È iniziato il gioco dello scaricabarile sulla riforma delle concessioni balneari, che il governo di centrodestra è chiamato a completare, col rischio di dover tradire le promesse fatte in campagna elettorale. Questa, almeno, è l’impressione che emerge ascoltando le parole degli esponenti di maggioranza che si stanno occupando della questione: tutto il centrodestra si sta infatti dichiarando costretto a rispettare la volontà delle leggi comunitarie, che imporrebbero la messa a gara delle concessioni dopo anni di rinnovi automatici. Le associazioni degli imprenditori balneari si battono da un decennio contro questa tesi, rivendicando la titolarità delle loro aziende (di proprietà privata seppure su suolo demaniale) e affermando che una corretta applicazione della direttiva europea Bolkestein permetterebbe di affidare le spiagge libere per far aprire nuove imprese e garantire la liberalizzazione del settore, anziché mettere a gara quelle esistenti. Tuttavia il governo Draghi non è stato della stessa idea, e lo scorso agosto con la legge sulla concorrenza ha fissato la scadenza dei titoli al 31 dicembre 2023 e la loro riassegnazione tramite procedure selettive, secondo dei criteri che dovranno essere stabiliti da un decreto attuativo da varare entro il 20 febbraio prossimo. Lega e Forza Italia avevano già votato a favore di quella norma, mentre Fratelli d’Italia dall’opposizione si è sempre dichiarata contraria alle gare, conquistandosi i voti di migliaia di concessionari; ma ora che si è avvicinato il momento di attuare la norma oppure di rinnegarla, pare che il governo abbia deciso di far slittare i termini solo di pochi mesi e di seguire la strada tracciata da Draghi. Con tanto di dita puntate contro la Corte di giustizia europea, che avrebbe costretto l’attuale esecutivo a non poter fare altrimenti.
Il ministro degli esteri Antonio Tajani era stato il più esplicito: «Dobbiamo tutelare le imprese italiane anche per evitare pericolose infiltrazioni, ma sono necessarie gare serie. Ci sarà un confronto con le associazioni balneari e si troverà una buona soluzione con l’Europa», aveva detto in seguito alla riunione di due giorni fa tra governo e maggioranza per decidere il da farsi. E ieri, in una nuova dichiarazione rilasciata a La Presse, ha rimarcato ancora di più le responsabilità dell’Ue: «Dobbiamo trovare una soluzione che sia compatibile con le norme comunitarie e contemporaneamente riuscire, nell’unico paese che ha 7000 chilometri di coste in Europa, a tutelare gli interessi di chi fino a oggi ha garantito la fruibilità di queste spiagge ai turisti. Sono imprenditori che devono essere tutelati, dobbiamo trovare una sintesi fra le esigenze di queste imprese e il diritto comunitario».
Più caute le dichiarazioni della ministra al turismo Daniela Santanchè, che è anche balneare doc in quanto ex socia di Flavio Briatore nel noto stabilimento Twiga di Forte dei Marmi: «Nella maggioranza siamo tutti determinati a voler difendere i trentamila stabilimenti balneari; dobbiamo solo capire qual è lo strumento migliore. È giusto continuare a chiedere piccole proroghe oppure è giusto risolvere il problema in maniera strutturale, in modo da non bloccare gli investimenti?», si è chiesta retoricamente la ministra, intervistata dall’Ansa. «Se ci sono incertezze, si blocca tutto il sistema. Sulla difesa delle imprese balneari il governo c’è, Giorgia Meloni c’è, e oltretutto c’è una maggioranza compatta nel voler portare a casa il migliore strumento».
Il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia, da sempre attento difensore delle imprese balneari nonché molto consapevole delle logiche e dei divisionismi interni al settore, attende invece al varco le associazioni di categoria. Uscendo dalla riunione di martedì tra governo e maggioranza, l’esponente azzurro ha infatti annunciato ai microfoni che «il governo istituirà un tavolo interministeriale per confrontarsi con le associazioni di categoria, la cui opinione per quanto ci riguarda sarà decisiva ai fini della strada da intraprendere». L’impressione, insomma, è che si cercherà una mediazione di responsabilità nell’attuale situazione normativa sfavorevole, per verificare se fra i sindacati del settore prevarrà ancora la posizione del “no alle gare” oppure se si accetterà di affrontare le procedure selettive con adeguati salvagente per la tutela delle attuali piccole e medie imprese concessionarie di spiagge, come gli indennizzi in caso di perdita della concessione e il punteggio premiante per chi attesta esperienza professionale e qualità dei servizi.
La questione, tuttavia, sarà in mano soprattutto al ministro degli affari europei Raffaele Fitto, figura notoriamente ostile ai balneari dopo che, nel lontano 2010, la sua prima proposta per istituire le evidenze pubbliche delle concessioni fu respinta a suon di insulti dalla categoria. A questo proposito il deputato Maurizio Lupi di Noi con l’Italia, altro partito nella coalizione di maggioranza, ha confermato all’Ansa che «la questione dei balneari la affronteremo col ministro Fitto. Credo che bisogna saper coniugare l’apertura al mercato che l’Europa ci chiede e le caratteristiche fondamentali di un paese come l’Italia, che ha piccole e medie imprese».
In tutto ciò sguazza l’opposizione, che accusa la maggioranza di essere divisa e impreparata sul tema. Così infatti il senatore del Movimento 5 Stelle Marco Croatti: «Il presidente Meloni e la sua maggioranza sono pericolosamente miopi e inadeguati nell’affrontare la riforma delle concessioni demaniali. Continuano a non voler risolvere il tema, riducendolo aduno scontro tra una categoria e l’Unione europea, con i primi nel ruolo di vittime e la seconda nel ruolo del carnefice. Una narrazione che rischia di costare molto cara ai cittadini, perché l’infrazione europea incombe, ma anche a tante località a vocazione balneare che necessitano di investimenti e innovazione per rendere più competitiva la loro offerta turistica. La direttiva Bolkestein infatti incrocia il destino non solo dei 6.300 stabilimenti balneari italiani e degli attuali concessionari, ma anche quello di centinaia di migliaia di imprese legate direttamente e indirettamente al turismo balneare, che risentono del clima di incertezza che blocca gli investimenti e rende più debole l’intero sistema economico delle destinazioni balneari. Queste imprese, così come tanti cittadini ma anche tanti attuali concessionari, chiedono che la direttiva Bolkestein e la sentenza del Consiglio di Stato si trasformino in una grande opportunità di sviluppo per il nostro paese. In questo senso come M5S abbiamo sempre cercato di muoverci: non limitandoci a difendere categorie o interessi particolari, ma a favore dell’interesse comune e per rendere più forte il nostro sistema turistico. E oggi vediamo che anche tante imprese balneari, frustrate e deluse dall’insipienza della destra, comprendono che il nostro approccio sia l’unico in grado di non portarli sul baratro e superare l’incertezza che inchioda da anni il loro comparto. È evidente ormai a tutti che la presidente Meloni e la sua maggioranza stanno affossando un comparto strategico del nostro paese».
Al di là delle legittime congetture, le notizie più concrete sugli intenti del governo potranno arrivare solo dopo il tavolo con le associazioni di categoria, che si spera venga convocato il prima possibile. La stagione è infatti quasi alle porte, e un settore un tempo florido e fondamentale per l’economia italiana è oggi drammaticamente bloccato in attesa di sapere quale sarà il proprio futuro.
© RIPRODUZIONE RISERVATA