Nessuna proroga delle concessioni balneari, bensì uno slittamento dei termini di massimo tre o quattro mesi per esercitare la delega sul riordino del demanio marittimo imposta dalla legge sulla concorrenza. È il compromesso raggiunto ieri fra il governo e le forze di maggioranza, in seguito a una riunione fra il ministro agli affari europei Raffaele Fitto e i senatori Licia Ronzulli e Maurizio Gasparri (Forza Italia), Gianmarco Centinaio ed Edoardo Rixi (Lega), Francesco Lollobrigida e Gianluca Caramanna (Fratelli d’Italia), Lorenza Cesa e Maurizio Lupi (Noi con l’Italia). Come riferisce una nota ufficiale di Palazzo Chigi, durante l’incontro «si è convenuto di istituire un tavolo interministeriale, nonché di aprire un immediato confronto con le categorie e le istituzioni interessate. Pertanto è necessaria una proroga per l’esercizio da parte del governo della delega».
Pochi politici ancora lo hanno ammesso esplicitamente, poiché andrebbe contro gli impegni promessi in campagna elettorale, ma a questo punto pare proprio che l’intento comune sia quello di disciplinare le evidenze pubbliche: è quanto ormai emerge sempre più chiaramente dalle dichiarazioni degli esponenti di maggioranza che si sono rincorse nelle ultime ore, scaricando le responsabilità sull’imminente procedura di infrazione europea e sul mancato rispetto della sentenza del Consiglio di Stato di novembre 2021, se si prenderanno altre strade che non siano le procedure selettive. Il disegno sarebbe però da completare in dialogo con le associazioni di categoria, che saranno convocate nei prossimi giorni per concordare i contenuti del decreto attuativo e valutare le forme di tutela degli attuali concessionari. In questo momento, infatti, migliaia di piccole imprese familiari fondamentali per il sistema turistico italiano stanno vivendo una grave fase di profonda angoscia e incertezza sul loro futuro, e di tutto ciò non si può fare finta di nulla.
L’accordo tra governo e maggioranza
In base alla legge sulla concorrenza approvata durante il governo Draghi, le concessioni balneari scadranno il 31 dicembre 2023 e andranno riassegnate tramite procedure selettive secondo modalità da definire con un decreto attuativo da varare entro il 20 febbraio. Tuttavia, le elezioni anticipate e il cambio di esecutivo hanno allungato i tempi e reso impossibile rispettare la scadenza. Per questo, Lega e Forza Italia hanno presentato un emendamento al decreto milleproroghe che allungherebbe le concessioni di un anno, nonostante il Consiglio di Stato e la Corte di giustizia europea abbiano già proibito qualsiasi ulteriore proroga automatica. Difatti la proposta non ha convinto il governo, con la presidente del consiglio Giorgia Meloni che due giorni fa ha fatto intendere di preferire una immediata «soluzione strutturale». E ancora più esplicito è stato il ministro agli affari esteri Antonio Tajani: «Quanto alle spiagge – ha dichiarato all’agenzia Adnkronos – dobbiamo tutelare le imprese italiane anche per evitare pericolose infiltrazioni. Sono necessarie gare serie, ci sarà un confronto con le associazioni balneari e si troverà una buona soluzione con l’Europa». Per questo, è stato comunicato in seguito alla riunione di ieri, sui tavoli di Palazzo Chigi si sta valutando una soluzione alternativa alla proroga: si tratterebbe in sostanza di spostare al massimo a fine giugno il termine per approvare il decreto attuativo della legge sulla concorrenza, in modo da concludere le procedure selettive entro il 31 dicembre 2024. Infatti, nonostante abbia fissato la scadenza delle concessioni al termine del 2023, la legge sulla concorrenza ammette un anno in più di tempo in caso di “difficoltà oggettive” per le amministrazioni comunali, per le quali ad oggi sarebbe impossibile istituire migliaia di bandi in pochi mesi, con criteri ancora da disciplinare a livello nazionale.
A complicare ulteriormente la questione c’è poi l’imminente pronuncia della Corte di giustizia europea, interpellata lo scorso maggio dal Tar di Lecce per esprimersi su una serie di importanti quesiti legati all’applicabilità della direttiva Bolkestein sulle concessioni balneari. Sempre alla riunione di ieri, riferisce la nota di Palazzo Chigi, «il governo ha illustrato alla maggioranza le ultime novità emerse dall’ordinanza della Corte di giustizia europea del 16 gennaio 2023, che ha deciso di statuire senza trattazione orale sul rinvio pregiudiziale proposto dal Tar Lecce». Ciò significa che il massimo giudice europeo ha ritenuto di non interpellare le parti in causa, in quanto è già in possesso di elementi a sufficienza per prendere una decisione. Tradotto: è altamente probabile che la Corte Ue respingerà presto i quesiti al mittente, dal momento che la legge 145/2018 su cui si basava gran parte della pronuncia del Tar Lecce è nel frattempo stata abrogata (si tratta della norma che aveva esteso le concessioni al 2033, annullata prima dal Consiglio di Stato e poi dalla legge sulla concorrenza) e che su molti temi si è già espressa con la sentenza “Promoimpresa” del 14 luglio 2016. I tempi della decisione della Corte europea non sono ancora certi, ma data la scadenza delle concessioni tra undici mesi, il governo non può permettersi di perdere altro tempo, come ha confermato la capogruppo di Forza Italia in Senato Licia Ronzulli ieri sera a Porta a Porta (il passaggio si trova al minuto 15.30).
Lo scenario per i balneari
La maggioranza sta giocando a carte coperte per il timore di ripercussioni elettorali, ma tutti i segnali fanno intendere che le sia ormai impossibile scampare dalle procedure selettive, come invece prometteva in campagna elettorale. Tutte le dichiarazioni dei politici si guardano bene dall’assumersi la responsabilità, ribadendo che nessuno è d’accordo con l’applicazione delle gare per le concessioni balneari previste dalla direttiva Bolkestein, ma ammettendo candidamente che ormai – tra sentenze italiane ed europee, leggi già approvate e minacce di procedure di infrazione – non è più possibile fare altrimenti. Tutti i discorsi sulla mappatura delle concessioni e la disponibilità di spiagge ancora concedibili sembrano ormai rinviati al tavolo con le associazioni di categoria, ma senza più escludere la disciplina delle gare.
I margini di manovra resterebbero unicamente sulle modalità con cui disciplinare le procedure selettive, che – va ricordato – non sarebbero aste al rialzo economico, come anche ribadito di recente dal Consiglio di Stato. L’ex premier Mario Draghi e i suoi consiglieri sono stati particolarmente restrittivi con la legge sulla concorrenza, non avendo voluto ammettere nessuna forma di paracadute per gli attuali concessionari, ma il governo Meloni ha ancora sufficienti spazi per inserire alcune forme di tutela. Stiamo parlando di un punteggio premiante in fase di selezione per chi attesta esperienza professionale nel settore e qualità dei servizi offerti finora, oltre che del riconoscimento del valore aziendale per il titolare uscente a carico del subentrante: si tratterebbe di modi per consentire agli attuali concessionari meritevoli, dopo essere passati da una procedura pubblica come richiesto dall’Europa, di continuare a gestire la loro impresa oppure ricevere un adeguato indennizzo. Inoltre occorrerebbe inserire dei criteri per dare la preferenza alle piccole imprese familiari a scapito dei grandi gruppi economici, preservando così la peculiarità dell’attuale sistema balneare italiano, che ha sempre garantito la cura dei litorali e l’eccellente accoglienza dei turisti, ed evitare che anche questo pezzo di patrimonio pubblico finisca in mano alle multinazionali. Infine, non bisogna dimenticare la necessità di regolamentare la posizione di chi ha già avuto dalla propria amministrazione comunale il titolo protocollato fino al 2033 in base alla legge 145/2018: anche se tale estensione è stata poi dichiarata invalida, è comunque stata nel frattempo ufficialmente registrata per migliaia di titoli, con investimenti realizzati in conseguenza a una legge dello Stato. Per definire tutti questi aspetti sarà necessario il confronto tra i ministeri competenti e le associazioni di categoria, che si confida venga convocato il prima possibile.
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