L’Europa disunita nella difesa dei litorali

Questo articolo fa parte di "Granelli di sabbia"

Divagazioni su processi, forme e tematiche ambientali della spiaggia. Una rubrica a cura del GNRAC.

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Ostenda (Belgio): pennello a schiena d’asino facilmente scavalcabile per chi cammina lungo la spiaggia.

Se c’è una cosa che nei secoli ha tenuto unita l’Europa – non solo quella politico-economica di oggi, ma anche quella fisica che si ritrova sui libri di scuola e in cui Russia e Ucraina appartengono allo stresso continente dell’l’Italia (!) – è stato lo scambio culturale e tecnico che ha fatto circolare idee e invenzioni, ignorando i confini artificiosi tracciati sulle carte geografiche. Questa Europa fisica presenta però una costa estremamente variegata e modellata da processi con differenti intensità: per esempio, alcuni paesi hanno le coste quasi esclusivamente rocciose mentre in altri prevalgono quelle sabbiose, alcuni si affacciano su mari burrascosi mentre in altri sembra di stare sul bordo di un lago. Per non parlare della marea, che su certe coste è così forte da essere l’orologio della giornata degli abitanti (ricordiamo che in inglese la parola tide, ovvero “marea”, è la forma arcaica di time, “tempo”), mentre in altri neppure si apprezza. Una cosa però accomuna quasi tutti gli Stati europei, ed è l’erosione costiera. Si salvano solo quelli scandinavi, dove il terreno si sta sollevando a una velocità maggiore di quella dell’innalzamento del livello del mare, e dove solo la punta meridionale della Svezia può essere accolta nell’Europa erosa.

Ma che sistemi vengono usati nei diversi Stati per contrastare questo fenomeno? Alla luce di quanto detto all’inizio, dovremmo attenderci una forte condivisione delle tecniche di difesa dei litorali, e invece sorprende trovare metodi di protezione costiera molto diversi anche in territori esposti a condizioni fisiche simili, mentre la stessa soluzione può venire adottata in contesti estremamente diversi.

Polonia: difesa aderente in blocchi prefabbricati posta a protezione del piede di una duna.

È evidente che le scogliere parallele, che orlano una buona parte della costa italiana e in particolare quella che si affaccia sull’Adriatico, difficilmente potrebbero essere adottate dove l’escursione di marea è di svariati metri, come per esempio sulle coste della Bretagna. Ma perché non le troviamo in Polonia, sul bordo del placido Baltico, dove invece proliferano i pennelli permeabili, che invece da noi sono praticamente sconosciuti?

Una recente indagine, alla quale hanno partecipato ricercatori di tutti gli Stati dell’Europa fisica, ha permesso di stimare con quale intensità vengono adottati i diversi sistemi di difesa costiera nei vari Paesi. Per esempio le scogliere aderenti (come il muro paraonde o il rivestimento in pietrame) sono assenti solo dalle coste della Lituania, mentre tutti gli altri li hanno realizzati, con i materiali più diversi, a protezione di lunghi tratti costieri, e in particolare dei centri urbani.

Corsica: pennello realizzato con geocontenitori.

Nelle Repubbliche baltiche, dove l’erosione in realtà non è molto forte, si eseguono invece in prevalenza stabilizzazioni delle dune e piccoli ripascimenti artificiali. Questi ultimi, in particolare con sedimenti dragati sulla piattaforma continentale, vengono effettuati con crescente impegno in quasi tutti i paesi europei, anche in quelli dove non è certo l’economia degli ombrelloni a spingere i governi a investire in questi progetti. Nella sola Olanda si utilizzano ogni anno circa 12 milioni di metri cubi di sabbia, che viene dragata sulla piattaforma continentale; più o meno la metà di quanta ne è stata usata in tutta l’Italia da quando, nel 1994, si è cominciato a fare ricorso a questa risorsa.

Il diverso utilizzo dei sistemi di difesa costiera in Europa secondo una indagine condotta consultando esperti di tutti i paesi e pubblicata sul “Journal of Coastal Conservation”.

Se le scogliere parallele sono una specialità italiana, come abbiamo sottolineato in due precedenti articoli della rubrica “Granelli di sabbia“, i pennelli (di cui comunque in Italia abbiamo il record per numero!) sono diffusissimi anche nei paesi che su affacciano sul Mare del Nord e sul Mar Nero, mentre sono assenti o scarsi sulla costa orientale dell’Adriatico, dove in realtà l’erosione è più modesta.

Creta: le scogliere parallele si trovano prevalentemente sulle coste del Mediterraneo, anche a causa della ridotta escursione di marea.
Un esile pennello in legno sulla costa di Rosslare (Irlanda), con il palo di segnalazione per chi corre a piedi nudi sulla spiaggia.

Pochi paesi (Gran Bretagna, Francia, Spagna, Romania e Ucraina) usano, in modo limitato, le piattaforme-isola che s’incontrano frequentemente lungo le nostre coste, sulle quali stanno per arrivare i surf reef, già sperimentati in Francia e Gran Bretagna. Altri sistemi, in parte da considerare ancora come sperimentali, si trovano in pochi paesi, come gli attenuatori d’onda di Gran Bretagna, Spagna e Italia, o il muro paraonde in fibra di vetro testato in Russia sulla costa del Mar Nero. Alcuni paesi hanno inoltre provato il drenaggio artificiale delle spiagge, la ripiantumazione della posidonia oceanica e la riconfigurazione dei fondali per modificare la direzione delle onde. Ma abbiamo anche le difese costruite utilizzando vecchi pneumatici, come in Russia, o gli oyster reef, quelle gabbionate metalliche riempite di gusci di ostriche che si ritrovano sulle coste olandesi.

Casablanca (Valencia, Spagna) nel 2014, quando una scogliera aderente rendeva impossibile l’accesso al mare.
Le immagini Google Earth di Casablanca (Valencia) mostrano la trasformazione subita dalla costa in seguito al ripascimento artificiale, delimitato da pennelli, realizzato nel 2022.

L’indagine è stata fatta una decina di anni fa, e forse qualcosa è cambiato; in particolare, si registra oggi una più diffusa e massiccia utilizzazione del ripascimento artificiale e della protezione e ricostituzione delle dune, ma purtroppo non si vedono progetti innovativi che facciano fare un vero passo in avanti verso una difesa sostenibile dei nostri litorali. Per lo più continuiamo infatti a utilizzare, seppure con varianti di forma o di materiali da costruzione, le stesse opere che si usavano a Venezia o a Ostenda nel XVIII secolo. Ma se guardiamo fuori dall’Europa, non solo non troviamo innovativi progetti di difesa, ma vediamo la replica delle vecchie strutture senza neppure quella fantasia che caratterizza il nostro continente.

In realtà siamo tutti in attesa di una rivoluzione copernicana che ci faccia vedere i processi che modellano le coste in un modo completamente nuovo, sul quale progettare interventi efficaci e sostenibili (sempre che esistano!). Ecco perché in molti paesi, anche extra-europei, la soluzione che sta convincendo sempre più è quella dell’arretramento strategico… ma non in Italia!

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