È terminato con una vittoria parziale l’incubo di un concessionario balneare pugliese che, in seguito alla richiesta di ottenere la proroga al 2033, aveva ricevuto dall’amministrazione comunale un provvedimento di decadenza del titolo e l’ordine di cessare immediatamente l’attività del suo lido. A gennaio 2021 la società Alce srl aveva chiesto l’estensione della concessione al 2033 in base alla legge 145/2018, ma l’amministrazione comunale, contestando la presunta irregolarità di alcuni manufatti, aveva rigettato la richiesta, dichiarato il titolo decaduto e ordinato l’immediata demolizione delle opere illegittime e la chiusura al pubblico del lido. Il concessionario, difeso dall’avvocato Danilo Lorenzo, ha fatto allora ricorso al Tar di Lecce, che con la sentenza n. 622 del 20 aprile scorso (presidente Antonio Pasca, estensore Silvio Giancaspro) ha accolto solo parzialmente le sue ragioni, annullando i provvedimenti che stabilivano la revoca del titolo e la chiusura dello stabilimento, ma tuttavia confermando l’irregolarità delle opere e l’obbligo di demolirle.
La concessione oggetto del contenzioso, rilasciata nel 1998, comprendeva una superficie di quasi 2600 metri quadri su cui insistevano alcuni manufatti di difficile rimozione (cabine, ripostigli, chiosco e servizi igienici), oggetto di una sanatoria rilasciata nel 2010. Va però precisato che la società Alce srl era titolare dell’attività solo dal 2016 in seguito a una regolare procedura di subingresso, e pertanto ha ereditato i manufatti (compresi quelli considerati irregolari) dal precedente concessionario.
Dopo la richiesta di estensione al 2033 presentata il 12 gennaio 2021, il Comune di Squinzano il 7 giugno scorso aveva comunicato che, nel corso degli accertamenti istruttori, era emersa la presenza di opere o innovazioni realizzate senza le prescritte autorizzazioni: di conseguenza l’amministrazione ha prima rigettato la richiesta di proroga e dichiarato la concessione decaduta, e poi ha intimato la demolizione delle opere considerate abusive e la cessazione dell’attività imprenditoriale di stabilimento balneare e ristorante entro venti giorni.
Immediato è stato il ricorso al Tar presentato dal legale della società, il quale ha sostenuto che la legge 145/2018 «ha sancito il diritto alla proroga del titolo concessorio sino al 31 dicembre 2033 in maniera “automatica”, non riservando in capo alle amministrazioni alcun potere di verifica e/o controllo di presunte condizioni sottese a tale estensione del titolo demaniale», sicché «il Comune di Squinzano, in corretta applicazione della legge citata, avrebbe dovuto solo emanare un atto ricognitivo di presa d’atto della estensione del titolo concessorio». Inoltre l’avvocato Lorenzo, oltre a negare la natura irregolare delle opere contestata dal Comune, ha affermato che «una adeguata ponderazione dei presunti fatti accertati avrebbe, al più, potuto indurre l’amministrazione a diffidare il concessionario dal rimuovere le opere presuntivamente non autorizzate, ripristinando lo stato dei luoghi, giammai a dichiarare la decadenza tout court del titolo concessorio», in quanto vi sarebbe una «assoluta insussistenza, nel caso di specie, dei presupposti previsti dal legislatore per una eventuale declaratoria di decadenza del titolo concessorio».
Con sentenza pubblicata due giorni fa, il Tar di Lecce ha accolto parzialmente il ricorso del concessionario balneare, dichiarando illegittimo il provvedimento di decadenza avviato dal Comune di Squinzano e di conseguenza annullando i successivi atti che intimavano la demolizione delle opere e la cessazione dell’attività: «Con il provvedimento che reca la comunicazione di avvio del procedimento – recita la pronuncia – l’amministrazione comunale si è limitata a rappresentare l’avvenuto accertamento della realizzazione di opere non assistite da titolo edilizio e l’insussistenza dei presupposti per la proroga della concessione, senza operare alcun riferimento esplicito all’intenzione di addivenire all’esercizio del potere volto ad accertare la decadenza della concessione in ragione delle violazioni edilizie, che invece ha poi costituito la ragione portante del diniego. La statuizione di decadenza costituisce quindi un quid novi del provvedimento conclusivo del procedimento, avente rilevanza assorbente e dirimente ai fini del diniego di proroga della concessione, rispetto al quale la ricorrente, in violazione dell’art. 10 bis della legge 241/1990, non è stata posta nelle condizioni di contraddire utilmente in sede procedimentale e di rappresentare ogni circostanza utile e rilevante ai fini della complessiva valutazione della sua condotta, ivi compreso l’eventuale impegno della società ad attivarsi per la riduzione in pristino degli interventi abusivi. Di qui l’illegittimità del provvedimento dirigenziale prot. n. 12018 datato 07.07.2021, che pertanto deve essere annullato unitamente al successivo provvedimento dirigenziale prot. n. 12058 del 07.07.2021, recante l’ingiunzione a cessare immediatamente l’attività, essendo questo meramente conseguenziale e come tale inficiato in via derivata».
Purtuttavia il tribunale amministrativo ha appurato l’illegittimità di alcuni manufatti insistenti sulla concessione, confermando in questo caso la correttezza dell’operato dell’amministrazione comunale e dunque l’obbligo di rimuoverle. Infine, per quanto riguarda la domanda di proroga al 2033, il Tar di Lecce non ha potuto far altro che appurare che questa «non può essere accolta, dal momento che in materia sono intervenute le note sentenze dell’adunanza plenaria n. 17 e 18 del 2021, che hanno ritenuto la necessaria disapplicazione delle norme che dispongono la “proroga automatica delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative” e hanno quindi limitato l’efficacia delle concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere “sino al 31 dicembre 2023”».
Il testo della sentenza
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