Opinioni

La proroga delle concessioni balneari in una prospettiva di possibile compatibilità euro-unitaria

Una proposta per risolvere l'impasse sull'estensione di 15 anni in cui si trovano molte amministrazioni comunali

Come noto, il legislatore nazionale ha disegnato, con la legge 145/2018, uno schema per il quale, nelle more dell’adozione di una normativa nazionale di riforma dell’attuale quadro, le concessioni in essere sono prorogate per la durata di quindici anni. Ora, tanto il Consiglio di Stato quanto l’amministrazione centrale hanno affermato che la disposta proroga si pone in contrasto con il quadro normativo euro-unitario, posto che la soluzione individuata dal legislatore nazionale risulterebbe incompatibile con l’esigenza di affidamenti da svolgersi in regime pienamente concorrenziale.

Devo sottolineare, tuttavia, che tali orientamenti si risolvono, allo stato, in una disapplicazione della normativa nazionale efficace esclusivamente tra le parti dei giudizi in cui essa è stata disposta, ciò comportando la sua persistente vigenza: si vuol dire che la normativa nazionale (legge 145/2018) resta, pertanto, per le amministrazioni un parametro di riferimento attuale. E allora, considerato che l’esercizio del potere di disapplicazione delle leggi da parte dell’amministrazione, per quanto legittimo, resta confinato a un’ipotesi del tutto eccezionale, non scevra da rischi, è possibile immaginare come perseguibile, in quanto improntata ai canoni di ragionevolezza e proporzionalità, una soluzione che, pur facendo stretta applicazione della normativa che dispone la proroga, si caratterizzi comunque per un approccio di tipo concorrenziale, coinvolgendo, caso per caso, gli operatori economici.

Infatti, per quanto la normativa nazionale possa apparire, a una prima lettura, contraria ai principi dell’Unione europea, è pur vero che allo stato devono essere ancora compiutamente indagate le ragioni per le quali il legislatore nazionale ha adottato un simile sistema normativo che prevede anche la proroga delle concessioni esistenti: non deve dimenticarsi, invero, che il regime di proroga delineato dal legislatore nazionale è, comunque, strettamente legato a un programma di riforma generale del sistema delle concessioni demaniali marittime, finalizzato a una tutela, valorizzazione e promozione del bene demaniale delle coste italiane (art. 1, commi 675 e ss., l. 145/2018), sicché potrebbe non apparire irragionevole il significativo arco temporale proprio della disposta proroga. Ciò significa che, se già il precedente regime di proroga è stato riconosciuto dalla Corte di giustizia europea non compatibile con i principi del diritto dell’Unione, in quanto non adeguatamente giustificato sul versante delle finalità, non può escludersi che le finalità oggi espressamente dichiarate dal legislatore possano essere ritenute degne di giustificazione, una volta che la questione dovesse essere rimessa alla medesima Corte di giustizia o alla Corte costituzionale. La qual cosa impone quell’atteggiamento prudenziale e ragionevole a cui facevo riferimento in precedenza, che deve indurre le amministrazioni a fare stretta applicazione della normativa vigente, seppure inserendo le proprie scelte all’interno di un meccanismo di tipo concorrenziale e, magari, imponendo sin da subito delle specifiche prescrizioni con finalità coerenti rispetto a quelle espresse dal legislatore nazionale, quali giustificazioni della proroga medesima (tutela, valorizzazione e promozione delle coste italiane): il tutto, ovviamente, mediante un’espressa subordinazione della proroga a una sorta di condizione risolutiva, ove, nelle more, la normativa nazionale dovesse essere, formalmente, dichiarata incompatibile con il diritto dell’Unione. Tanto più ove si consideri che l’ipotetico superamento del vaglio di compatibilità euro-unitaria della normativa in esame esporrebbe le amministrazioni che l’avessero disapplicata a una probabile richiesta risarcitoria da parte degli operatori a cui non sia stato riconosciuto il beneficio della proroga, richieste che potrebbero avere una significativa ricaduta sulle finanze pubbliche in ragione dell’elevatissimo numero degli operatori attivi.

Il componimento dei vari interessi contrapposti si potrebbe, quindi, realizzare con l’utilizzo del meccanismo del “rende noto”, disciplinato dall’art. 18 del regolamento della navigazione marittima, che ritengo non sia superato dall’avvento della normativa regionale. Non mi sembra questa la sede per approfondire il rapporto tra normativa regionale e normativa nazionale, essendo sufficiente sottolineare un semplice e basilare principio di diritto, secondo il quale la normativa regionale non può introdurre norme di contenuto diverso e contrario rispetto ai principi che vengono espressi dalla normativa nazionale, soprattutto allorquando si tratti di principi che trovano un proprio diretto riferimento nella Costituzione, come nel caso della libera concorrenza.

D’altro canto, una soluzione del tipo in questa sede rappresentata risulta essere stata adottata in altri comuni costieri che, nella ragionevole ponderazione degli interessi in gioco e, comunque, nell’incertezza del quadro giuridico di riferimento, hanno ritenuto di procedere alla pubblicazione di un “rende noto” sulla richiesta di proroga delle concessioni in essere presentata dagli operatori del settore, assegnando a eventuali soggetti interessati un termine per presentare osservazioni o domande concorrenti: ciò, peraltro, consentirà alle amministrazioni di stabilire, in concreto, l’effettivo carattere transfrontaliero delle concessioni in questione e, comunque, l’effettiva appetibilità che, in astratto, costituiscono gli unici criteri capaci di coinvolgere l’applicazione del diritto dell’Unione europea e, in generale, il diritto della concorrenza.

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Ernesto Sticchi Damiani

Avvocato cassazionista e professore emerito di diritto amministrativo all'Università del Salento.