Per tutti le “pocket beach” sono le “spiagge a tasca”, ma io ho sempre preferito pensarle come delle “spiagge tascabili”, ossia in miniatura. Hanno ragione i primi, e certamente non potremmo tenerle in tasca e usarle quando se ne ha voglia, anche se sarebbe una cosa fantastica (altro che Pocket coffee..!). Ma su una cosa concordo con tutti: le pocket beach sono i tratti più belli di un litorale!
Le piccole spiagge (e già sulla dimensione nascono altre divergenze) delimitate da promontori uniscono la bellezza e la facilità di fruizione delle lunghe spiagge con il fascino delle coste rocciose. Nelle isole costituiscono i rari punti di accesso al mare, e spesso anche una sola spiaggetta supporta la gran parte dell’economia di un‘intera comunità. Il loro valore ambientale ed economico è quindi estremamente grande, ed è bene conoscerne il funzionamento per impostare dei piani di gestione della costa che ci garantiscano la loro conservazione.
Come si formano le pocket beach
Se ricordiamo quanto scritto in precedenti “Granelli di sabbia“, in particolare quello sull’innalzamento del livello del mare e quello sui golfi, sappiamo che l’insenatura che ospita la nostra spiaggetta, quando il livello del mare era più basso di quello attuale, era una valle percorsa da un fiume. La risalita eustatica ha bloccato il flusso delle acque e quel fiumiciattolo ha cominciato a depositare la sabbia sul livello attuale. Un po’ di sedimenti potrebbero anche essere stati spinti a terra dal mare che si sollevava, come avvenuto per esempio per le isole barriera che orlano la costa atlantica degli Stati Uniti, ma quanto questo processo abbia influito sulle piccole spiagge non è molto chiaro.
Quello che è certo è che oggi le pocket beach vivono della sabbia che arriva dall’interno e che viene prodotta dall’erosione del suolo. Ma ciò avviene in bacini idrografici estremamente piccoli e qualsiasi variazione si ripercuote immediatamente sull’equilibrio della spiaggia. Per esempio le pocket beach dell’Isola d’Elba sono quasi tutte in erosione, perché chi coltivava il suolo prima della seconda guerra mondiale ha pensato bene di trasferirsi sulla costa per sviluppare delle attività nel settore del turismo che qui si è affermato nel dopoguerra. Il problema è che erano proprio loro che, coltivando i campi, producevano quella sabbia che ora manca per la loro attività economica.
Allo sbocco di queste piccole valli il terreno sul quale costruire case, alberghi e stabilimenti balneari è molto stretto, e tutto è stato posto vicino alla linea di riva, spesso sprecando metri quadrati di spiaggia che doveva avere ben altra funzione. È così che anche un modesto arretramento della linea di riva può mettere in crisi tutto il sistema.
Le oscillazioni delle pocket beach
Ma vi è un altro aspetto, e questa volta specifico delle pocket beach, che deve essere ben conosciuto per non commettere gravi errori. La sabbia viene trattenuta dai promontori laterali, e quindi le perdite sono modeste, ma la linea di riva ha il vizio di oscillare in conseguenza della diversa provenienza del moto ondoso: delle volte è più ampia da un lato, e pochi mesi dopo (talvolta anni) è più ampia dall’altro. Questo suo carattere volubile deve essere rispettato e la spiaggia deve avere tutto lo spazio per oscillare in libertà.

Se appena un lato della spiaggia si accresce noi ci costruiamo sopra un ristorante, quando si verificano le condizioni per una nuova rotazione le onde andranno a battere sui muri e la turbolenza che si genera impedirà la deposizione della sabbia anche quando la linea di riva vorrebbe ruotare di nuovo. Abbiamo trasformato una spiaggia in equilibrio dinamico in una spiaggia in erosione!
Ma non preoccupiamoci (!), anche sulle pocket beach si possono costruire scogliere di ogni tipo e fare ripascimenti artificiali, nonché avvolgerle in grattacieli che vanno a sostituire i versanti rocciosi, come hanno fatto a Montecarlo. Se si analizza questa costa con le tecniche di valutazione del paesaggio costiero (“Coastal Scenic Evaluation System”, di cui un giorno parleremo), il punteggio che raggiungono è decisamente basso, ma per affacciarsi da una finestra che guarda sulla baia si devono pagare milioni di euro! E in effetti, bisogna ammetterlo, un certo fascino ce l’ha!

Ma c’è un’altra cosa curiosa che si ritrova in molte pocket beach: i corsi d’acqua che arrivano al mare sono in genere posti a una delle due estremità. È un processo di autoregolazione: se il fiume, nel suo divagare nella pur stretta pianura alluvionale, giunge per caso in vicinanza di uno dei due promontori, nessuno può spingere la foce nell’altra direzione, perché in quel punto la spiaggia è protetta dal promontorio stesso e, comunque, le onde da esso diffratte giungono a riva in direzione opposta. È proprio per questo fenomeno che anche nel lato in erosione la linea di riva disegna una curvatura.


Ebbene, le pocket beach, da quelle urbane a quelle remote, attraggono milioni di visitatori, anche perché all’interno della baia ci si sente più protetti. Ma siamo sicuri che anche queste non nascondano dei pericoli? Avete osservato bene la foto di apertura di questo articolo? Prima di continuare a leggere, tornate all’inizio e guardate con attenzione il modo in cui frangono le onde. Poi riprendete la lettura.
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Avete notato che la linea del frangente è interrotta da una rip current? Ebbene, mentre io ero a scattare la foto ci stavo per perdere una studentessa. Evidentemente non le avevo insegnato abbastanza!
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