Per adeguare le norme italiane al diritto europeo in materia di concessioni demaniali marittime «occorre istituire procedure comparative basate sui principi di concorrenza, imparzialità, trasparenza e pubblicità», prevedendo anche «la possibilità, per chi concorre alle gare, di decidere il valore del canone» e la necessità che «gli investimenti degli attuali imprenditori siano oggetto di un ristoro a carico del concessionario subentrante». Lo ha detto il presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato Roberto Rustichelli (nella foto), convocato ieri mattina in audizione dalla commissione alle politiche europee della Camera dei deputati presieduta da Sergio Battelli (Movimento 5 Stelle) nell’ambito di un’indagine conoscitiva per la prevenzione e la riduzione delle procedure di infrazione a carico dell’Italia.
Il presidente dell’Antitrust si è detto consapevole che «sulle concessioni balneari insistono piccole imprese fatte da famiglie che lavorano e che si alzano la mattina alle quattro», precisando però che «l’Agcm, senza nessuna avversione nei confronti di questa categoria, sta solo svolgendo il proprio lavoro che è quello di chiedere il rispetto delle norme sulla concorrenza, nell’interesse anche degli stessi operatori balneari». In particolare, ha spiegato Rustichelli, le diffide presentate nei mesi scorsi dall’Antitrust contro l’estensione delle concessioni al 2033 sarebbero solo la conseguenza dei molti esposti inviati all’autorità «da parte di associazioni di consumatori e operatori interessati a entrare nel mercato, nei confronti dei quali non possiamo non intervenire».
L’intervento di Rustichelli
Nel corso dell’ora di audizione, concentrata in gran parte sulla questione della direttiva Bolkestein e delle concessioni balneari, Rustichelli ha sottolineato che «la direttiva 123/2006, promuovendo un ampio processo di revisione delle discipline nazionali in materia di servizi privati nonché il superamento dei vincoli ingiustificati all’esercizio delle attività economiche, continua a rappresentare per gli Stati membri un’opportunità di crescita importante e imprescindibile». Ma nonostante il recepimento della Bolkestein avvenuto col decreto 59/2010, ha proseguito Rustichelli, «l’Agcm ha continuato per anni a segnalare il contrasto delle disposizioni vigenti con i principi di liberalizzazione racchiusi nella direttiva, evidenziando l’opportunità di introdurre procedure aperte, trasparenti e non discriminatorie per il rilascio di concessioni volte allo sfruttamento di risorse limitate ma essenziali per lo svolgimento di determinate attività produttive, ovvero le grandi derivazioni idriche per la produzione di energia elettrica e i litorali marittimi».
Approfondendo il tema delle concessioni balneari, Rustichelli ha poi ribadito come l’Agcm abbia più volte «suggerito la rimozione dei sistemi di rinnovo automatico delle concessioni e segnalato la perdurante mancata attivazione di meccanismi competitivi di assegnazione delle concessioni nonché la sistematica proroga delle concessioni in essere, di durata peraltro particolarmente consistente». Con diverse segnalazioni, ha aggiunto il presidente dell’Antitrust, «abbiamo richiamato l’attenzione sulla necessità di adottare in tempi celeri una nuova normativa in materia di concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, che prevedesse l’immediata selezione dei concessionari in base ai principi di concorrenza, imparzialità, trasparenza e pubblicità, e che garantisse all’amministrazione competente un utilizzo efficiente delle risorse demaniali e un’adeguata remunerazione del bene tale da consentire il trasferimento di una parte maggiore della rendita alla collettività».
Ancora, secondo Rustichelli «l’affidamento delle concessioni balneari tramite procedure competitive consente la piena valorizzazione del bene demaniale delle coste italiane, che come riconosciuto dall’articolo 1 della legge 145/2018, rappresenta un elemento strategico per il sistema economico del paese. Già l’articolo 37 del Codice della navigazione permette di affidare la concessione al soggetto che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione, e in seguito alle segnalazioni dell’Agcm, diverse amministrazioni locali hanno intrapreso il percorso virtuoso di bandire le gare secondo i principi della direttiva europea».
Il presidente dell’Antitrust ha anche spiegato le ragioni dei numerosi ricorsi che l’autorità ha recapitato nei mesi scorsi contro le amministrazioni comunali “colpevoli” di avere applicato l’estensione di quindici anni delle concessioni balneari, disposta dalla legge 145/2018: «Il nostro intervento in materia di demanio marittimo non si è potuto limitare alla formulazione di proposte di riforma normativa ma, anche e soprattutto a seguito dei numerosi esposti ricevuti, si è dovuto estendere all’impugnazione di quegli atti amministrativi che, richiamando a norme nazionali che autorizzano l’adozione di lunghe proroghe delle concessioni esistenti, si pongono in contrasto con il principio di gerarchia delle fonti normative e, nel merito, ingessano il mercato nazionale con evidenti pregiudizi per gli operatori della collettività».
Il deputato Alessandro Giglio Vigna (Lega) a questo punto ha incalzato Rustichelli, chiedendogli se «tutte le infrazioni debbano essere sanate oppure se la scelta di sanare o meno una procedura di infrazione debba tenere conto degli evidenti o eventuali costi sociali portati dal sanare l’infrazione. La direttiva Bolkestein rappresenta il classico esempio: è vero che tenere un’infrazione aperta ha un costo per il paese e che questo costo si rifà sui cittadini, ma è anche vero che sanare un’infrazione come quella sulla Bolkestein creerebbe ulteriori costi sociali sui balneari e sugli ambulanti. Una direttiva emanata quindici anni fa come ulteriore passo per la liberalizzazione del mercato europeo oggi potrebbe avere degli effetti indesiderati, ovvero l’ingresso di grossi gruppi extraeuropei nel campo dei servizi, e questo creerebbe altri problemi».
In tutta risposta Rustichelli, dopo avere precisato che «la scelta per gli interessi del paese non la compie l’Agcm, bensì il governo e il parlamento», ha sottolineato che «per quanto riguarda le concessioni balneari ci è molto chiaro che sulla maggior parte di esse insistono piccole imprese fatte da famiglie che lavorano e che si alzano la mattina alle quattro: sono romagnolo e so cosa significa gestire uno stabilimento balneare. Noi non abbiamo in alcun modo attaccato questa categoria di piccoli imprenditori e non abbiamo nessuna avversione nei loro confronti; ma abbiamo solo fatto il nostro dovere di chiedere il rispetto della legge. E avendo ricevuto molti esposti e segnalazioni da parte di associazioni di consumatori e di altri imprenditori che non possono accedere al mercato, era nostro dovere intervenire».
Secondo il presidente dell’Antitrust «in un momento come questo non si può intervenire a gamba tesa, ma nemmeno si possono intraprendere soluzioni temporanee. Occorre decidere normativamente una soluzione di carattere definitivo, che tenga anche conto degli investimenti: se un imprenditore ha investito, è ovvio che il subentrante – come già accade in altre procedure di gara – debba farsi carico del ristoro degli investimenti. Tenete anche presente che in base alle attuali regole, la gara non include l’importo da pagare annualmente per la concessione, che è fissato dalla legge, bensì riguarda la comparazione sotto il profilo del progetto innovativo nella gestione del bene pubblico: perciò è ovvio, e credo che nessuno possa smentirlo, che l’attuale gestore, conoscendo il rendimento del bene nel tempo perché lo ha gestito, ha già un grande vantaggio competitivo nei confronti di tutti gli altri».
Un’ultima domanda in materia di concessioni di spiagge è stata sottoposta dal deputato Francesco Berti (Movimento 5 Stelle): «Nomisma afferma che lo Stato incassa circa 103 milioni di euro dai canoni sulle concessioni demaniali, a fronte di un fatturato del settore di circa 15 miliardi: ciò significa che o abbiamo imprenditori che fanno diventare oro ciò che toccano, oppure c’è un profitto extra dovuto alla situazione di monopolio su un bene finito come le coste. Eppure sul tema dei balneari abbiamo visto scene fantozziane in questo parlamento, con i partiti di centrodestra che sono andati a prendere Frits Bolkestein per portarlo qui e fargli dare una sorta di interpretazione autentica dell’applicazione della sua direttiva. Perciò le mie domande sono: 1) se il Sistema informativo demanio, gestito dal Ministero delle infrastrutture, non possa rendere pubblici i dati e gli introiti sulle concessioni; 2) come si può applicare questa direttiva europea nel diritto italiano senza troppi traumi, dal momento che gli attuali imprenditori hanno fatto investimenti che dovranno essere indennizzati, che ci sono manufatti che non potranno essere rimossi in vista della riassegnazione delle concessioni e che si dovrà evitare l’ingresso di grandi operatori stranieri nel mercato».
L’argomento dei canoni sollevato da Berti è stato esposto in modo molto parziale e scorretto (il canone non è l’unica spesa affrontata dai concessionari balneari, come abbiamo spiegato in questo video, e peraltro le cifre minime sono state alzate la scorsa estate da 362 a 2500 euro annui), ma Rustichelli non glielo ha fatto notare, anzi ha ribadito l’idea di prevedere il rialzo sul canone in fase di gara, già avanzata lo scorso marzo in una lettera al premier Draghi. Questa, infatti, la risposta di Rustichelli a Berti: «La pubblicità dell’attività di una pubblica amministrazione è un requisito essenziale del controllo della democrazia, ed è altrettanto ovvio che una procedura competitiva che preveda anche la valorizzazione attraverso il canone di un bene demaniale è nell’interesse della collettività e del paese. Un bellissimo albergo della Costa Smeralda, con una concessione su una splendida spiaggia della Sardegna, paga 800 euro all’anno di canone quando una stanza in piena stagione costa 1000 euro, e questo non va bene: 103 milioni su 15 miliardi è un ricavo irrisorio. Al contempo bisogna però che zone che non hanno la stessa rilevanza turistica paghino dei canoni adeguati. In questo senso c’è un ulteriore possibile beneficio della gara competitiva, poiché consente la giusta valorizzazione del bene pubblico e i giusti introiti: il canone è corretto nella misura in cui tutti gli imprenditori sono messi in grado non solo di presentare il proprio progetto, ma anche di decidere il valore che loro stessi danno al bene di noi tutti e qual è il valore che ritengono giusto come costo d’impresa in relazione allo sfruttamento del bene».
Il video integrale dell’audizione di Rustichelli è disponibile sulla web tv della Camera dei deputati »
La nota di Battelli
In seguito all’audizione di Rustichelli, il presidente della commissione XIV alle politiche europee Sergio Battelli (M5S) ha diramato questa nota: «Sono perfettamente d’accordo con il presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato Roberto Rustichelli, che ringrazio ancora per l’intervento in commissione XIV, quando dice che il meccanismo della gara competitiva consente la giusta valorizzazione del bene pubblico, i giusti introiti e un miglioramento per la collettività. Concordo poi sul fatto che sia necessario attuare in tempi rapidi una nuova normativa sulle concessioni balneari. Se da un lato abbiamo l’urgenza, anche economica, di risolvere la procedura di infrazione europea, evitando tra l’altro eventuali e disastrosi rallentamenti dell’iter del Pnrr, dall’altro dobbiamo ridare al settore la dignità che merita basata sui principi di concorrenza, imparzialità, trasparenza e pubblicità. Come sostengo da anni, il sistema delle gare a evidenza pubblica per la gestione di un bene prezioso e limitato come le spiagge non può più essere rimandato. Lo ha giustamente sottolineato il presidente Rustichelli: “La concorrenza è un investimento che tutela, nel tempo, gli interessi delle pmi, dei consumatori, dei cittadini che sono l’essenza dei consumi nel nostro Paese”. Ecco, io credo che, a maggior ragione dopo la crisi pandemica, il parlamento abbia il dovere di incoraggiare gli investimenti e valorizzare le specificità del nostro territorio e non penalizzare le imprese. Auspico quindi che si trovi al più presto l’occasione di scardinare un sistema che non funziona e che ha necessariamente bisogno di essere corretto».
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