Opinioni

“Nessuna confusione nel commento alla sentenza del Consiglio di Stato”

Replica all'articolo di Antonio Capacchione sull'intervento pubblicato oggi in merito alla sentenza 2002/2021

Letto l’articolo dal titolo “Balneari, servono chiarezza da istituzioni e imparzialità dell’informazione”, pubblicato oggi su Mondo Balneare e che chiama direttamente in causa il commento del sottoscritto alla sentenza del Consiglio di Stato n. 2002 del 9 marzo 2021, cerco, nei limiti delle mie capacità, di soddisfare la richiesta di «chiarezza».

In primo luogo respingo con decisione al mittente le (neppur tanto) velate accuse di «interesse» e di intento di creazione di «confusione e allarmismo». Sarei in grado di provare, addirittura documentalmente, che da anni mi occupo professionalmente della questione delle concessioni demaniali e l’ho sempre fatto e continuo a farlo nell’interesse delle imprese balneari: non intendo, tuttavia, da un lato annoiare i numerosi lettori della rivista con discussioni che poco hanno a che vedere con la sostanza della questione e, dall’altro, dare soddisfazione ad accuse che, per la loro genericità e indeterminatezza, si confutano da sole.

Preciso, in secondo luogo, che anche soltanto per spirito di colleganza professionale non mi permetterei mai di imputare pubblicamente a un collega la «parzialità», la «fuorvianza», la «suggestività» e l’«omissione» dei suoi commenti, delle sue tesi o anche solo dei suoi pensieri giuridici. Rispetto ovviamente l’opinione di tutti, in massimo grado quando si tratta di opinioni provenienti da autorità di riconosciuta e indiscussa professionalità, esperienza e competenza.

Ciò premesso, ribadisco con forza, in tutto il suo contenuto, il mio commento alla sentenza del Consiglio di Stato n. 2002/2021. Lungi dal sottoscritto l’intento di sottacere la circostanza che tale importante arresto giurisprudenziale attenga all’ipotesi del rilascio di una nuova concessione (circostanza che si evince, in maniera elementare, anche solo dalla lettura dei passaggi da me fedelmente riportati della pronuncia, che, peraltro, mi sono peritato di fornire alla redazione nel suo testo integrale affinché venisse posta a disposizione di chiunque volesse leggerla per esteso), evidenzio come nessun passaggio del mio commento legittimi il convincimento che si intendesse, anche solo implicitamente, fare riferimento all’ipotesi dell’estensione temporale (o rinnovo o proroga, che dir si voglia) del titolo concessorio.

Sollecitato dalle rispettabilissime (e non certo parziali, fuorvianti e suggestive) considerazioni dell’autore che domanda a gran voce «chiarezza», mi permetto – sommessamente e ben conscio del fatto che la mia opinione può anche non essere condivisa – di dissentire dalla tesi della assoluta incomparabilità dell’ipotesi del rilascio di una nuova concessione con l’ipotesi del rinnovo/proroga/estensione di una concessione già rilasciata: credo – per togliere ogni dubbio di poca chiarezza – che i fatti dimostrino come la giurisprudenza amministrativa purtroppo largamente prevalente affermi la supremazia dei principi e delle norme unionali con rifermento sia all’una che all’altra ipotesi. Mi riesce del resto difficile comprendere come si potrebbe contestare che i precedenti richiamati dal Consiglio di Stato nella pronuncia n. 2002 del 2021 commentata dal sottoscritto si riferiscano o specificamente a ipotesi di proroga/rinnovo/estensione delle concessioni demaniali o a fattispecie definite con ampi ed espliciti richiami alle medesime norme e agli stessi principi.

Ai fini che qui interessano i precedenti espressamente richiamati dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 2002/2021 sono in rigoroso ordine di apparizione: CGUE 14 luglio 2016; Cons. St., sez. IV, 16 febbraio 2021 n. 1416; Cons. St., sez. VI, 17 luglio 2020 n. 4610; Cons. St., sez. VI, 18 novembre 2019 n. 7874; Cons. St., sez. VI, 6 giugno 2018 n. 3412. E, allora, valga il vero.

  • La sentenza della Corte di giustizia europea del 14 luglio 2016 per la sua “notorietà” consente di limitarsi a rammentare che entrambe le fattispecie che hanno portato i giudici italiani a rimettere la questione al giudice europeo concernevano ipotesi di proroghe di concessioni (cfr. Tar Milano, sez. IV, ordinanza, 26 settembre 2014 n. 2401; Tar Cagliari, sez. I, ordinanza, 28 gennaio 2015 n. 224).
  • La sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, 16 febbraio 2021 n. 1416, seppure relativa a una fattispecie di rilascio di nuova concessione, richiama nella parte motiva sia la sentenza della CGUE del 14 luglio 2016, sia l’art. 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE, sia l’art. 49 TFUE ovvero la stessa pronuncia e le stesse disposizioni utilizzate per dirimere questioni attinenti incontestabilmente a proroghe di concessioni in essere, tanto da ritenere opportuno ribadire espressamente, in uno specifico passaggio, «l’invalidità di norme nazionali che prevedano proroghe automatiche in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati», sia la sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2017 che, come noto, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 9, della legge regionale Puglia n. 17/2015 che avrebbe consentito una proroga delle concessioni demaniali in scadenza.
  • La pronuncia del Consiglio di Stato, sez. VI, 17 luglio 2020 n. 4610 si fonda ampiamente sia sul diritto di insistenza (precisando che è stato soppresso dall’art. 1, comma 18, D.L. n. 194/2009, convertito con legge n. 25/2010), sia sulla sentenza della CGUE del 14 luglio 2016, sia sui principi derivanti dalla direttiva Bolkestein.
  • Le sentenze della sesta sezione del Consiglio di Stato, n. 7874 del 18 novembre 2019 e n. 3412 del 6 giugno 2018 ineriscono due ipotesi proprio di proroga di concessione demaniale marittima.

Mi permetto di allegare in calce il testo integrale di tutte le surrichiamate sentenze del Consiglio di Stato, in modo che ciascun lettore possa formarsi il proprio libero e rispettabilissimo convincimento.

Restando a disposizione per ogni ulteriore chiarimento, ritengo doveroso in conclusione ribadire l’auspicio che quanto prima il governo italiano si decida finalmente ad avviare quella riforma generale della materia che, da un lato, consentirebbe ai concessionari, alle imprese balneari e a tutti gli addetti del settore di vedere riconosciuti e tutelati i loro sacrosanti diritti e, dall’altro, metterebbe fine a una situazione di incertezza che dura ormai da troppi anni e che mina sempre più una delle principali risorse turistiche ed economiche del nostro paese.

Le sentenze

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Carlo Lenzetti

Avvocato e docente a contratto di diritto amministrativo presso il Dipartimento di giurisprudenza dell’Università degli Studi di Pisa.