Il riconoscimento del valore aziendale delle imprese balneari non è ancora un fattore sicuro nelle future gare pubbliche delle concessioni di spiaggia. Così almeno sembra dalle indiscrezioni che si sono rincorse nelle ultime 48 ore, che vedrebbero la proposta di riordino del demanio marittimo approvata la settimana scorsa dal consiglio dei ministri epurata da questo importante elemento.
Questi i fatti: il 15 febbraio il premier Mario Draghi ha portato sul tavolo di Palazzo Chigi una bozza per il riordino della gestione delle concessioni demaniali marittime, necessaria dopo che il Consiglio di Stato lo scorso novembre ha annullato la validità della proroga al 2033 e imposto la riassegnazione tramite gare pubbliche entro due anni. La proposta di Draghi voleva imporre le evidenze pubbliche senza alcun paracadute per gli attuali concessionari, nonostante abbiano investito sulla base di un orizzonte temporale più lungo previsto dalla legge italiana (la 145/2018, che aveva disposto l’estensione dei titoli di quindici anni, poi cancellato da un giorno all’altro). In seguito, la mediazione delle forze politiche e delle associazioni di categoria è riuscita a far modificare il testo inserendo alcuni elementi premianti per chi finora ha gestito bene le spiagge italiane, come il riconoscimento dell’esperienza professionale e della qualità dell’offerta. Inoltre le successive correzioni hanno proposto l’obbligo, per l’eventuale concessionario subentrante, di riconoscere a quello uscente un indennizzo pari al valore aziendale calcolato sui beni materiali e immateriali.
Tuttavia, è bastata una dichiarazione della portavoce della Commissione europea al mercato interno Sonya Gospodinova per far precipitare la situazione. La Gospodinova, pur commentando positivamente la proposta di Draghi, ha infatti espresso alcune perplessità sui vantaggi concessi agli attuali concessionari, in nome della parità di trattamento e della concorrenza; e così tali vantaggi – che già non erano graditi dal Movimento 5 Stelle – sarebbero stati eliminati dalla bozza di legge. Autore dell’epurazione sarebbe il sottosegretario alla presidenza del consiglio Roberto Garofoli, estensore materiale del documento pubblicato nei giorni scorsi da Mondo Balneare. Il premier Draghi voleva addirittura accontentare Bruxelles modificando la proposta prima di portarla al voto del parlamento, ma la sua scelta ha riacceso le tensioni tra i partiti di maggioranza e così il confronto è stato ulteriormente rinviato. Anche perché nel frattempo è scoppiata la guerra in Ucraina, che ha portato in secondo piano tutto il resto e che rischia di generare un ulteriore rallentamento della riforma del demanio.
Il consiglio dei ministri aveva approvato all’unanimità la proposta di legge del 15 febbraio, ma i successivi e importanti rimaneggiamenti imporranno un’ulteriore discussione prima del passaggio alle camere. Al contrario delle voci che circolavano nel tam tam dei balneari, riprese da fantasiose ricostruzioni che hanno scatenato un inutile panico, il consiglio dei ministri non ha ancora approvato ufficialmente le modifiche al testo e nemmeno lo hanno fatto le Regioni, che ancora non hanno ricevuto una bozza da esaminare nonostante il ministro Maria Stella Gelmini l’avesse promessa prima dell’esame del parlamento. Per sapere qualcosa di più concreto bisognerà dunque attendere gli sviluppi dei prossimi giorni; resta il fatto che al momento la bozza che sta circolando a Palazzo Chigi sarebbe una versione peggiorativa rispetto a quella del 15 febbraio.
Tra le ipotesi in campo c’è quella che il valore aziendale, se davvero verrà eliminato o ridotto nell’emendamento al decreto concorrenza, slitti a una definizione più precisa da trattare nel successivo decreto attuativo della riforma, che il governo dovrà emanare entro sei mesi dall’approvazione del ddl concorrenza. In ogni caso, sarà importante fare le cose per bene: sul tema del valore aziendale si gioca infatti tutta la partita, poiché pur trattandosi di concessioni pubbliche, gli stabilimenti balneari che vi sorgono sopra sono imprese private, e il riconoscimento economico del valore aziendale è un diritto previsto dalle norme italiane ed europee in caso di passaggio di mano del titolo. Alla pari del diritto alla concorrenza.
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