C’è un po’ di confusione sulla data di scadenza delle concessioni balneari italiane. A novembre 2021 una sentenza del Consiglio di Stato ha annullato la validità della proroga dei titoli fino al 31 dicembre 2033, che era stata disposta dalla legge 145/2018, ritenendola in contrasto con la direttiva europea Bolkestein che proibisce i rinnovi automatici sulle concessioni pubbliche. Per evitare gli effetti devastanti che avrebbe comportato l’annullamento immediato e improvviso di migliaia di concessioni, il Consiglio di Stato nella stessa sentenza ha dichiarato che i titoli in essere sarebbero comunque rimasti validi fino al 31 dicembre 2023, ma ha anche detto che qualsiasi eventuale ulteriore proroga automatica oltre quella data sarebbe stata inammissibile e immediatamente disapplicabile. Tuttavia il governo Meloni, con il decreto milleproroghe di febbraio scorso, ha ignorato le disposizioni di Palazzo Spada e ha deciso di approvare una proroga di un anno, spostando la scadenza delle concessioni al 31 dicembre 2024. Di conseguenza, nel settore si sono generati molti dubbi: vale la data decisa dai giudici oppure quella del parlamento?
La risposta non è semplice. La sentenza del Consiglio di Stato, emessa in adunanza plenaria, ha al momento valore legale, ma non si tratta ancora di una pronuncia definitiva, poiché su di essa pende un ricorso in Corte di cassazione promosso dall’associazione di categoria Sib-Confcommercio,. L’udienza di merito è stata fissata per il prossimo 24 ottobre e potrebbe confermare o ribaltare la decisione del Consiglio di Stato. Dall’altra parte, anche il decreto milleproroghe è ad oggi una norma valida a tutti gli effetti, almeno finché non sarà eventualmente disapplicata dalla giustizia amministrativa. Finora questo non è stato fatto, seppure una sentenza del Consiglio di Stato emessa appena cinque giorni dopo l’approvazione del milleproroghe abbia ribadito l’illegittimità di qualsiasi rinnovo automatico sulle concessioni balneari, compresa la proroga fino al 31 dicembre 2024: si è trattato di un’affermazione incidentale su un contenzioso che non riguardava direttamente quella norma, e che pertanto non ha valore di disapplicazione, ma che ha già fatto capire lo scontato orientamento di Palazzo Spada, nel caso fosse chiamato a pronunciarsi sulla proroga al 2024.
In questo momento i funzionari comunali che si occupano di gestire il demanio marittimo si trovano fra l’incudine e il martello: da un lato c’è una legge italiana che richiede di protocollare la nuova scadenza delle concessioni al 31 dicembre 2024, ma dall’altro lato c’è la responsabilità civile e penale di applicare una norma in palese contrasto con la giurisprudenza amministrativa e con il diritto europeo. Per questo motivo alcune amministrazioni locali, come quella di Santa Margherita Ligure, hanno deciso di ignorare la proroga al 2024 e stanno già procedendo con l’istituzione dei bandi pubblici per riassegnare le concessioni entro il 31 dicembre 2023. Tuttavia queste controverse decisioni rischiano di provocare contenziosi fra imprenditori e Comuni, con conseguenti impasse che potrebbero durare per anni, bloccando un intero settore economico. Per questo è fondamentale che il governo, attraverso una riforma nazionale del settore, decida in fretta cosa dovrà accadere alle concessioni in scadenza.
Nel frattempo, però, restano i dubbi sulla scadenza dei titoli: 31 dicembre 2023 o 31 dicembre 2024? A nostro parere, i titolari di concessioni demaniali marittime possono stare tranquilli fino al 31 dicembre 2024. Questo grazie alla legge 118/2022 (la “legge sulla concorrenza” voluta dal governo Draghi), che nel recepire le disposizioni del Consiglio di Stato, ha fissato la data di scadenza al 31 dicembre 2023 ma ha anche ammesso che «in presenza di ragioni oggettive che impediscono la conclusione della procedura selettiva entro il 31 dicembre 2023, connesse, a titolo esemplificativo, alla pendenza di un contenzioso o a difficoltà oggettive legate all’espletamento della procedura stessa, l’autorità competente, con atto motivato, può differire il termine di scadenza delle concessioni in essere per il tempo strettamente necessario alla conclusione della procedura e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2024. Fino a tale data l’occupazione dell’area demaniale da parte del concessionario uscente è comunque legittima» (articolo 3, comma 3, legge 118/2022). Questa norma ad oggi non è mai stata impugnata né disapplicata da alcun tribunale, perciò è valida a tutti gli effetti, compresa la condizione delle “ragioni oggettive” che rendono necessario il differimento al 31 dicembre 2024: tale può considerarsi, infatti, l’effettiva mancanza di una norma nazionale che stabilisca come istituire i bandi pubblici, prevista dalla stessa legge 118/2022 che necessita di un decreto attuativo non ancora varato dal governo. In assenza di una regolamentazione, le amministrazioni comunali non possono procedere con le gare e devono quindi attendere il 31 dicembre 2024.
L’articolo di legge citato è stato modificato dal decreto milleproroghe, che ha spostato di un anno entrambe le date, fissando il termine effettivo delle concessioni al 31 dicembre 2024 e il differimento per “ragioni oggettive” al 31 dicembre 2025. Ma anche considerando, per ipotesi, il profilo di illegittimità del milleproroghe (cosa che comunque – si ripete – non è stata ancora stabilita da nessun giudice), la scadenza del 31 dicembre 2024 resterebbe comunque valida, poiché prevista anche dalla legge 118/2022 in presenza delle ragioni oggettive che ad oggi effettivamente sussistono. Ergo, ne deriva in conclusione che i concessionari balneari a nostro parere possono considerare valida la scadenza del 31 dicembre 2024 per i loro titoli concessori.
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