La riapertura del suo stabilimento balneare è stata proibita da un’ordinanza comunale e ha iniziato uno sciopero della fame e dei medicinali vitali, che dura da oltre una settimana. Walter Galli, titolare dello stabilimento “Port Royal” di Pomezia, da anni si batte contro l’applicazione dei valori Omi sui canoni delle concessioni demaniali, che hanno portato alla morte o sull’orlo del fallimento circa trecento piccole imprese familiari, ma la vicenda che lo ha colpito nei giorni scorsi supera ogni assurdità: dopo il provvedimento di decadenza recapitatogli lo scorso marzo, in pieno lockdown, il Comune di Pomezia gli ha inibito l’attività con tanto di obbligo a recintare l’area in concessione e a sorvegliare sul divieto di accesso alla spiaggia, senza considerare che il contenzioso è ancora aperto e nessun giudice si è pronunciato in via definitiva sulla vicenda.
Il motivo dietro a tutta questa storia è la morosità sul pagamento dei canoni, che però non è una sua colpa, bensì la conseguenza di una legge che ha stabilito delle cifre impagabili. Galli, come detto, è infatti una delle vittime della legge 296/2006, la quale ha stabilito un criterio di calcolo dei canoni collegato ai valori Omi che ha determinato maxi aumenti fino a 250 mila euro annui per le imprese con manufatti incamerati. Cifre insostenibili per delle piccole imprese familiari, che da ben tredici anni lottano sotto il Coordinamento concessionari pertinenziali – di cui Galli è uno dei fondatori nonché ex portavoce – ma che non sono ancora riuscite a ottenere una riforma dei canoni nonché l’annullamento del debito pregresso, in quanto basato su una legge più volte giudicata come squilibrata e sbagliata da esponenti politici di ogni colore. Mentre si è cercato invano di lavorare a una soluzione mai arrivata a causa della “mancanza di coperture finanziarie”, molte di queste imprese sono fallite e per il “Port Royal” di Galli la vicenda si è fatta ancora più complicata: il Comune di Pomezia ha deciso di obbligarlo a chiudere, nonostante il “decreto rilancio” all’articolo 184 comma 2 sospenda gli effetti delle decadenze per le concessioni pertinenziali. Ma c’è di più: Galli ha sempre pagato i canoni finché ha potuto e ha sempre fatto ricorso contro ogni provvedimento nei suoi confronti; eppure l’amministrazione comunale di Pomezia ha ignorato le svariate impugnative e ha disposto la chiusura.
Negli ultimi mesi i pertinenziali hanno beneficiato di una sospensiva dei pagamenti fino al 20 settembre 2020, ma la misura è insufficiente per risolvere la situazione, che diventa ogni giorno più complessa. Il provvedimento di decadenza notificato a Galli è infatti solo uno dei tanti arrivati nell’ultimo anno in varie parti d’Italia, e in particolare a Pomezia la vicenda è molto articolata: oltre al “Port Royal”, il sindaco Adriano Zuccalà ha infatti disposto la decadenza di altre otto concessioni a cui sono stati applicati i valori Omi, nonostante non siano strutture incamerate come lo stabilimento di Galli: si tratta di altri tre lidi, di un’attività di ristorazione, di un’attività commerciale e di due ecomostri abbandonati in riva al mare, ognuno con un diverso excursus giuridico. Eppure il Comune di Pomezia le ha messe tutte nello stesso fascio, dichiarando la decadenza delle concessioni e, nel caso delle attività aperte al pubblico, anche l’obbligo di chiusura e di sorveglianza affinché nessuno fruisca della spiaggia, ma senza fare distinzioni tra chi è colpevole di conclamati abusi edilizi (come nel caso dei due ecomostri) e chi invece da un decennio si batte in tribunale per dimostrare la sua innocenza e ha svariati contenziosi ancora aperti (come per il Port Royal).
Il sindaco Zuccalà, durante una conferenza stampa tenutasi giovedì scorso, secondo quanto riferiscono i media locali ha spiegato che si tratta di «canoni non pagati dagli otto ai dieci anni, con valori dai 400 mila agli 800 mila euro. A livello nazionale ci vuole una riforma che permetta a tutti di poter pagare la giusta somma per il suolo pubblico, ma gli atti che il Comune ha portato avanti sono atti dovuti: questi soldi non sono stati versati allo Stato e anche il Comune fa parte di questo. Siamo consapevoli che purtroppo dietro queste attività ci possono essere famiglie che ora si trovano in difficoltà, ma tutto questo non può prescindere dal rispetto delle norme verso le quali siamo tutti chiamati a rispondere. Noi siamo obbligati a far rispettare la legge». L’amministrazione comunale ha anche convocato Galli per sentire la sua versione, ma è rimasta ferma nella sua posizione: «Il piano era quello di rimettere a bando le concessioni decadute prima dell’inizio della stagione balneare, ma l’emergenza Covid-19 ha bloccato tutto. Stiamo cercando di trovare una soluzione per riuscire ad avviare presto queste strutture, ma non conosciamo ancora le tempistiche», ha detto ancora il sindaco, dimostrando di non preoccuparsi per il lungo contenzioso che Galli sta portando avanti da dieci anni, e che lo ha spinto a iniziare lo sciopero della fame e dei medicinali.
Da parte sua, Galli insieme alla socia Cinzia Cavolini ha sottolineato che «il Comune avrebbe dovuto provare a difendere i suoi cittadini, provare a capire cosa fosse successo, invece di procedere con questi atti e mettere addirittura un avvocato contro di noi. Un giorno prima dell’apertura della stagione estiva ci è arrivata la revoca della concessione, senza neanche andare a controllare gli eventuali ricorsi in atto, che andrebbero a sospendere questo provvedimento», hanno spiegato i due imprenditori in una lunga intervista al Corriere della Città, in cui è possibile ripercorrere la loro posizione su questa vicenda assurda e complicata. Per quanto riguarda la questione complessiva dei pertinenziali, invece, lo scorso aprile abbiamo pubblicato una lunga intervista video a Walter Galli, quando era ancora portavoce del Coordinamento concessionari pertinenziali.
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