La costa adriatica è bellissima, ma se dovessimo dire cosa è che la rende unica al mondo, non avremmo dubbi: le scogliere parallele! A nord di Porto Garibaldi (Emilia-Romagna) ne troviamo 74 su 9 km, 61 orlano i 5 km del litorale compreso fra Porto San Giorgio e Casabianca (Marche), ma il record lo raggiunge la costa di Pescara (Abruzzo) con ben 243 scogliere che s’inseguono per 23 km. Per la verità le scogliere parallele non s’inseguono fra di loro, bensì inseguono l’erosione della spiaggia… o la creano?
Fra le opere di difesa costiera, le scogliere parallele distaccate da riva sono quelle su cui la discussione, anche a livello scientifico, è più accesa. Prima lodate, poi criticate e oggi rivalutate (seppure nella variante sommersa), sono comunque una specificità, se non adriatica, certamente italiana. Non vi è paese al mondo che ne abbia così tante, mentre vi sono moltissimi paesi in cui sono completamente sconosciute.
Il loro funzionamento è intuitivo: impediscono alle onde di propagarsi verso riva, e siccome si pensa che siano le onde a creare l’erosione, “più scogliere = meno erosione”. Ma le cose non stanno proprio così! Tralasciando il fatto che sono proprio le onde che fanno bello il mare, che modellano e ripuliscono la spiaggia, che disperdono gli inquinanti e che impediscono al fango di depositarsi vicino a riva, vi sono anche motivi tecnici che ne sconsiglierebbero una utilizzazione su vasta scala come è stato fatto in Italia. Questo non vuole dire che molte spiagge e molte attività economiche non siano state salvate proprio da queste scogliere. Ma a quale prezzo? Ed era la soluzione migliore?
La prima considerazione da fare, e vale per tutte le opere di difesa, è che le scogliere non producono sabbia e, se dietro a esse la spiaggia cresce, è segno che l’hanno rubata dai settori di costa adiacenti. Ciò è dovuto al fatto che le onde, anche quando al largo si presentano parallele alla costa, nel momento in cui superano l’estremità della barriera subiscono una rotazione e si propagano anche, con andamento circolare, nel tratto di mare riparato: un fenomeno che prende il nome di “diffrazione”. Dato che questo avviene in entrambe le estremità della struttura, le onde convergono, generando così un flusso sedimentario che fa crescere una cuspide nella zona più riparata, mentre in corrispondenza dei varchi si formano delle baie. Se le aperture sono molto strette si sviluppano dei piccoli golfi perfettamente circolari.

Quando invece le onde giungono oblique rispetto alla costa, il flusso sedimentario da esse innescato perde d’intensità quando arriva dietro alla scogliera e parte della sabbia viene abbandonata; in questo caso la prima struttura è quella che induce la formazione della cuspide più grande. L’insieme dei due processi fa sì che la sabbia si accumuli nel settore di costa protetto, venendo a mancare in quelli adiacenti, che entrano in erosione. Si corre quindi ai ripari costruendo altre scogliere, proteggendo ora un tratto di litorale più lungo, ma spostando sempre più l’erosione. Ecco che si può arrivare a costruire decine di scogliere su diversi chilometri di costa, partendo con l’intenzione di difendere solo un breve tratto di spiaggia attaccato dall’erosione!
Ma vi è un altro problema che dovrebbe essere attentamente valutato quando si progettano opere di difesa di spiagge utilizzate per la balneazione, ed è la sicurezza. Si sa che nel Mediterraneo il maggior numero degli annegamenti avviene in corrispondenza delle difese costiere. Lo abbiamo visto con i pennelli e ora cercheremo di capire perché le scogliere parallele sono altrettanto pericolose.
L’acqua che tracima sopra alla barriera, o quella che penetra fra i massi della struttura, si accumula tra questa e la riva; ma prima o poi da qualche deve uscire! Ebbene, esce quasi tutta dai varchi. Già nel tratto di mare riparato comincia a formarsi una corrente che prende sempre più velocità, per diventare molto forte in corrispondenza proprio del varco. Se una persona viene catturata da questa corrente e portata al largo, certamente non può rientrare lungo lo stesso percorso, ma l’alternativa è solo quella di attraversare la scogliera, sulla quale certamente si sfracellerebbe. Meglio allora restare fuori e aspettare i soccorsi! In ogni caso questo pericolo dovrebbe essere segnalato con cartelli e, magari, messa una sagola con dei galleggianti fissata alle estremità delle scogliere.

Ma non tutte le scogliere parallele sono uguali. Queste infatti possono essere emerse (tracimabili o non tracimabili), semi-affioranti o sommerse con la cresta a diverse profondità. E poi, parallele a cosa? Alla costa, alle onde dominanti o a quelle regnanti? Possiamo poi scegliere di farle vicino o lontano dalla riva, di diversa lunghezza e con varchi più o meno aperti. Per non parlare poi dei materiali con le quali possono essere realizzate e delle modalità di costruzione. Non un “granello di sabbia”, ma un’intera spiaggia ci vorrebbe per parlare di tutte. Comunque, è certo che questo argomento non lo abbandoneremo.
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2 commenti
Marco says:
Pultroppo negli ultimi anni chi ha deciso di implementare il sistema delle barriete antierosione “parallele” ma anche rigide ed emerse non ha ancora capito quanto possano essere inefficaci ed addirittura lesive per l’ecosistema costiere. Non c’è la volontà di voler risolvere il problema dell’erosione costiera attuanto sistemi innovativi quali barriere soffolte permeabili che in alcuni casi hanno dato risultati positivi inaspettati. Pultroppo si vuole che il problema per
sista in modo che non risolvendo è più facile distogliere denaro pubblico.
Enzo Pranzini says:
Il problema è che non si può fare una sperimentazione seria e indipendente sulle opere di difesa, in particolare su quelle innovative e su quelle sperimentali. Un pò perchè le leggi non lo favoriscono, un pò perchè chi le propone non si vuole fare carico delle spese di rimozione nel caso di insuccesso. Ho già fatto alcuni tentativi, ma tutti senza successo.
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