Nuovo ribaltone sui bandi degli stabilimenti balneari di Ostia: il Consiglio di Stato ha confermato che erano legittime le gare anticipate volute dalla sindaca Virginia Raggi, riscrivendo ancora una volta il destino di 46 imprese. Nel 2020 la giunta pentastellata si era rifiutata di applicare la proroga delle concessioni al 2033, allora in vigore, e nei giorni di Natale aveva pubblicato a sorpresa i bandi e riassegnato la gestione a nuovi titolari. Un anno dopo, a dicembre 2021, la nuova giunta dem di Roberto Gualtieri ha annullato i bandi, rifacendosi alla sentenza del Consiglio di Stato che, pur avendo annullato la proroga al 2033, ha dichiarato la validità dei titoli in essere fino al 31 dicembre 2023. Ma a febbraio 2022 il Tar del Lazio ha accolto il ricorso di uno dei nuovi concessionari, dando torto al Comune e affermando che i bandi indetti dalla giunta Raggi erano legittimi e non potevano essere annullati. A giugno 2022, però, un nuovo colpo di scena: lo stesso Tar ha annullato la validità delle gare perché sono state fatte senza nessun piano urbanistico degli arenili.
L’ultimo capitolo di questa epopea è arrivato nei giorni scorsi, col Consiglio di Stato che ha accolto il ricorso della società che si era aggiudicata il V-Lounge Beach, ribaltando la sentenza del Tar che aveva dato ragione agli attuali e storici gestori. Secondo il Tar, come detto, l’adozione del Pua (tuttora inesistente) costituiva un presupposto indispensabile per l’avvio della procedura, mentre Palazzo Spada ha sottolineato che è sufficiente il piano regionale degli arenili (già approvato nel 2021) per mettere a gara le concessioni balneari.
La sentenza, la numero 398/2023 (presidente Roberto Giovagnoli, estensore Rosaria Maria Castorina), i giudici hanno dunque accolto le ragioni della ricorrente e dichiarato inammissibile l’intervento ad opponendum dell’associazione Federbalneari Italia. Essendo già in piena stagione estiva, è comunque improbabile che il nuovo concessionario subentrerà nella gestione del V Lounge.
Per approfondire
- Scarica la sentenza n. 398/2023 del Consiglio di Stato
(pdf, 14 pagine)
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