Attualità

Riforma spiagge, i rimpalli tra partiti e governo

Mentre l'emendamento al ddl concorrenza è ancora in alto mare, fioccano i commenti della politica

Mentre in Senato è ancora in alto mare la riforma delle concessioni balneari, con le forze di maggioranza che non riescono ad accordarsi sui contenuti del provvedimento inserito nel ddl concorrenza, si susseguono i commenti politici col tentativo di rimpallare le responsabilità di questo grave ritardo.

«Il governo non può permettersi di distruggere, ancora una volta, un pezzo dell’economia nazionale», attacca il senatore Massimo Mallegni, che con Forza Italia sta spingendo per un periodo transitorio più lungo rispetto alle gare entro il 2023 imposte dal Consiglio di Stato. «Il turismo balneare è stato il primo a caratterizzare un’offerta culturale italiana, che poi si è allargata alle città d’arte e che ha coinvolto tutto il paese. Negare un futuro alle imprese balneari significa negare la nostra storia e la nostra cultura: distruggere le imprese, non garantire un indennizzo, non verificare la reale consistenza degli spazi liberi o occupati dalle concessioni demaniali vuol dire voler tappare gli occhi e regalare all’Europa nordista –quella dei portali online – che manda le proprie imprese a pescare in Italia, non pagare le tasse e distruggere l’economia. Su questo Forza Italia non indietreggerà di un millimetro: è giusto rispettare le direttive europee – saremo i primi a farlo– ma nel rispetto della cultura e del patrimonio turistico italiano».

Anche dal Partito democratico arriva un sollecito al governo. Queste le parole del senatore Andrea Marcucci: «Il governo si impegni a trovare un equilibrio tra direttive europee e difesa del nostro turismo balneare. È un passo in avanti che il ministro del turismo Garavaglia dovrebbe favorire. Nessuno mette in discussione le normative, ma va fatto di più per difendere una tradizione turistica del nostro paese, che genera reddito e posti di lavoro, e che è un pezzo rilevante della nostra economia».

Più ambigua la posizione del senatore del Movimento 5 Stelle Giorgio Fede: «Gli operatori non sono dei banditi. La proroga al 2033 era stata approvata e in molti avevano investito in tal senso. Noi siamo per la chiarezza e per la certezza. C’è di mezzo la sorte dei balneari: dobbiamo tutelare le imprese, c’è gente che ha acceso dei mutui; al tempo stesso va regolamentato il settore che non può essere una dinastia monarchica a vita. La spiaggia è una risorsa che ha fatto migliorare il nostro turismo. Quella delle concessioni demaniali è una storia che va avanti dal 2006, quando la direttiva Bolkestein è stata approvata in Europa. Nel 2010 poi è stata ratificata dal governo Berlusconi. Noi stiamo semplicemente cercando di risolvere la situazione individuando una soluzione condivisa e che possa tutelare le persone che usufruiscono delle spiagge, gli operatori balneari e i loro dipendenti, e infine lo Stato proprietario delle aree demaniali. Le forze politiche che oggi fanno polemica e ingannano i lavoratori con promesse irrealizzabili insieme alla Meloni, all’epoca erano al governo con Berlusconi».

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