È iniziato il 2022 e per gli imprenditori balneari italiani si tratta di giorni decisivi, in cui a Palazzo Chigi si deciderà il futuro delle loro aziende. Dopo l’incontro di martedì scorso tra le associazioni di categoria e i ministri Garavaglia, Giorgetti e Gelmini, il governo ha mantenuto la promessa e ha convocato il primo appuntamento del tavolo tecnico per il prossimo 4 gennaio: fra tre giorni i rappresentanti nazionali dei balneari saranno di nuovo a colloquio con Garavaglia per conoscere finalmente i contenuti del provvedimento già elaborato dai tecnici del premier Draghi, con cui si intende disciplinare la riassegnazione delle concessioni balneari dopo che il Consiglio di Stato ha annullato la proroga al 2033 e imposto le gare entro due anni. Il ministro del turismo ha anche chiesto alle associazioni di categoria di presentarsi con documenti e proposte concrete.
Se l’esecutivo ha questa fretta di agire (il suo intento è di approvare un primo provvedimento entro la fine di gennaio), non è solo per mettere mano a una materia che attende da molti anni una riforma organica, ma anche perché il tema delle concessioni demaniali marittime sarebbe stato messo sul tavolo della trattativa per ottenere più soldi dall’Europa attraverso il Pnrr: in sostanza, se il governo italiano ha ottenuto questa ingente pioggia di denaro, è anche perché si è impegnato ad attuare una serie di riforme tra cui appunto quella delle spiagge, come hanno fatto capire martedì scorso i ministri in maniera non troppo velata, secondo quanto riferito a Mondo Balneare da alcuni partecipanti al vertice.
A rendere ancora più urgente una soluzione ci sarebbe poi l’imminente arrivo di una procedura di infrazione da parte dell’Unione europea, che i tre ministri hanno dato per certa entro il mese di febbraio. A dicembre 2020 il nostro paese ha ricevuto una lettera di messa in mora e dal momento che nulla è stato fatto da allora, pare proprio che Bruxelles intenda proseguire con la sanzione; a meno che l’Italia non adegui la gestione delle concessioni demaniali marittime al diritto europeo, che significa riassegnarle tramite gare pubbliche, come appunto il governo Draghi pare intenzionato a fare anche usando la minaccia della procedura di infrazione come spauracchio. Tuttavia, non sarà facile trovare una mediazione tra le forze di maggioranza che sul tema hanno posizioni diverse: proprio per questo, è alto il rischio che la questione balneare diventi oggetto di trattative e accordi politici, proprio in un mese molto delicato per il parlamento che dovrà eleggere il nuovo presidente della Repubblica.
Dall’altra parte ci sono però i concessionari che sono già sul piede di guerra: il presidio di martedì scorso a Roma è stato solo una prima dimostrazione che gli imprenditori balneari non intendono accettare l’esproprio delle loro aziende, che rappresentano una proprietà privata nonostante insistano su suolo pubblico. E questa è la principale questione che l’esecutivo non può ignorare, e che può essere risolta accettando le richieste delle associazioni di categoria che restano nel perimetro del diritto europeo, ovvero il riconoscimento del valore aziendale, del legittimo affidamento e dell’esperienza professionale in fase di evidenza pubblica. Altrimenti si tratterà davvero di un esproprio legalizzato, che genererà migliaia di ricorsi col rischio di bloccare l’intero settore turistico balneare per alcuni anni.
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