Da una parte ci sono gli stabilimenti balneari, dall’altra il gioco d’azzardo. In entrambi i casi si tratta di imprese private che si basano su concessioni pubbliche; eppure, mentre per le spiagge italiane il Consiglio di Stato ha proibito qualsiasi ulteriore estensione e imposto le gare entro la fine del 2023, per i gestori delle attività di casinò e scommesse sportive e ludiche lo stesso Palazzo Spada ha dichiarato la legittimità delle proroghe automatiche con cui il nostro Stato ha gestito le concessioni negli ultimi anni. Il tutto con l’assenso della Corte di giustizia europea, che analogamente nel 2016 ha censurato le proroghe automatiche delle concessioni demaniali marittime, mentre lo scorso anno ha legittimato quelle delle concessioni per il gioco d’azzardo. Sembra insomma che ci troviamo davanti a una vera e propria disparità di trattamento: nonostante si tratti di due tipologie diverse di concessioni e di attività economiche, le vicende hanno alcuni punti in comune che non possono essere ignorati. Per approfondire la questione e capire come può essere utile alle istanze dei balneari, che proprio in queste settimane stanno negoziando col governo i contenuti dell’imminente riordino delle concessioni demaniali marittime, abbiamo intervistato l’avvocato Daniela Agnello, da oltre vent’anni nel settore del gaming in difesa degli operatori del gioco d’azzardo.
L’avvocato Agnello ha il primato di aver fatto censurare dalla Corte di giustizia europea le tre gare italiane per l’affidamento in concessione dei diritti per l’esercizio dei giochi e delle scommesse e vanta una lunga serie di pronunce a favore dei bookmaker, tra cui la celebre “sentenza Laezza” sulla quale avevamo già intervistato l’avvocato nel 2016, in quanto rappresentava un altro importante parallelismo sul tema degli indennizzi in caso di esproprio.
Avvocato Agnello, dopo la “sentenza Laezza” con cui la Corte di giustizia europea ha censurato le procedure di gara perché ritenute discriminatorie, come sono state gestite a livello normativo in Italia le assegnazioni e i rinnovi delle concessioni pubbliche per il gioco d’azzardo?
«Dopo la “sentenza Laezza” l’autorità giudiziaria italiana ha riconosciuto le discriminazioni subite dall’operatore euro-unitario e ha disapplicato la sanzione penale. Il legislatore a tutt’oggi non è intervenuto per rimediare alle misure e agli ostacoli frapposti all’accesso al sistema concessorio italiano, neanche con riferimento all’indizione di nuove gare di assegnazione delle concessioni. La censura della Corte di giustizia dell’Unione europea alle gare indette dallo Stato Italiano non è servita da monito per il legislatore al fine di rimediare alle discriminazioni poste in essere nei confronti dei bookmaker – come Stanleybet – ingiustamente esclusi dalle precedenti assegnazioni. Il settore dei giochi e delle scommesse su rete fisica, quindi, rimane un settore caratterizzato da un susseguirsi di rinvii, rimandi e proroghe anche in pendenza di acclarate e confermate discriminazioni delle procedure di gara.
Le concessioni in tema di gioco fisico, scadute a giugno 2016, sono state continuamente prorogate, da ultimo con la determinazione del consiglio dei ministri che, in considerazione della proroga dello stato di emergenza fino al 31 marzo 2022, ha ulteriormente esteso le concessione delle scommesse fino al 30 giugno 2022, prorogando le vecchie concessioni e perpetuando di fatto lo stato di discriminazione determinato dalla ultime gare attributive. Il sottosegretario dell’economia Federico Freni, in occasione di un evento sui giochi, ha dichiarato che non ci saranno gare per le nuove concessioni fino a quando non vi sarà un riordino del settore, accennando a proroghe ulteriori che dovrebbero essere disposte alla fine del periodo emergenziale. Il sistema dei giochi d’azzardo, quindi, è caratterizzato da proroghe ritenute, allo stato, legittime dai giudici nazionali ed eurounitari».
Le concessioni balneari, invece, sono state di recente oggetto di una pronuncia dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato che ha annullato l’estensione al 2033 disposta dalla legge 145/2018 in quanto proroga automatica e generalizzata e pertanto in contrasto col diritto europeo, imponendo di riassegnare i titoli entro due anni tramite gare pubbliche. A suo parere ci sono gli estremi per parlare di “disparità di trattamento” rispetto alle concessioni per il gioco d’azzardo?
«È incontestabile che si tratta di due settori profondamente diversi tra loro, retti da principi e istituti giuridici non facilmente adattabili. Anche gli obiettivi di politica legislativa perseguiti sono differenti, essendovi da una parte una finalità di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, dall’altra vi è l’esigenza di contemperare l’uso privato di beni del demanio marittimo con il fine di pubblico interesse dei beni medesimi. Tuttavia, i due settori risultano del tutto assimilabili con riguardo al diritto eurounitario, in riferimento all’articolo 49 del TFUE sulla libertà di stabilimento e, pertanto, la sussistenza di un interesse transfrontaliero. Tanto emerge ancora più chiaramente dalla lettura della pronuncia del Consiglio di Stato in commento, nella parte in cui, richiamando la giurisprudenza della Corte di giustizia Ue, ha affermato che “qualsiasi atto dello Stato che stabilisce le condizioni alle quali è subordinata la prestazione di un’attività economica è tenuto a rispettare i principi fondamentali del trattato e, in particolare, i principi di non discriminazione in base alla nazionalità e di parità di trattamento, nonché l’obbligo di trasparenza che ne deriva. […] Nell’ottica della Corte detto obbligo di trasparenza impone all’autorità concedente di assicurare, a favore di ogni potenziale offerente, un “adeguato livello di pubblicità” che consenta l’apertura del relativo mercato alla concorrenza, nonché il controllo sull’imparzialità delle relative procedure di aggiudicazione. […] quando sia accertato che un contratto (di concessione o di appalto), pur se si colloca al di fuori del campo di applicazione delle direttive, presenta un interesse transfrontaliero certo, l’affidamento, in mancanza di qualsiasi trasparenza, di tale contratto ad un’impresa con sede nello Stato membro dell’amministrazione aggiudicatrice costituisce una disparità di trattamento a danno di imprese con sede in un altro Stato membro che potrebbero essere interessate a tale appalto. L’interesse transfrontaliero certo consiste nella capacità di una commessa pubblica o, più in generale, di un’opportunità di guadagno offerta dall’Amministrazione anche attraverso il rilascio di provvedimenti che non portano alla conclusione di un contratto di appalto o di concessione, di attrarre gli operatori economici di altri Stati membri“.
Su tale premessa, il Consiglio di Stato ha rimarcato al punto 27 della sentenza l’incompatibilità comunitaria della disciplina nazionale che prevede la proroga automatica e generalizzata delle concessioni già rilasciate. Di conseguenza ha ritenuto l’estensione al 2033 incompatibile col diritto europeo, precisando (al punto 38) che “l’affidamento del concessionario dovrebbe trovare tutela (come chiarito da Corte di giustizia e anche dalla Corte costituzionale) non attraverso la proroga automatica, ma al momento di fissare le regole per la procedura di gara“.
Nel settore dei giochi, però, l’orientamento del medesimo Consiglio di Stato è nettamente differente. Sul rilievo che la concessione garantisca un certo equilibrio economico, si esclude la necessità di una nuova procedura di gara, attribuendo alla “proroga” la funzione di tutelare e garantire l’interesse statale. La differenza tra i due settori è ancora più evidente se si tiene contro di una recentissima pronuncia della quarta sezione del Consiglio di Stato che ha ritenuto lecita la proroga nel pieno rispetto dei principi di parità di trattamento, concorrenza e libertà di iniziativa economica tra gli operatori. Il Consiglio di Stato, in punto di “continuità della concessione”, ritiene testualmente che “sussistano tutte le circostanze subordinatamente alle quali il diritto interno (o l’interpretazione di esso) supera indenne il vaglio di compatibilità rispetto all’Ordinamento europeo ed alla normativa secondaria sugli appalti pubblici”. Pertanto, in modo antitetico rispetto alle determinazioni assunte con riferimento alle concessioni balneari, i giudici hanno ritenuto che la proroga non sia “fonte di illegittima discriminazione tra gli operatori del settore e non introduce condizioni discriminatorie favorevoli per il concessionario uscente ed a discapito di altri operatori che aspirano ad entrare nel medesimo mercato”. Lo stesso Consiglio di Stato in tema di giochi riconosce altresì che il modello monoproviding risponde a esigenze di continuità, ordine pubblico e sicurezza.
Alla luce del confronto delle diverse pronunce del supremo consesso amministrativo e salva la diversità di settori e di tutele, è dunque evidente la sussistenza di differenti valutazioni e discordanti interpretazioni. Infatti, mentre in materia di concessioni balneari la sentenza del Consiglio di Stato ha fissato delle vere e proprie linee guida per la riassegnazione delle concessioni tramite gare pubbliche, avvisando che “nel conferimento o nel rinnovo delle concessioni, andrebbero evitate ipotesi di preferenza “automatica” per i gestori uscenti, in quanto idonei a tradursi in un’asimmetria a favore dei soggetti che già operano sul mercato”, in materia di giochi, invece, ribalta queste stesse linee guida legittimando di fatto una proroga automatizzata, reiteratamente preclusiva nei confronti di tutti gli operatori già discriminati dai bandi di gara precedenti».
Il governo Draghi sta lavorando in questi giorni a un riordino delle concessioni demaniali marittime che prevedrà riassegnazioni tramite evidenza pubblica entro il prossimo anno. Quali sono, a suo parere, le strade giuridiche che gli imprenditori balneari potrebbero intraprendere per difendere la proprietà delle aziende che insistono sul suolo demaniale, anche basandosi sui precedenti nel settore del gioco d’azzardo?
«Gli interventi degli imprenditori della filiera devono essere affrontati in maniera determinata e possibilmente coalizzata, da una prospettiva eurounitaria, valorizzando le pronunce e le interpretazioni fornite dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, sviluppando le violazioni dei principi di uguaglianza, non discriminazione, trasparenza, pubblicità e altro, non dimenticando di potenziare certamente le loro acquisite professionalità nel settore».
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