Com’è noto, all’interno del disegno di legge sulla concorrenza in discussione in questi giorni in Senato è contenuto un emendamento del governo che intende disciplinare il riordino delle concessioni demaniali marittime, quelle cioè che riguardano stabilimenti balneari, porti turistici, ristoranti sul mare e varie altre attività economiche che insistono sulle coste italiane. La riforma si è resa necessaria dopo che, lo scorso novembre, una sentenza dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha annullato la proroga delle concessioni al 2033 e imposto di riassegnarle tramite gare pubbliche entro il 31 dicembre 2023.
Il governo Draghi, decidendo di seguire pedissequamente le indicazioni di Palazzo Spada, a febbraio ha approvato all’unanimità in consiglio dei ministri un emendamento al ddl concorrenza che propone di istituire le immediate gare pubbliche prevedendo il riconoscimento di un indennizzo per i concessionari uscenti calcolato sugli investimenti non ancora ammortizzati. Attualmente il testo si trova all’esame della X commissione del Senato, che sta lavorando per allargare il calcolo dell’indennizzo sull’intero valore aziendale delle imprese.
Il problema principale della riforma delle concessioni demaniali marittime è però rappresentato dalle tempistiche. La questione è di massima urgenza, poiché riguarda decine di migliaia di imprese attualmente prive di una prospettiva sul loro futuro, e dopo anni in cui la materia è stata disciplinata solo da una serie di proroghe, il governo Draghi ha voluto varare in tempi rapidi una riforma organica del settore. Tuttavia la sua proposta non ha convinto del tutto le associazioni di categoria né le forze politiche, che stanno cercando di prendere altro tempo per arrivare a una soluzione più ragionata ed equilibrata fra i vari interessi in campo: da una parte gli attuali imprenditori che hanno investito sulla base della legge nazionale, poi annullata dal Consiglio di Stato, che determinava la durata dei titoli fino al 2033; dall’altra il diritto europeo che impone la riassegnazione periodica tramite gare delle concessioni pubbliche come quelle di spiaggia.
Il disegno di legge sulla concorrenza va tassativamente approvato entro il mese di giugno, poiché contiene una serie di riforme vincolanti per l’Italia al fine di ricevere i fondi Pnrr stanziati dall’Unione europea. Il tema delle concessioni demaniali marittime non è fra queste; tuttavia la decisione del governo di inserire la materia dentro al ddl concorrenza fa sì che il provvedimento sarà dovrà essere per forza votato fra non più di due mesi. In seguito per completare la riforma delle concessioni demaniali marittime occorrerà necessariamente un decreto attuativo, da varare entro i successivi sei mesi: ciò significa che il riordino del settore non potrà essere completato dalle camere prima di dicembre 2022.
Ma l’iter non è finito qui: una volta che il parlamento avrà fatto la sua parte, toccherà infatti prima alle Regioni emanare delle ordinanze per regolamentare la riassegnazione pubblica dei titoli, e poi ai Comuni espletare migliaia di gare. Per fare tutto ciò si avrà a disposizione solo un anno di tempo, che però gli enti locali giudicano troppo poco: fra l’approvazione delle ordinanze regionali e comunali, la scrittura e la pubblicazione dei bandi, l’esame delle offerte e il calcolo degli eventuali indennizzi – che richiederà delle apposite perizie tecniche per ogni singola concessione – dodici mesi sembrano una finestra temporale insufficiente, e per questo in Senato si sta ragionando sull’istituzione di un periodo più lungo rispetto alla scadenza imposta dal Consiglio di Stato. Le ipotesi in campo vanno da uno a tre anni e la difficoltà principale è rappresentata dalle sentenze italiane ed europee che proibiscono qualsiasi ulteriore proroga automatica. Un eventuale prolungamento dei tempi sarebbe quindi da giustificare in altro modo, ma su questo pare che ancora non ci siano proposte solide da sottoporre al parlamento.
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