria, generando caos e soprattutto rischiando di demolire un sistema imprenditoriale centenario e unico nel suo genere. Se non fosse intervenuto il Tar di Lecce, oggi avremo letto sicuramente un altro capitolo della storia balneare italiana. Ci riteniamo, come Confimprese Demaniali Italia, soddisfatti di questa sentenza, in quanto la Corte, di parere contrario all’Adunanza plenaria circa la scarsità generica della risorsa spiaggia, delinea e responsabilizza il governo verso una rotta sicura e possibile a tutela delle imprese demaniali italiane. A nostro parere, attraverso un decreto legge, il governo potrebbe stabilire immediatamente dei criteri oggettivi per definire il parametro di quando è da considerare “scarsità” il demanio marittimo italiano e demandare la mappatura e la ricognizione ai singoli Comuni costieri, per i tratti di demanio concedibili e liberi. Così facendo, in questo modo crediamo che si possa in tempi rapidi uscire dal tunnel dell’incertezza normativa. Siamo convinti che il governo abbia da tempo dialogato e interloquito con l’Europa, spiegando dettagliatamente la specificità della costa italiana, per questo risultato che a nostro avviso darà una mano al legislatore italiano. Adesso il governo convochi subito il tavolo tecnico con la partecipazione delle associazioni di categoria e si mettano insieme le preziose conoscenze e professionalità che noi italiani possediamo, di certo non c’è più tempo di prorogare».

Bettina Bolla (Base Balneare): «Il sindacato Base Balneare con Donnedamare coglie i profili vantaggiosi della sentenza della Corte Ue del 20 aprile che sovverte sotto taluni aspetti il quadro tombale dipinto dall’adunanza plenaria del Consiglio di Stato sulla presunzione della scarsità della risorsa naturale e sulla retroattività della direttiva Bolkestein. Anche per questo ringraziamo gli avvocati Maellaro, Loiodice e Mazzella per avere correttamente sostenuto le ragioni di quei cinque concessionari di Ginosa Marina, gli unici fra quelli (una ventina) attinti dal ricorso dell’Antitrust, ad avere posto da subito la questione del rinvio pregiudiziale in Corte Ue per violazione del diritto eurounitario nel giudizio dinanzi al Tar Lecce (nel quale sono successivamente intervenuti taluni sindacati terzi) che ha condotto ai noti esiti. Il mancato intervento diretto del nostro sindacato nel giudizio era motivato dal rischio di inammissibilità per i terzi che tuttora non è scongiurato, almeno sino a quando non sarà resa definitivamente la pronuncia del Tar Lecce e sul punto non si saranno espresse le sezioni unite della Cassazione. Alla luce dei principi enunciati dalla Corte di giustizia, è quantomai opportuno che il governo, sulla base della recente richiesta a firma congiunta delle associazioni maggiormente rappresentative, convochi immediatamente il tavolo interministeriale per definire i criteri obiettivi, non discriminatori, trasparenti e proporzionati applicabili alla valutazione della scarsità della risorsa nell’ambito della specifica delega parlamentare in scadenza il 27 luglio 2023. Non c’è più tempo (e non ci sono altri alibi) per concludere la mappatura nel rispetto del termine di legge, in modo che le norme europee sulle evidenze pubbliche vengano applicate in maniera corretta. A tal proposito andrà anche opportunamente valorizzato l’ulteriore capo motivazionale della sentenza che privilegia l’irretroattività della direttiva ai rapporti sorti e costituiti prima della scadenza del termine di suo recepimento che, nella specie, corrisponde al 28 dicembre 2009. Sollecitiamo pertanto il governo a convocarci senz’altro indugio per avviare e concludere rapidamente il tavolo tecnico sulla mappatura».

I commenti della politica

Matteo Salvini (ministro delle infrastrutture): «La sentenza della Corte di giustizia europea dà ragione all’approccio della Lega. È un grande successo per l’Italia e che ci permette di tutelare migliaia di famiglie e di imprese balneari. La nuova mappatura delle spiagge sarà fatta dal Mit e, come sempre, verranno utilizzati criteri di buonsenso».

Gianluca Caramanna (deputato Fratelli d’Italia): «La sentenza di oggi della Corte di giustizia Ue sui balneari è da leggere attentamente. Se da un lato ribadisce alcuni principi già noti, dall’altro conferisce piena legittimità e rafforza l’utilità del lavoro impostato dal governo con il tavolo tecnico, che sarà chiamato a breve a predisporre la mappatura delle aree demaniali. Su questa base, siamo certi, il governo potrà continuare il dialogo in corso con la Commissione Ue, al fine di arrivare in tempi brevi a una normativa che definisca una volta per tutte la questione, garantendo un quadro certo agli operatori e alle amministrazioni coinvolte».

Riccardo Zucconi (deputato Fratelli d’Italia): «La sentenza della Corte di giustizia europea sulle concessioni balneari va nella direzione indicata da tempo dal sottoscritto e da Fratelli d’Italia, intanto per quanto riguarda la tempistica dell’applicazione della direttiva Bolkestein e cioè a decorrere dal dicembre 2009. È l’approccio che avevamo già previsto in una precisa proposta di legge della scorsa legislatura a mia firma e del collega Carlo Fidanza ed è un concetto ribadito anche dal punto 73 delle motivazioni messe nero su bianco dalla sentenza della Corte Ue. Nella sentenza viene ribadita, inoltre, la necessità di una mappatura al fine di verificare la scarsità della risorsa, combinando un approccio generale e astratto a livello nazionale, e un approccio basato su un’analisi del territorio costiero del comune in questione. Quello che per la sinistra doveva rappresentare un giorno nero e una pietra tombale per migliaia di micro e piccole aziende del comparto balneare, potrebbe rappresentare invece un nuovo punto di svolta verso una risoluzione costruttiva e concertata fra l’Italia e Bruxelles».

Carlo Fidanza (europarlamentare Fratelli d’Italia): «La sentenza della Corte di giustizia Ue sulle concessioni balneari conferma la bontà dell’impianto di lavoro del governo, con particolare riferimento alla mappatura già prevista da leggi precedenti e ribadita nel decreto Milleproroghe. Il tavolo tecnico potrà quindi da un lato avviare questa imprescindibile ricognizione e dall’altro contribuire a definire il criterio della scarsità della risorsa, così come indicato proprio dalla sentenza odierna. Quando si discute della vita di migliaia di aziende e di un settore che da anni vive una situazione di incertezza, non si può ragionare come se fosse un derby costante, né utilizzare sentenze complesse e articolate come una clava politica contro un governo o una categoria come vediamo fare in queste ore dall’opposizione. Bisogna al contrario continuare a lavorare con serietà a una soluzione che restituisca certezza agli operatori e agli enti locali. È quello che sta facendo il governo, impegnato in una costante interlocuzione con la Commissione Ue, dalla quale ci aspettiamo altresì un atteggiamento di collaborazione al fine di arrivare a una definizione della materia una volta per tutte».

Maurizio Gasparri (senatore Forza Italia): «La sentenza della Corte europea sulla vicenda balneari non apporta alcun elemento nuovo nella discussione che, da anni, si sviluppa sul tema e che ci vede opposti proprio all’Europa nella difesa delle aziende italiane e di una peculiarità turistica che non ha eguali, per ovvie ragioni territoriali e climatiche, con gran parte del resto d’Europa. Non ci aspettavamo certo una sentenza che ribaltasse gli effetti della ormai tristemente nota direttiva Bolkestein a tutela di famiglie e imprese che, in realtà, come lo stesso Bolkestein affermò in un incontro che organizzammo tempo fa, non hanno nulla a che vedere con questa norma. Per questo, come abbiamo detto anche nei giorni scorsi, il governo deve andare avanti per avviare il tavolo interministeriale e soprattutto, in tempi brevi, la mappatura delle coste italiane per confermare, come diciamo da tempo, che di spazio per nuove imprese ce n’è abbastanza e che le nostre spiagge non sono una risorsa scarsa. Elemento, questo, ribadito anche nella sentenza di oggi a conferma che la strada da noi indicata è quella giusta. Si tratta infatti di un’azione imprescindibile per chiudere definitivamente questa vicenda e dare alle imprese italiane il futuro che meritano».

Roberto Marti (senatore Lega): «Come Lega, ci battiamo da anni per quello che oggi trova riscontro nella sentenza della Corte di giustizia europea: l’eventuale applicazione della direttiva sulla concorrenza, anche alle concessioni balneari italiane, passa per la verifica della “scarsità della risorsa”. È evidente che questa scarsità, relativamente alle nostre coste, è insussistente. Abbiamo, quindi, colto nel segno la profondità della portata normativa e gli effetti distorsivi della direttiva Bolkestein. Ci sembra inoltre corretto che i sindaci abbiano la possibilità di non andare a gara fino al 2025, estendendo così il tempo necessario a recepire e chiarire tutte le informazioni. Oggi si compie un passo avanti importante per accelerare, come la Lega chiede da tempo, con la mappatura delle spiagge».

Marco Campomenosi (europarlamentare Lega): «La sentenza della Corte di giustizia europea sulla proroga delle concessioni balneari ha ribadito, conformemente a quanto già avvenuto nella sentenza “Promoimpresa” del 2016, il principio che l’eventuale applicazione della direttiva Bolkestein alle spiagge non può prescindere da una mappatura del litorale che stabilisca se c’è o meno scarsità della risorsa. Un approccio che la Lega porta avanti da anni. Inoltre, i giudici della Corte hanno chiarito che i criteri in base ai quali la risorsa è definita scarsa devono essere individuati dal legislatore italiano, e tenere conto delle diverse dimensioni territoriali, locali regionali e nazionali. Questa sentenza aiuta a chiarire una situazione che finora è stata, in Italia, confusa e divisiva. Auspico ora che tutte le forze politiche lavorino per creare le condizioni affinché quanto espresso dalla Corte di giustizia europea sia messo in pratica tutelando chi ha fatto impresa, investimenti e creato lavoro nel settore balneare».

Rosanna Conte (europarlamentare Lega): «La sentenza di oggi della Corte di giustizia dell’Ue non aggiunge nulla di nuovo. Sappiamo qual è la posizione di Bruxelles, ma Bruxelles sa anche bene qual è la posizione del governo: le spiagge degli italiani non si svendono. Occorre trovare una soluzione che, nel rispetto del diritto europeo, non finisca per punire un comparto già duramente colpito dalla crisi del covid, e che è centrale per la tenuta economica dei nostri territori e per l’intero settore turistico. Amministrazioni come la Regione Veneto hanno già avanzato proposte in tal senso. Bisogna premiare l’expertise di chi in questi anni ha investito e maturato esperienza e competenza, dando un contributo fondamentale allo sviluppo turistico del territorio, ma anche alla tutela del demanio marittimo».

Gian Marco Centinaio (senatore Lega): «La sentenza della Corte di giustizia europea dà ragione all’approccio che da anni la Lega e io personalmente, già da ministro, portiamo avanti. Conferma, infatti, che l’eventuale applicazione della direttiva Bolkestein anche alle concessioni balneari italiane passa per la verifica della scarsità delle risorse a livello nazionale, non solo o non tanto a livello locale. Una scarsità che, di fronte a ottomila chilometri di coste, è evidentemente inesistente. Quindi: niente scarsità, niente Bolkestein. I giudici di Lussemburgo scrivono che la direttiva europea “conferisce agli Stati membri un certo margine di discrezionalità nella scelta dei criteri applicabili alla valutazione della scarsità delle risorse naturali“, preferendo una valutazione a carattere nazionale, locale, oppure combinata. Questo smentisce chi, compreso il Consiglio di Stato, ha dato per scontata tale scarsità, solo perché guardava a singoli Comuni o ristretti territori, in cui la presenza di stabilimenti balneari può essere più densa. Un criterio che noi abbiamo sempre respinto e oggi anche la Corte Ue conferma la nostra valutazione. In definitiva questa sentenza rappresenta un’ulteriore spinta a procedere rapidamente con la mappatura delle spiagge da noi richiesta e a convocare rapidamente il tavolo interministeriale per stabilire una volta per tutte con criteri equi i termini entro i quali le risorse del demanio marittimo italiano possono essere considerate scarse. Questi passaggi restano presupposti essenziali per mettere a gara eventuali nuove concessioni in maniera “imparziale e trasparente”, come richiesto dalla Corte, tutelando al contempo le imprese già esistenti».

Sabrina Licheri, Luigi Nave, Gisella Naturale, Emma Pavanelli, Chiara Appendino, Alessandra Todde ed Enrico Cappelletti (parlamentari Movimento 5 Stelle): «Ignoriamo cosa sfugga al ministro Salvini e all’ex ministro Centinaio della sentenza della Corte Ue sui balneari, visto che con dichiarazioni tra l’assurdo e il delirante ne stanno completamente travisando il significato. Forse è più probabile che le loro parole servano a celare la consapevolezza che questo inaccettabile teatrino portato avanti per sei mesi ora va chiuso immediatamente. A Salvini rammentiamo che la Lega lo scorso giugno ha votato il ddl concorrenza senza battere ciglio, sposando dunque una road map precisa: mappatura delle concessioni subito e nuovo sistema di gare pubbliche a partire dal 2024, ovviamente con precise tutele per le imprese familiari, per i lavoratori e per i concessionari tutti. La pronuncia della Corte di giustizia Ue fa il paio con quelle del Consiglio di Stato e con i rilievi messi per iscritto dal presidente Mattarella in sede di promulgazione del milleproroghe. A mezzo stampa apprendiamo che la Meloni avrebbe rassicurato l’Ue sull’applicazione della direttiva. Bene: ora speriamo che lo capiscano anche i suoi alleati della Lega, con i quali ormai ha divisioni su tutto lo scibile politico. Quello che le destre non vogliono capire è che questo immobilismo sta letteralmente devastando l’intero settore, perché blocca gli investimenti e di conseguenza diminuisce il livello del servizio. Se fossimo partiti in autunno con la mappatura, a quest’ora non avremmo sopra la testa la spada di Damocle di una procedura d’infrazione Ue».

Marco Croatti (Movimento 5 Stelle): «Come previsto la Corte Ue ha ribadito che le concessioni di occupazione delle spiagge devono essere assegnate con una procedura di selezione imparziale e trasparente. Secondo indiscrezioni sarebbe in arrivo una lettera con cui Bruxelles concederà due soli mesi all’Italia per eliminare la proroga delle concessioni balneari. Dopodiché, a meno che non trovi una soluzione urgente, il nostro paese subirà deferimento e una salatissima multa. Si sta compiendo dunque il delitto perfetto di Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia che mentre continuano a lanciare proclami a difesa dei piccoli imprenditori balneari, in sei mesi non sono stati capaci di fare nulla, spalancando le porte proprio a chi fingono di osteggiare, ossia multinazionali e grandi gruppi imprenditoriali a cui non occorreranno mesi per ottenere finanziamenti, garanzie e fideiussioni necessari per partecipare ai bandi. Non avranno problemi i grandi imprenditori dalla sabbia amici, o addirittura esponenti, dei partiti di destra, mentre saranno tagliati fuori i piccoli imprenditori locali. I bandi saranno realizzati con estrema urgenza per evitare costose infrazioni e le conseguenze saranno gravi non solo per il comparto, ma anche per i cittadini e per la competitività dell’offerta turistica delle nostre località balneari. Impossibile in tempi brevi costruire bandi che rispondano alle necessità e alle peculiarità delle comunità costiere, introducano minime protezioni per i piccoli imprenditori, impediscano offerte predatorie di grandi gruppi imprenditoriali. Lo ripetiamo da mesi: si deve immediatamente ripartire dal decreto concorrenza del luglio 2022 e non perdere altro tempo per lavorare, insieme ai Comuni, alle associazioni di categoria e a quelle dei consumatori e ambientaliste, per costruire bandi trasparenti che eliminino inaccettabili privilegi e abusi e siano capaci di consegnarci concessionari che nei prossimi anni valorizzino le nostre spiagge con investimenti in sostenibilità e in innovazione rispettando vocazioni e tipicità dei nostri territori».

Mario Turco (senatore Movimento 5 Stelle): «La sentenza della Corte di giustizia Ue non dà affatto ragione alla Lega, come asserisce compiaciuto il ministro Salvini. Dice semmai il contrario, cioè che è applicabile direttamente nel settore e va scritta la parola fine sulla infinita stagione dei rinnovi automatici, che è proprio l’approccio sempre tenuto dalla Lega e da larga parte del centrodestra. Sappiamo che l’Ue ha avuto assicurazione dalla Meloni sull’applicazione della direttiva, e da questo si evince che la maggioranza è profondamente divisa, con Fratelli d’Italia che rema in una direzione e Lega e Forza Italia decisamente in un’altra. Ricordiamo che la mappatura delle concessioni fu avviata dal governo Conte II e il Movimento 5 Stelle la chiese con un emendamento a mia prima firma della manovra fatta dal premier Draghi nel dicembre 2021. Inoltre è il fulcro del ddl concorrenza approvato nel giugno scorso, con i voti oltretutto proprio di Lega e Forza Italia. L’auspicio ora è che, dopo la pronuncia della Corte Ue di oggi, la premier Meloni metta fine alla pantomima e ci risparmi una sgradevole figuraccia europea. Con questa impasse il governo sta scaraventando un settore cruciale del nostro turismo nella più totale paralisi: si dia immediata applicazione al percorso fissato nel ddl concorrenza, in modo da fornire agli imprenditori del settore quelle certezze fondamentali per favorire investimenti e lavoro. Si è già perso troppo tempo, si tutelino gli interessi degli italiani e si eviti la procedura d’infrazione europea con conseguente e sanzione».

I commenti delle associazioni ambientaliste

Stefano Ciafani (Legambiente): «Non ci sorprende la pronuncia della Corte Ue. In Italia ancora non esiste una norma nazionale che stabilisca una percentuale massima di spiagge che si possono dare in concessione e, di conseguenza, in tante realtà le spiagge libere restano un miraggio. In media, dal 2016 al 2020 lo Stato italiano ha incassato meno di cento milioni di euro all’anno per le concessioni balneari, una difformità su cui la Corte dei conti ha strigliato più di una volta i governi. Un’anomalia a cui il governo italiano deve porre rimedio urgentemente. In questi anni la discussione politica si è concentrata sulla direttiva Bolkestein finendo per coprire tutte le questioni, senza distinguere tra bravi imprenditori e non, e senza guardare a come innovare e riqualificare il settore. Bisogna risolvere subito alcuni nodi cruciali, dando seguito alle innumerevoli sentenze della giustizia nazionale ed europea. Sono necessarie una mappatura rapida delle concessioni balneari e in generale di quelle sul demanio marittimo, superando la non completezza dei dati sulle aree demaniali e soprattutto l’assenza di un regolare e affidabile censimento; un adeguamento dei canoni, attualmente per buona parte irrisori; una armonizzazione delle normative regionali per aumentare le spiagge libere; e costruire bandi di gara inserendo criteri di premialità ambientale, per fare in modo che le concessioni vengano assegnate sulla base della proposta migliore dal punto di vista ambientale».

Sebastiano Venneri (Legambiente): «Basta perdere tempo. La vicenda della Bolkestein ha funzionato come strumento di distrazione di massa rispetto ai veri problemi dei litorali italiani. Negli ultimi cinquant’anni il nostro paese ha perso 40 milioni di metri quadrati di spiagge a causa dell’erosione costiera, come racconta il rapporto “Spiagge 2022” di Legambiente. Non si dimentichi poi che parlare di spiagge significa anche parlare di sostenibilità ambientale. In questo senso si proceda accelerando nella direzione della qualità e sostenibilità ambientale, replicando quelle tante esperienze virtuose e green messe in campo già da molti lidi e apprezzate sempre più dai cittadini che cercano qualità e rispetto dell’ambiente. A questo riguardo la prassi Uni, nata dal lavoro di Legambiente insieme alle principali categorie di balneari, è un’esperienza preziosa che definisce i criteri dei lidi sostenibili e accessibili e che spinge proprio in questa direzione».

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