Opinioni

Le gare sulle concessioni balneari non aumenteranno la concorrenza

Mettendo a bando le imprese esistenti, non si raggiungono gli obiettivi previsti dalla stessa direttiva Bolkestein

Al fine di scrivere una riforma del demanio marittimo che raggiunga gli obiettivi sanciti nel Trattato fondativo dell’Unione europea, nella direttiva Bolkestein e nella Costituzione italiana, è necessario prima di tutto chiarire quali sono questi obiettivi e quali gli strumenti per raggiungerli.
Cominciamo dall’obiettivo primario che ha motivato la costituzione della Comunità economica europea, che è la coesione sociale. Sembra incredibile, ma ad oggi, anche leggendo le molteplici sentenze sulla materia, la sensazione è che i giudici abbiano commesso l’imperdonabile errore di confondere l’obiettivo della “coesione sociale” con lo strumento per realizzarlo, ovvero la costruzione del “grande mercato unico europeo”. Questa distorsione del principio che fonda la Comunità europea, diventata poi Unione europea, stravolge i fattori in campo, mettendo al primo posto il benessere del mercato a scapito del benessere della persona.

Un’attenta lettura dell’articolo 2 del trattato che istituisce la Comunità economica europea, firmato il 25 marzo 1957 a Roma, ci aiuta a comprendere quanto affermo: «La Comunità ha il compito di promuovere, mediante l’instaurazione di un mercato comune e il graduale ravvicinamento delle politiche economiche degli Stati membri, uno sviluppo armonioso delle attività economiche nell’insieme della Comunità, un’espansione continua ed equilibrata, una stabilità accresciuta, un miglioramento sempre più rapido del tenore di vita e più strette relazioni fra gli Stati che ad essa partecipano».

Inoltre, il successivo articolo 3 ci chiarisce che la “libera circolazione dei servizi” (oggi con la revisione dei trattati divenuta “libertà di stabilimento”) e la “promozione della concorrenza” sono solo strumenti per raggiungere la coesione sociale e quindi il benessere del cittadino europeo: «Ai fini enunciati all’articolo precedente, l’azione della Comunità importa, alle condizioni e secondo il ritmo previsto dal presente Trattato: […] e) l’eliminazione fra gli Stati membri degli ostacoli alla libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali; […] ƒ) la creazione di un regime inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata nel mercato comune».

A caduta, seguendo la gerarchia delle fonti, la distinzione tra obiettivi e strumenti la troviamo anche nella direttiva Bolkestein, non a caso con maggiori precisazioni, visto che questo è il compito delle direttive rispetto ai più generali principi dei trattati. Al considerando 1 si legge infatti che «la Comunità mira a stabilire legami sempre più stretti tra gli Stati ed i popoli europei e a garantire il progresso economico e sociale. […] Conformemente all’articolo 14 paragrafo 2 del trattato, il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne nel quale è assicurata la libera circolazione dei servizi. A norma dell’articolo 43 del trattato è assicurata la libertà di stabilimento. L’articolo 49 sancisce il diritto di prestare servizi all’interno della Comunità. L’eliminazione delle barriere allo sviluppo del settore dei servizi tra Stati membri costituisce uno strumento essenziale per rafforzare l’integrazione fra i popoli europei e per promuovere un progresso economico e sociale equilibrato e duraturo. Nell’eliminazione di questi ostacoli è essenziale garantire che lo sviluppo del settore dei servizi contribuisca all’adempimento dei compiti previsti dall’articolo 2 del trattato di promuovere nell’insieme della Comunità uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche, un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, la parità tra uomini e donne, una crescita sostenibile e non inflazionistica, un alto grado di competitività e di convergenza dei risultati economici, un elevato livello di protezione dell’ambiente ed il miglioramento della qualità di quest’ultimo, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale e la solidarietà tra Stati membri».

Ora è chiaro che principi quali la libertà di stabilimento e la promozione della concorrenza, anche nella Bolkestein, sono considerati strumenti per raggiungere il fine più alto e nobile, che è la coesione sociale. Chiarire la differenza tra obiettivo e strumento è fondamentale, perché come si legge nel regolamento europeo della corretta applicazione delle direttive, lo Stato membro è vincolato a raggiungere gli obiettivi, ma può usare in modo discrezionale gli strumenti. Quindi, in breve, è bene ricordare quali sono gli obiettivi della Bolkestein, che ricalcano quelli del trattato, e non potrebbe essere altrimenti:

  • Aumentare il Pil nelle zone più povere del continente, promuovere nell’insieme della Comunità uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile.
  • Aumentare l’occupazione e migliorare le condizioni di lavoro.
  • Aumentare la competitività delle aziende esistenti.
  • Migliorare il tenore e la qualità della vita, la coesione economica e sociale e la solidarietà tra Stati membri.
  • Migliorare la qualità dell’ambiente.

Per raggiungere tali obiettivi, gli strumenti della Bolkestein sono l’articolo 11 sulla durata illimitata del titolo autorizzatorio, che fa riferimento al riconoscimento del legittimo affidamento, alla certezza del diritto, al diritto al lavoro e alla libera impresa; e l’articolo 12 sulle procedure di selezione in caso di scarsità delle risorse naturali, che fa riferimento alla libertà di stabilimento, alla liberalizzazione delle autorizzazioni e alla contendibilità del bene pubblico, un principio spesso confuso con la promozione della concorrenza.

Fatta questa precisazione e applicando alla lettera il regolamento europeo sulla corretta applicazione delle direttive (secondo il quale «la direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere. Resta salva la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi per pervenirvi»), ne deriva che tali strumenti, e quindi anche la durata illimitata del titolo o la sua messa a bando allo scadere, non sono altro che possibilità in mano agli Stati membri da usare con discrezione per raggiungere gli obiettivi di cui sopra. Quindi, applicando il principio della proporzionalità al raggiungimento degli obiettivi della direttiva e del trattato, e visto che dopo undici anni i tribunali e il legislatore non sono ancora d’accordo sull’interpretazione della Bolkestein, si dovrebbero fare due proiezioni del futuro: una applicando l’articolo 11 (durata illimitata) alle concessioni rilasciate prima del 28 dicembre 2009, termine di trasposizione della direttiva 123/2006 e l’articolo 12 (i bandi) alle nuove concessioni, ovvero la soluzione del cosiddetto doppio binario; l’altra, invece, applicando solo l’articolo 12 (i bandi) a tutte le concessioni, vecchie e nuove.

Partendo dallo stato di fatto, che vede circa 30.000 famiglie possedere altrettante imprese balneari e che queste imprese hanno creato negli anni 100.000 posti di lavoro, si deduce che applicando i bandi alle concessioni con sopra attività già avviate, si sposterebbe l’interesse di chi vuole entrare sul mercato a queste piuttosto che alle zone libere dove rilasciare nuove concessioni. Con questa soluzione, prevedendo la sostituzione di tutta o parte degli attuali concessionari, il risultato sarebbe pari a zero; ovvero non avremmo nessuna nuova azienda e non creeremmo nessun nuovo posto di lavoro, e neppure aumenteremmo la concorrenza (articoli dal 101 al 109 TFUE). Risultato che si ottiene invece solo aumentando il numero di aziende presenti nello stesso settore.

In definitiva, con i soli bandi non raggiungeremmo nessuno degli obiettivi che la Bolkestein e il trattato si prefiggono e, aggiungerei, che il buonsenso di ogni amministratore sia locale che europeo si dovrebbe prefiggere. Mentre invece, nell’ipotesi dell’applicazione dell’articolo 11 (durata illimitata del titolo) alle concessioni in essere alla data del 28 dicembre 2009, riconoscendo loro il diritto al lavoro e alla libera impresa oltre che alla proprietà privata creata sul terreno demaniale, si sposterebbe l’attenzione di chi vuole entrare nel mercato verso l’apertura di nuove aziende in tutto il continente europeo, e in modo specifico nelle aree economicamente più depresse nel pieno rispetto dell’articolo 158 TCE sulla coesione sociale. Il risultato immediato sarebbe quello di aumentare in modo esponenziale il Pil del continente europeo, i posti di lavoro e la concorrenza, e il tutto nel pieno rispetto della libertà di stabilimento, in quanto basterebbe non inserire nei bandi per il rilascio delle nuove concessioni alcun vincolo sulla provenienza del candidato, come recita in modo chiaro l’articolo 49 TFUE. A questo proposito è bene ricordare come la mappatura delle coste debba essere fatta a livello europeo, per il principio della reciprocità e per creare il grande mercato unico europeo (non solo italiano!). Che, ricordiamolo ancora, è solo il mezzo e non il fine.

Quindi il consiglio che mi sento di dare ai rappresentanti delle associazioni di categoria Sib-Confcommercio, Fiba-Confesercenti e Oasi è quello di non avere paura nel chiedere il rispetto dei veri principi europei. E il consiglio che rivolgo a chi amministra la cosa pubblica, ministri italiani o commissari europei che siano, è quello di applicare i principi europei e nostrani con l’unico fine che non può essere che la coesione sociale intesa come benessere del cittadino europeo.

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Ezio Filipucci

Presidente regionale di Assobalneari-Confindustria Emilia-Romagna e titolare del ristorante Sirena di Riccione con la famiglia dal 1980. In precedenza è stato presidente dell'Associazione ristoranti di spiaggia di Riccione e vicepresidente regionale di Fiba-Confesercenti.