«Il parere motivato della Commissione europea inviato ieri contesta le proroghe delle concessioni balneari effettuate dagli ultimi governi (dalla legge 145/2018 del primo governo Conte al decreto milleproroghe del governo Meloni) non in quanto proroghe, bensì in quanto assegnate in modo “automatico e generalizzato” anziché, come dovrebbero essere, “caso per caso” a seguito di specifica istruttoria». Lo sottolineano i presidenti delle associazioni balneari Sib-Confcommercio Antonio Capacchione e Fiba-Confesercenti Maurizio Rustignoli, commentando l’avvio della procedura di infrazione europea contro l’Italia sulle concessioni balneari. «La Commissione Ue contesta anche i risultati della mappatura delle spiagge non perché è giuridicamente irrilevante l’accertamento della “scarsità o meno della risorsa”, bensì perché sarebbe stata effettuata a livello nazionale e non territoriale».
«Appaiono pertanto francamente fuorvianti e strumentali le polemiche politiche, visto che la procedura di infrazione non riguarda solo il milleproroghe dell’attuale governo», aggiungono Capacchione e Rustignoli. «Ma soprattutto perché il parere della Commissione europea conferma la necessità della mappatura e in certi casi anche della sussistenza o meno della rilevanza transfrontaliera della concessione. E ciò in netto contrasto con le sentenze dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato».
«Ecco perché ha perfettamente ragione la portavoce della Commissione europea, quando ieri ha sottolineato che questo parere “non pregiudica l’interlocuzione con il governo italiano. Interlocuzione indispensabile, visti alcuni errori evidenti di giudizio (vedi per esempio l’esclusione e non l’inclusione delle aree protette o di quelle portuali e industriali)», concludono i presidenti di Sib e Fiba. «Il governo dunque prosegua e intensifichi il confronto con la Commissione europea. Confidiamo in un costante impegno dei ministeri di competenza. Si evitino polemiche strumentali e fuorvianti in danno di migliaia di famiglie di onesti lavoratori che rischiano di perdere il lavoro e il frutto del loro lavoro».
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