Arrivare su di un’isola dà sempre un senso di avventura, se non di scoperta, ma raggiungerla a piedi, e non attraverso un ponte, aggiunge un gusto particolare. Ma se ci si va a piedi vuole dire che è collegata al continente, e quindi non è un’isola! È vero, era un’isola, fino a che non è stata raggiunta da quella lunga striscia di sabbia su cui stiamo ora camminando.
Ma chi l’ha costruita questa pista in mezzo al mare? Ovviamente le onde; anche se siamo portati a credere che il loro compito sia solo quello di distruggere spiagge, dune e cabine! Non dimentichiamo che anche la nostra spiaggia è stata costruita dal mare e molte altre sono le morfologie costiere che le onde costruiscono portando la sabbia e accumulandola nelle forme più strane, come le isole barriera e gli spit, o frecce litoranee. Oggi ci concentriamo su quei lobi che si accrescono in continuazione spingendosi in mare, fino a raggiungere un’isola e che prendono il nome di tomboli, anche nella letteratura internazionale.

Per spiegare la formazione dei tomboli, bisogna tornare alla propagazione del moto ondoso in un tratto di mare riparato da un’isola o da una scogliera, e guardare la forma che prendono le creste delle onde quando iniziano a superarla e si estendono anche nel tratto geometricamente riparato. Le onde, che al largo erano rettilinee, cominciano a incurvarsi per il fenomeno della diffrazione (che abbiamo descritto in un precedente “granello”) e quando arrivano a riva hanno una direzione non più ortogonale alla costa, ma obliqua, e possono così spingere la sabbia verso il tratto di litorale riparato dall’isola. Ma anche da una scogliera artificiale!
Lo stesso accade alle onde che la superano dall’altra parte, tanto che si possono avere onde incrociate che sviluppano flussi convergenti. La sabbia si accumula in un punto e inizia a formarsi un saliente che, accrescendosi sempre più, può arrivare a raggiungere l’isola e dare luogo a un tombolo.

Ovviamente, perché questo accada, l’isola deve essere vicina alla costa, oppure piuttosto grande. Se l’isola è grande e vicina si possono formare due tomboli distinti, che chiudono una laguna. È quanto successo sulla costa della Toscana meridionale, al riparo del Monte (Isola) Argentario, con la formazione del Tombolo della Giannella (a nord) a con il Tombolo di Feniglia (a sud), che delimitano la Laguna di Orbetello. Al centro di questa, attaccato a terra, vi è un’altra lingua sabbiosa su cui è costruita la città, e che non ha potuto svilupparsi completamente perché chiusa dai due tomboli maggiori e successivi. Ebbene, sono questi i tomboli che hanno dato il nome a tutte le morfologie simili sparse lungo le coste del mondo. Abbiamo il prototipo, come per la pizza e gli spaghetti!


Una configurazione simile la troviamo fra Augusta e Siracusa, con il tombolo indotto dall’Isola di Magnisi (ora penisola!). Qui però i due tomboli, prima di raggiungere l’isola, si uniscono in una sola lingua a disegnare una Y rovesciata. La laguna è poco profonda ed era usata come salina; oggi è parte della Riserva Naturale delle Saline di Priolo.

Sono molti i tomboli che s’incontrano lungo le coste del mondo e non è chiaro il perché sia stato scelto proprio il termine italiano per identificare questa morfologia a livello internazionale, anche perché da noi la parola “tombolo” identifica anche le dune costiere, tant’è che vicino a Livorno abbiamo una località che si chiama Tombolo, e non è certo su di una lingua in mezzo al mare.
Molti tomboli hanno storie affascinanti, anche se con scarsa base scientifica; ma il tombolo più interessante e di cui si conosce bene la modalità di formazione è quello che collega Tiro, un tempo posta su di un isola, alla costa del Libano. Ha una data di nascita certa, l’anno 332 a.C., quando Alessandro Magno conquistò la città fenicia. La conquista dell’isola non avvenne per mare, data la superiorità navale degli avversari, e Alessandro riuscì a mettervi piede solo dopo avere distrutto la città di terraferma Palai Tyros e averne utilizzato i materiali per costruire una pista in mare, lunga 744 metri e larga 60, fino a raggiungere Tiro. Questo pennello, che attraversava fondali anche superiori ai 5 metri, iniziò a intercettare il flusso dei sedimenti lungo riva, fino alla formazione di un tombolo che oggi simula esattamente una morfologia naturale.
E chissà quanti altri tomboli ci sono su cui ora corrono delle strade, che si sono formati in modo analogo attorno a una pista, magari percorribile solo in bassa marea, che ha costituito l’elemento d’innesco dei processi di sedimentazione. È quanto stava accadendo a Mont Saint-Michel con la strada di collegamento a terra che, nonostante che l’escursione di marea possa superare i 14 metri, ostacolava il flusso sedimentario e stava portando al completo insabbiamento della baia al cui interno si trova l’isola. È per questo che ora la strada corre su dei piloni, e si può raggiungere Mont Saint-Michel a piedi o con delle navette, lasciando l’auto molto all’interno ed evitando di farla sommergere dalla marea; cosa accaduta molto spesso in passato!
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