«Stiamo ancora stimando i danni che gli stabilimenti balneari italiani hanno subìto per la furia del mare dei giorni scorsi, ma sicuramente assommano a diverse centinaia di milioni di euro fra impianti distrutti e spiaggia erosa». Lo dice, in un’intervista all’Adnkronos/Labitalia, Antonio Capacchione, presidente del Sindacato italiano balneari aderente a Fipe-Confcommercio. «Si tratta del “frutto avvelenato” di insopportabili ritardi nella progettazione e nell’esecuzione di opere di difesa e di mitigazione di un fenomeno, quello erosivo, già in atto da alcuni decenni, che interessa circa il 40% delle coste italiane e che si è acuito negli ultimi anni a causa dei cambiamenti climatici con il conseguente moltiplicarsi degli eventi atmosferici estremi», commenta il presidente dl Sib.
«La competenza in materia – sottolinea Capacchione – è distribuita su tre livelli istituzionali, comunale, regionale e nazionale, che coinvolgono una pluralità infinita di soggetti pubblici (dalle sovrintendenze alle autorità di bacino, dalle autorità marittime al genio civile), spesso in conflitto fra loro. La disciplina normativa e amministrativa del contrasto del fenomeno erosivo e della pianificazione della costa è poi costituita da ben 8 leggi nazionali e da quasi 90 fra leggi e provvedimenti regolatori regionali».
«È del tutto evidente – avverte Capacchione – che per un’efficace azione di tutela delle coste, prima ancora che reperire risorse pubbliche e mobilitare quelle private, è necessaria una decisa e robusta semplificazione normativa e istituzionale, condizione indispensabile per predisporre un piano nazionale di contrasto del fenomeno erosivo utilizzando le migliori professionalità del mondo accademico, da varare con procedure celeri e non farraginose al fine di assicurare tempestività ed efficacia degli interventi non più rinviabili».
«Le imprese balneari italiane sono le prime a essere danneggiate dal fenomeno – avverte il presidente del Sib – e quindi sono direttamente interessate a partecipare a questo sforzo, al quale è chiamata la comunità nazionale. Affinché ciò possa accadere, è essenziale però che da parte dello Stato siano eliminate al più presto la precarietà giuridica e l’assenza di prospettiva di durata aziendale che impedisce il fattivo coinvolgimento, anche economico, di questo importante comparto per affrontare tali sfide epocali».
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