Opinioni

Il sondaggio tra i balneari dimostra la necessità di far maturare il dibattito sulla riforma delle concessioni

Qualche doverosa precisazione sulla nostra indagine, che da alcuni lettori è stata banalizzata anziché analizzata nella sua complessità.

Due giorni fa abbiamo pubblicato i risultati del nostro sondaggio che ha intervistato un campione di 801 balneari per chiedere la loro opinione sulla riforma delle concessioni demaniali marittime, facendo emergere che il 57,4% della categoria è contrario alle evidenze pubbliche e il 39,7% è invece disponibile ad affrontarle, a patto che siano garantiti il riconoscimento del valore commerciale e della professionalità. Oggi torniamo ad analizzare questi dati, soprattutto per rispondere alle decine di commenti che abbiamo ricevuto al nostro post su Facebook. Reazioni che, proprio come il sondaggio stesso, dimostrano le profonde spaccature esistenti all’interno della categoria dei balneari – che confidiamo possano essere risolte proprio grazie alla nostra provocazione.

Le semplificazioni non ci sono mai piaciute, soprattutto in un settore complesso come quello del demanio marittimo. Per questo, in dieci anni di lavoro Mondo Balneare ha sempre cercato di fare giornalismo in modo autentico e onesto, dando voce a tutte le realtà che rappresentano il settore e al contempo analizzando le intricate vicende normative in maniera il più possibile completa e autorevole. Crediamo che la verità possa essere una ricchezza per tutti, anche se a certe volte fa male, ed è proprio l’amore per la verità che ci ha spinto a lanciare la nostra indagine. Per questo abbiamo deciso di scrivere le seguenti precisazioni, che speriamo i nostri lettori abbiano la pazienza di leggerle fino in fondo. Chi ci ha criticato, ha ridotto e banalizzato il nostro sondaggio senza analizzarlo nella sua complessità: è sempre più facile gridare d’impulso contro il nemico (vero o presunto che sia) anziché prendersi qualche minuto per leggere e ragionare, ma speriamo che queste righe possano far capire l’importanza e la difficoltà di ciò che sta accadendo.

Essere sinceri per essere credibili

Spesso, purtroppo, la politica e l’opinione pubblica ritengono gli imprenditori balneari una categoria poco credibile. Se questo avviene, è perché talvolta si utilizzano dati imprecisi, come per esempio la leggenda dei trentamila stabilimenti balneari (che in realtà sono poco più di ottomila). Purtroppo, ciò si ripercuote negativamente nei negoziati con il governo che, come sappiamo, da alcuni mesi sta bellamente scrivendo la riforma delle concessioni balneari senza avere ancora convocato le associazioni di categoria per un confronto preventivo. Essere onesti con se stessi, dunque, è il primo passo per diventare un interlocutore più serio e considerato da chi deve decidere il futuro del settore. Ed essere onesti implica anche ammettere che non tutti i balneari sono contrari alle procedure di evidenza pubblica, come invece qualcuno crede o vuol far credere. Si può essere d’accordo o no, ma non è giusto negare la verità di questa affermazione e chi è contrario alle gare non ha alcun diritto di delegittimare chi è disponibile ad affrontarle (o chi dimostra, come noi, che esiste anche questa parte del settore).

I risultati non esprimono la nostra posizione

Veniamo alla prima critica errata che ci è stata rivolta da qualche dietrologo: Mondo Balneare avrebbe fatto questo sondaggio perché sarebbe favorevole alle evidenze pubbliche delle spiagge. Respingiamo del tutto tale accusa, e se non fosse ancora chiaro, diciamo chiaramente che siamo contrari alle gare indiscriminate degli stabilimenti balneari (se davvero portassimo avanti una posizione “politica” a favore delle gare, allora non daremmo grande risalto a notizie come – per citare solo l’ultima che abbiamo avuto il merito di pubblicare per primi – la pronuncia del Tar che ha riabilitato il diritto di insistenza; notizia ampiamente apprezzata e giustamente sbandierata da chi porta avanti la posizione del “no alle gare”… ma il nostro lavoro, lo ribadiamo, non è fare propaganda bensì informazione, ovviamente sempre al servizio del settore, anche quando si tratta di dare notizie negative ma che sono importanti da sapere).

Abbiamo messo a disposizione i risultati del sondaggio perché – a costo di sembrare talvolta impopolari – riteniamo la verità un fattore fondamentale. Il nostro lavoro è quello di dare le notizie che riguardano gli stabilimenti balneari; poi ognuno può prendere le informazioni e trarre le proprie conclusioni. Proprio come è stupido arrabbiarsi con il meteo perché dice che domani pioverà, allo stesso modo è assurdo prendersela con chi diffonde i fatti, che accadrebbero ugualmente anche se il nostro portale non esistesse.

Il sondaggio è attendibile

Altri lettori ci hanno criticato facendoci notare che chiunque avrebbe potuto rispondere al sondaggio, alterandone i risultati. Anche in questo caso, si tratta di elucubrazioni prive di fondamento. Il nostro portale lavora da dieci anni al servizio del settore balneare, pubblicando notizie specialistiche che interessano esclusivamente chi lavora e investe sul demanio marittimo. La maggior parte dei 60 milioni di italiani che nella vita fanno altro, nemmeno sanno dell’esistenza di Mondo Balneare; pertanto è difficile che siano venuti a conoscenza del nostro sondaggio. Ancora più improbabile è l’idea che qualcuno abbia mobilitato degli estranei per rispondere dichiarando il falso, attuando chissà quale complotto e per chissà quale scopo.

Anche ammettendo che possa esserci stato qualche “intruso”, ciò non può avere alterato i risultati finali del sondaggio. Anzi, nella prima domanda dell’indagine – che chiedeva di dichiarare la propria attività lavorativa – abbiamo appositamente messo l’opzione “privato cittadino o altro” e abbiamo già ripulito i risultati finali dalle risposte selezionate da chi ha scelto questa opzione. Qualsiasi sondaggio è basato sul presupposto della sincerità, e come possono sbagliarsi gli exit poll durante le elezioni politiche, un minimo margine di errore può esserci stato anche nella nostra indagine, ma non tale da alterare profondamente le percentuali. Piuttosto, abbiamo avuto l’impressione che chi ha contestato l’attendibilità statistica del sondaggio lo abbia fatto perché non è d’accordo con i risultati, e dunque abbia tentato di delegittimare il metodo solo per rinnegarne l’esito.

In ogni caso, nell’articolo dedicato all’indagine abbiamo precisato sin da subito che la nostra iniziativa non aveva nessuna pretesa scientifica, trattandosi solo di un sondaggio di opinione. E come tale va preso.

La categoria è divisa e rifugiata in una bolla

Fatta questa doverosa premessa, resta la domanda più calda: perché due imprenditori balneari su cinque sono favorevoli alle evidenze pubbliche? Si tratta di “pazzi” che vogliono perdere le proprie aziende? Anche in questo caso, la spiegazione è molto più articolata di così.

Innanzitutto, la maggioranza dei balneari (il 57,4%) resta contraria alle gare, mentre quelli che si sono dichiarati favorevoli (il 37,9%) hanno specificato la condizione indispensabile del riconoscimento del valore commerciale e della professionalità. Nessuno invece ha selezionato la terza opzione, quella cioè delle gare senza nessuna tutela per gli attuali concessionari (e ci mancherebbe!). Chi ha criticato il nostro sondaggio, ha ingiustamente ridotto il risultato all’errata dicotomia “sì alle gare / no alle gare” (proprio quella dicotomia da cui è importante uscire!), mentre la risposta era molto più articolata e nessun balneare ha votato “sì alle gare indiscriminate”.

Nessuno può negare che all’interno della categoria esistono molti titolari di stabilimenti consapevoli che dovranno prima o poi affrontare le evidenze pubbliche e che, con le adeguate tutele, ritengono di potersi riprendersi legittimamente in mano le proprie aziende e mettersi alle spalle il problema Bolkestein una volta per tutte. Anzi, molti lo hanno già fatto sfruttando la possibilità dell’atto formale. Si tratta di una posizione con cui si può non essere d’accordo, ma che è del tutto legittima: c’è chi lotta per la totale esclusione dalle gare (che è la strada più vantaggiosa ma anche la più difficile da ottenere, come dimostrano gli ultimi dieci anni di lotta senza successo) e chi invece accetta le procedure selettive, perché sa di avere sempre lavorato bene, di poterlo dimostrare e di meritarsi dunque di riottenere la gestione della propria spiaggia. E male che vada, questi imprenditori si ritengono soddisfatti di ricevere un adeguato indennizzo economico a fronte della perdita della loro azienda. Possiamo considerarli rassegnati, pessimisti o traditori, ma anche questa minoranza fa parte della categoria e bisogna farci i conti anziché negare che esistono.

Non si dimentichi, poi, il quesito sulla sdemanializzazione, che vede favorevole una schiacciante maggioranza del 78,6% di balneari. Ciò significa che molti di quegli imprenditori disponibili ad affrontare le evidenze pubbliche con valore commerciale, sono anche favorevoli al convertire in proprietà privata le aree su cui insistono le loro imprese; e possiamo presupporre che, se potessero scegliere tra le due alternative, opterebbero senz’altro per la sdemanializzazione. Ma purtroppo questo dato è passato in secondo piano rispetto alla domanda sulle gare.

Qualcuno, sulla nostra pagina Facebook, si è inoltre chiesto dove sarebbero tutti questi imprenditori che si sono dichiarati favorevoli alle evidenze pubbliche, dal momento che tutti i commenti esprimevano contrarietà. Anche in questo caso, abbiamo una spiegazione possibile: purtroppo, i balneari sono spesso abituati a confrontarsi in social e chat con i loro colleghi che la pensano allo stesso modo. Nei nostri dieci anni di lavoro, abbiamo assistito a violenti attacchi verbali contro chi tentava di esprimere un’opinione leggermente diversa dallo slogan del “no alle gare”; pertanto riteniamo che tanti preferiscano restare in silenzio, anziché immischiarsi in discussioni che non porterebbero da nessuna parte. L’apice si è raggiunto durante il disegno di legge Arlotti-Pizzolante, che era arrivato a un passo dall’istituzione delle evidenze pubbliche con valore commerciale, e che aveva spaccato la categoria tra chi era soddisfatto delle tutele garantite dalla legge e chi invece continuava a rifiutare qualsiasi forma di procedura selettiva. A quei tempi, chi osava tentare anche solo di ragionare a partire da quel ddl anziché cestinarlo del tutto, era tacciato di tradimento e violentemente attaccato dai fautori del “no alle gare”.

Insomma, la situazione reale all’interno della categoria è molto diversa rispetto a quella che appare dalla propria bolla: ci sono balneari che lavorano, leggono Mondo Balneare ogni giorno e si disinteressano alle mobilitazioni, ma anche questi fanno parte a pieno titolo del settore. Durante le assemblee in fiera e le manifestazioni di piazza, a muoversi sono sempre stati i soliti mille, mentre gli altri settemila rappresentano una “maggioranza silenziosa” e alcuni di questi la penseranno anche diversamente rispetto a chi si è sempre virtuosamente mobilitato contro le gare. Alcuni “balneari silenziosi” avranno di certo votato nel nostro sondaggio, protetti dall’anonimato, per esprimere la propria opinione che si discosta dal “no alle gare”. Il settore è dunque molto più diviso rispetto a come può sembrare nelle chat associative o nelle assemblee, dove si è tendenzialmente tutti d’accordo. E a nostro parere, è bene che queste due parti si mettano in dialogo mettendo da parte le differenze per raggiungere qualche risultato concreto, come d’altronde risulta evidente dallo schiacciante 91% che ritiene importante o fondamentale l’unità tra associazioni di categoria.

Le risposte che non fanno fare bella figura

C’è poi un ultimo aspetto che desideriamo affrontare, ed è legato ad altre risposte passate in secondo piano rispetto alla domanda sulle evidenze pubbliche che purtroppo canalizza sempre l’attenzione. Si tratta dei quesiti sui canoni pertinenziali e sui divieti di subaffitto, le cui percentuali hanno profondamente stupito la redazione di Mondo Balneare. Che il 56% dei balneari non sia disposto a mettersi le mani in tasca per salvare i colleghi più sfortunati colpiti dai valori Omi (una grave ingiustizia che, se non sarà risolta subito, rischia di colpire tutta la categoria), o che il 50,1% dei concessionari sia contrario all’obbligo di gestione diretta (un tema da sempre sfruttato dall’opinione pubblica per puntare il dito contro i “furbetti”), rappresentano a nostro parere delle fratture ben più pericolose rispetto a quella delle evidenze pubbliche. Forse sarebbe bene partire da qui, anziché dalla solita divisione tra il “no alle gare” e il “si alle gare”, per far maturare il dibattito interno in un momento in cui il governo sta decidendo il futuro del settore. D’altronde, l’intento del nostro sondaggio non era certo quello di far arrabbiare alcuni lettori, bensì di contribuire ad avviare una discussione seria e costruttiva all’interno della categoria, mettendo da parte le divisioni. Gli ultimi dieci anni di lotta hanno visto più fallimenti che insuccessi, e forse è giunto il momento di cambiare direzione partendo dall’interno. Anche stimolare il dibattito fa parte del compito dell’informazione.

P.S. Se qualcuno conosce un metodo per intervistare con certezza i soli titolari di stabilimenti balneari, che sia più attendibile rispetto a quello utilizzato dal nostro sondaggio, ce lo faccia sapere lasciando un commento qui sotto (il porta a porta non è ammesso, non abbiamo sufficienti risorse e in questo periodo è persino vietato uscire di casa). Magari ci torneremo sopra con un’altra indagine. Da parte nostra, riteniamo di avere portato avanti il sondaggio nel modo più trasparente ed efficace possibile in questo momento.

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