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“Concessioni balneari, la politica si svegli: questione non va lasciata ai giudici”

È a prescindere positivo che nel decreto concorrenza sia stato stralciato ogni riferimento alle concessioni balneari, ma il fatto che il governo intenderebbe attendere il verdetto del Consiglio di Stato non è comunque una giustificazione valida. Non è infatti accettabile che l’esecutivo debba aspettare l’esito dell’adunanza plenaria di Palazzo Spada, che si è riunito lo scorso 20 ottobre al fine di esprimersi sulla validità dell’estensione al 2033, per decidere su una materia così importante. Questo perché a sottolineare la piena legittimità delle attuali concessioni balneari c’è già una legge dello Stato, la 145/2018, che è già passata al vaglio della Commissione europea (si trattava infatti della legge di stabilità, e in quanto tale ha dovuto essere approvata da Bruxelles) senza che nessuno abbia avuto nulla da dire; e che peraltro è stata confermata da successivi provvedimenti come il “decreto rilancio”.

Non vorrei che la scelta di aspettare i giudici fosse una scusa per rifugiarsi dietro all’inevitabilità della loro decisione. Il potere legislativo è in mano al parlamento e non ai giudici, perciò l’appello che rivolgo alla politica tutta è che agisca al più presto per risolvere l’annoso problema del rinnovo delle concessioni balneari, che ha una natura politica e non giuridica. Le forze oggi in maggioranza hanno la facoltà di mettere mano alla materia attraverso una semplice contrattazione con l’Unione europea, perciò il governo italiano deve alzare la schiena e recarsi a Bruxelles a spiegare la tipicità delle nostre concessioni balneari, che giustifica la non applicazione della direttiva europea “Bolkestein”, come il suo stesso autore Frits Bolkestein ha già chiarito affermando che il suo provvedimento originale non intendeva comprendere le spiagge. Sia chiaro: noi imprenditori balneari non siamo contrari alla concorrenza, ma rivendichiamo che il tentativo di mandare a gara le nostre aziende non sia affatto un’apertura alla concorrenza, bensì la mera sostituzione degli attuali titolari con degli altri soggetti.

Lo scorso agosto, il ministro del turismo Massimo Garavaglia ha promesso che avrebbe risolto la questione entro settembre e comunque prima dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato. Mi chiedo perché ora le intenzioni del governo siano cambiate, e soprattutto trovo inaccettabile che si decida di rimandare il problema ai giudici: il destino di migliaia di piccole e medie imprese italiane non può dipendere dal parere di un piccolo gruppo di persone che non rappresentano il potere legislativo. È quindi tempo che la politica si svegli e inizi a difendere il valore economico delle nostre aziende, che rappresentano il fondamento dell’economia turistica italiana.

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Fabrizio Licordari

Presidente di Assobalneari Italia - Federturismo Confindustria