Nei giorni scorsi è stata proclamata la mobilitazione di protesta degli imprenditori balneari: alcune associazioni di categoria hanno dato l’allerta (prima il Sib-Confcommercio, poi Assobalneari-Confindustria) e stanno lavorando per organizzare manifestazioni in tutta Italia.
Per capire i motivi di questa drastica decisione, occorre fare un passo indietro. Da quando gli stabilimenti balneari sono stati inseriti nella direttiva europea Bolkestein sulla liberalizzazione dei servizi, recepita nel 2010 dall’Italia, nessun governo è mai riuscito a risolvere il problema in cui sono piombate migliaia di piccole imprese: ovvero, nessuno ha saputo tutelare gli interessi economici e i diritti dei concessionari che si sono visti da un giorno all’altro cambiare le condizioni normative su cui si basavano.
A dicembre 2018 il governo Lega-5Stelle ha istituito l’estensione di 15 anni delle concessioni demaniali marittime e i Comuni (che hanno in capo la gestione di queste concessioni) stavano rilasciando molto a rilento i titoli prolungati fino al 2033. Poi, nell’ultimo mese la situazione è precipitata:
- il 18 novembre il Consiglio di Stato ha espresso una valutazione negativa in merito all’estensione fino al 2033;
- il 19 dicembre, il Ministero delle infrastrutture ha diramato una circolare alle Autorità portuali, invitandole di fatto a non applicare la norma;
- l’8 gennaio, la Procura di Genova ha inviato una nota per esortare le amministrazioni comunali della Liguria a non prolungare le concessioni fino al 2033.
Questa serie di avvenimenti, pur non avendo annullato formalmente l’estensione fino al 2033, ha portato molti Comuni a bloccare le procedure di rilascio in corso. Addirittura un’amministrazione comunale, quella di Castrignano del Capo in Salento, ha revocato l’estensione già rilasciata a quattro stabilimenti balneari.
Per tali motivi, la categoria dei balneari è entrata in stato di agitazione: il prolungamento delle concessioni, nonostante resti una legge dello Stato in vigore, sembra essere sotto minaccia e l’attuale governo continua a non voler emanare una circolare applicativa, più volte richiesta dalle associazioni di categoria per obbligare i Comuni a estendere le concessioni.
C’è poi un altro motivo che ha spinto gli imprenditori balneari a indire la protesta: il governo Lega-5Stelle aveva giustificato l’estensione di 15 anni con l’imminente riordino complessivo del settore, che si era impegnato a varare entro il 30 aprile 2019. Tuttavia questo impegno non è stato mantenuto, il governo è caduto e la nuova maggioranza Pd-5Stelle fino a oggi sembra essersi del tutto disinteressata al problema. Tuttavia, finché non saranno approvate almeno le linee guida per la riforma del demanio marittimo, verranno a mancare le fondamenta che rendevano solida l’estensione al 2033.
Il settore balneare ha bisogno di un radicale aggiornamento del Codice della navigazione, una legge scritta nel 1942 che non può più essere adatta alle esigenze di un settore turistico così importante. Occorre scrivere regole definitivamente certe per gli imprenditori e compatibili con l’ordinamento giuridico, che consentano agli stabilimenti di innalzare il proprio livello di qualità e di innovazione. E occorre farlo tutelando gli interessi di tutti: il diritto di proprietà di chi ha investito (poiché gli stabilimenti balneari, seppure sorgano su suolo demaniale, sono imprese private a tutti gli effetti) e la liberalizzazione delle concessioni per avviare nuove attività sulla spiaggia (affidando nuovi tratti di litorale anziché espropriare quelli esistenti).
© Riproduzione Riservata