Molti imprenditori balneari rischiano di affrontare la prossima stagione estiva come se fosse l’ultima. Nonostante sia passato più di un anno dall’approvazione della legge 145/2018 che ha disposto l’estensione delle concessioni demaniali marittime di quindici anni – una legge tutt’oggi in vigore – sono ancora troppi i Comuni che non hanno rilasciato i titoli prolungati fino al 2033. Finché non lo faranno concretamente, la scadenza ufficiale delle concessioni rimarrà quella del 31 dicembre 2020, cioè al termine di quest’anno. Ciò significa che molti titolari di stabilimenti fra tre mesi potrebbero trovarsi ad aprire le loro aziende senza alcuna sicurezza sul proprio futuro.
Ci chiediamo come può essere possibile costringere gli imprenditori balneari a lavorare in questa condizione di precarietà e siamo increduli per la mancata sensibilità dei funzionari che non hanno ancora fatto il loro dovere. Inoltre non capiamo perché, a fronte di alcuni Comuni virtuosi, molti altri non hanno ancora compreso l’importanza e la necessità di estendere il prima possibile le concessioni balneari, per favorire l’economia turistica italiana e per far ripartire gli investimenti in un settore fondamentale del paese. Ancora peggio, poi, sono alcune circolari emesse negli ultimi giorni (prima da parte del Ministero delle infrastrutture, poi dalla Procura di Genova) che sottolineano in maniera infondata l’illegittimità dell’estensione, alimentando ulteriore confusione in una vicenda già molto intricata.
Lo ribadiamo: l’estensione fino al 2033 è una legge valida a tutti gli effetti. Ad oggi, il provvedimento non è oggetto di nessuna procedura di infrazione europea, né è al vaglio di valutazioni di legittimità costituzionale. Chi non vuole applicare l’estensione perché la ritiene contraria al diritto europeo, lo afferma esclusivamente in base alla propria opinione personale, che non trova alcun fondamento nella giurisprudenza italiana o comunitaria. L’unica argomentazione citata da chi ritiene invalido il prolungamento fino al 2033, è la sentenza “Promoimpresa” della Corte di giustizia europea, risalente al 14 luglio 2016, che ha dichiarato l’illegittimità delle proroghe automatiche sulle concessioni balneari. Tuttavia, quella sentenza si esprimeva sulla proroga fino al 31 dicembre 2020, disposta dal governo Monti. Diverso è il caso dell’estensione fino al 2033, che è stata approvata due anni e mezzo dopo la sentenza della Corte di giustizia europea e che non rappresenta formalmente una proroga, bensì un “prolungamento della validità delle concessioni in essere“.
Tale prolungamento, peraltro, è stato disposto con la finalità di «tutelare, valorizzare e promuovere il bene demaniale delle coste italiane» quale «elemento strategico per il sistema economico, di attrazione turistica e di immagine del Paese», nonché di «garantire la tutela e la custodia delle coste italiane affidate in concessione, quali risorse turistiche fondamentali del Paese, e tutelare l’occupazione e il reddito delle imprese in grave crisi per i danni subìti dai cambiamenti climatici dai conseguenti eventi calamitosi straordinari» (art. 1, commi 675 e seguenti, legge 145/2018). Contestualmente con l’estensione, poi, il governo Conte 1 aveva messo nero su bianco la scadenza del 30 aprile 2019 per varare le linee guida di una riforma organica del settore attraverso un decreto del presidente del consiglio: un impegno che, purtroppo, non è stato mantenuto dal precedente esecutivo Lega-5Stelle (poi caduto), né ad oggi sembra essere una priorità della maggioranza Pd-5Stelle.
Gli attuali titolari di stabilimenti balneari, se insistono su concessioni rilasciate prima del 2010, hanno ottenuto legittimamente un titolo privo di scadenza, grazie al regime normativo del “rinnovo automatico” fino ad allora in vigore, che ha permesso ingenti investimenti proprio grazie alla durata illimitata del regime concessorio. Dieci anni fa il “rinnovo automatico” è stato abrogato e le carte in tavola sono cambiate da un giorno all’altro, ma per i balneari resta il diritto al “legittimo affidamento” da valutare caso per caso, che impone un trattamento giuridico differenziato, dal momento che il contratto che avevano siglato con lo Stato è stato modificato in maniera improvvisa e unilaterale.
Per riconoscere i diritti di migliaia di piccole e medie imprese, e per risolvere definitivamente una questione che si trascina da troppo tempo con gravi danni economici per l’intero settore turistico, questo è l’appello di Mondo Balneare come principale rivista di settore, nell’interesse dei titolari degli stabilimenti italiani:
- Il Ministero delle infrastrutture emani subito una circolare applicativa che disciplini l’estensione delle concessioni demaniali marittime a uso turistico-ricreativo fino al 31 dicembre 2033, secondo quanto disposto dalla legge 145/2018.
- Tutti i Comuni italiani (o le altre autorità preposte in casi differenti, come le Autorità portuali) applichino subito l’estensione fino al 31 dicembre 2033 delle concessioni demaniali marittime a uso turistico-ricreativo, per garantire ai titolari di stabilimenti balneari quel minimo di respiro necessario per lavorare con serenità e investire nella crescita delle loro imprese e dell’intero settore turistico.
- Il governo vari entro tre mesi le linee guida per la riforma organica del demanio marittimo italiano, attualmente disciplinato dal vetusto Codice della navigazione del 1942, al fine di tirare fuori il settore dall’incertezza normativa e dai diktat dei tribunali, garantendo il diritto di proprietà e il legittimo affidamento agli attuali titolari di stabilimenti balneari.
Come rivista di settore, vorremmo smettere di occuparci di un problema che agita la categoria da dieci anni e che non permette di investire con serenità. E siamo convinti che tutti gli operatori del settore siano d’accordo con noi. Gli imprenditori balneari hanno bisogno di poter pianificare l’innovazione, la tutela ambientale e l’innalzamento della qualità delle spiagge. Ne va del futuro del turismo italiano.
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