Per l’Italia si prospetta una campagna elettorale sotto l’ombrellone, ma i balneari sono furiosi con tutto il parlamento e non vogliono vedere politici nemmeno da lontano. Colpa della recente approvazione del ddl concorrenza, che introduce la riassegnazione delle concessioni di spiaggia tramite evidenze pubbliche entro il 2024: dopo anni di promesse sull’esclusione dei balneari dalle gare previste dalla direttiva europea Bolkestein, sentite da esponenti di quasi tutti i partiti, il provvedimento è infatti stato approvato a larghissima maggioranza, con 345 voti favorevoli e solo i 41 contrari dei deputati di Alternativa e di Fratelli d’Italia. Per questi ultimi, da unica forza all’opposizione, fare il gioco dei “duri e puri” è stato facile; tutti gli altri invece – da Lega a Forza Italia, dal Partito democratico al Movimento 5 Stelle – hanno accettato in silenzio l’imposizione del governo di inserire le gare nel ddl concorrenza (anche perché in base alla sentenza del Consiglio di Stato ci sarebbero comunque state; ma questo è un altro discorso). Sta di fatto che buona parte della categoria è rimasta molto delusa, soprattutto dalle forze di centrodestra in maggioranza che hanno sempre puntato il dito contro le gare delle spiagge, ritenendole un’ingiustizia e promettendo di lottare per salvare i balneari. E invece il voto favorevole al famigerato articolo 3 è arrivato nell’indifferenza generale.
Ora però che i politici si troveranno a dover andare a caccia di voti mentre gli italiani sono in vacanza, cominciano i problemi. Il voto fissato per il 25 settembre costringerà infatti i candidati dei partiti a vivere una strana estate elettorale, mai accaduta nel nostro paese che è sempre stato abituato alla chiamata primaverile alle urne. Quest’anno, al contrario, il 14 agosto sarà l’ultima data utile per i partiti per depositare al Viminale i contrassegni e i simboli elettorali, il 20 e 21 agosto dovranno essere presentate le liste agli uffici centrali elettorali nelle corti d’appello, e dopo poco più di un mese tutti gli italiani saranno chiamati al voto.
Ciò significa che i rappresentanti politici saranno costretti a raccogliere firme e fare propaganda non tra i banchi del mercato bensì in mezzo agli ombrelloni con gli elettori odoranti di crema solare, non organizzando cene di autofinanziamento in trattoria bensì disturbando i turisti mentre mangiano il gelato in costume guardando il mare. Forse gli italiani troveranno divertente questa campagna elettorale estiva, oppure al contrario odieranno l’ennesimo disturbo in vacanza che si sommerà a quello dei venditori di cocco, teli da mare e collanine. Di certo, invece, i titolari degli stabilimenti balneari non gradiranno affatto questa presenza e faranno di tutto per contrastarla, come ha detto chiaro e tondo Fabrizio Licordari, presidente di Assobalneari-Confindustria, una delle dieci associazioni che rappresentano la categoria: «Sento parlare di campagna elettorale sotto l’ombrellone, ma per me se la scordano», ha dichiarato nei giorni scorsi al quotidiano La Verità. «Non consentiremo a nessuno di disturbare i nostri clienti che giustamente si stanno rilassando, forse nell’ultima stagione che passeranno con noi. Anche perché abbiamo da fare la nostra campagna elettorale. L’abbiamo intitolata “Uno vale dieci“, nel senso che ogni nostro ospite può informare almeno altre dieci persone del torto che stiamo subendo. Racconteremo anche di come certi partiti, a cominciare da Lega e Forza Italia (del Pd neppure parlo), siano capacissimi di promettere una cosa e farne un’altra».
La tensione sembra insomma piuttosto elevata, anche perché quello delle concessioni balneari sarà un tema centrale per la campagna elettorale, dal momento che sarà il prossimo governo a dover scrivere il decreto attuativo del ddl concorrenza e quindi a decidere le modalità delle gare, che potrebbero cercare di mantenere l’attuale sistema oppure al contrario favorire un netto cambio di gestione delle spiagge. L’importante è che tutta la categoria abbia imparato la lezione e che smetta una volta per tutte di credere e applaudire alle false promesse dei politici.
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