I danni del maltempo avvenuti oggi dalla costa ligure di levante fino a tutta la Versilia ci lasciano sgomenti e purtroppo impotenti. Sentire i nostri colleghi piangere per avere visto in pochi minuti spazzare via dalla forza rabbiosa del vento la loro attività fa molto male, soprattutto a chi come me ha avuto lo stabilimento distrutto dalla forza del mare dal cataclisma del 2018. Ma la cosa che colpisce di più non è la disperazione di questa gente di mare, abituata a rimboccarsi le maniche e a risollevarsi dopo i danni di una mareggiata o di una tromba d’aria, bensì la rabbia nei confronti di un governo ormai al capolinea che, con la legge sulla concorrenza, nel suo ultimo colpo di coda ha distrutto il sistema turistico balneare italiano. Il disastro che si è consumato oggi sulle coste liguri e toscane ne è la triste dimostrazione: con quale spirito, e soprattutto con quale prospettiva, il 18 agosto 2022 un imprenditore può immaginare di ricostruire con risorse proprie una attività distrutta che tra un anno potrebbe non essere più sua? Perché il premier Draghi e il suo staff di tecnocrati illuminati non vengono a spiegarcelo? Perché il bocconiano Giavazzi non viene a illustrarci un piano economico per sostenere i costi di ricostruzione con la prospettiva di un solo anno avanti a noi?
Ciò che è accaduto oggi dimostra che per fare impresa c’è la necessità di certezze e non date di fine corsa come quella del 2023. Dietro a tutto ciò non ci sono la concorrenza né i pretesti invocati per applicare a delle concessioni di beni una direttiva che riguarda i servizi, e nemmeno un fantomatico vincolo legato ai fondi del Pnrr, ma c’è solo la volontà di chi era al comando di favorire grossi gruppi economici che non aspettano altro di poter allungare le mani sulle coste italiane per creare il monopolio anche sui litorali, uno degli ultimi baluardi della microimpresa a carattere familiare, che in questi ultimi decenni è stata attaccata e distrutta in nome di una globalizzazione che fa bene a pochi distruggendo tanti.
Assobalneari Italia ha opposto una resistenza senza compromessi a questo provvedimento e siamo orgogliosi di essere stata la sabbia dentro gli ingranaggi della macchina implacabile del premier Draghi, pronta a stritolare chiunque si ponesse di ostacolo, rendendone difficoltosa l’approvazione e contribuendo a quel clima di dissenso che poi ne ha determinato la caduta.
Per gli imprenditori oggi colpiti da questi disastri e per i loro clienti la stagione è finita, ma si devono loro delle risposte. Per questo chiedo alle forze politiche di interrogare il presidente del consiglio con carattere d’urgenza su come intenda sostenere chi oggi è in ginocchio dopo questi eventi che devono vedere riconosciuto lo stato di calamità.
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