Ancora una volta siamo chiamati a dover rispondere in merito alla questione delle concessioni pertinenziali e della sciagurata applicazione dei “canoni OMI”; questa volta in seguito all’intervista a Walter Galli del Coordinamento concessionari pertinenziali, pubblicata ieri su Mondo Balneare (vedi articolo, NdR).
Sin dal 2007, l’associazione ITB Italia ha chiaramente detto che era inaccettabile, improponibile e deleteria l’applicazione, così come proposta e definita dal governo, dei canoni OMI sulle pertinenze demaniali. Una decisione che avrebbe portato sul lastrico centinaia di famiglie, così come effettivamente sta accadendo.
Già nel settembre 2007, ovvero più di dieci anni fa, da presidente dell’ITB Italia (allora associazione di riferimento di Federturismo-Confindustria), dichiarai la mia contrarietà all’accordo sottoscritto tra l’allora governo Prodi e le altre associazioni di categoria (e con un rappresentante non autorizzato di ITB Italia Federturismo Confindustria), in vista appunto dell’approvazione dell’allora legge Finanziaria 2008. Tutto ciò è documentato, oltre che dalle dichiarazioni dell’epoca, anche dalla lettera che fu inviata al capo di gabinetto della vicepresidenza del Consiglio dei ministri, l’avvocato Ettore Figliolia, nella quale si specificava appunto la contrarietà dell’associazione a quanto discusso e deciso in quel tavolo di confronto. In questa lettera è possibile leggere che “nel merito, si ritiene che il coefficiente 6,5, come del resto ampiamente verificabile, si è dimostrato del tutto improponibile ed altamente di gran lunga più oneroso del famigerato aumento del 300% proposto dalla precedente compagine governativa”.
Consci della gravità della situazione e consapevoli di trovare una soluzione che garantisse equilibrio tra le parti, in quella lettera si avanzava una proposta che prevedeva:
- per le pertinenze demaniali marittime aventi carattere annuale, l’applicazione del coefficiente 2;
- per le pertinenze stagionali che operano dal 1° maggio al 30 settembre, l’applicazione di un coefficiente 1 (si ritiene già sufficiente il canone determinato dalla superficie per la media dei valori mensili unitari minimi e massimi, indicati dall’osservatorio immobiliare);
- per le pertinenze stagionali-orarie (ovvero che operano nelle sole ore di balneazione), si ritiene sufficiente l’applicazione del canone così come previsto per le opere di difficile rimozione, con una eventuale maggiorazione del 30%;
- lo stralcio relativo alla differenziazione secondo la grandezza in percentuali crescenti, oltre che una diversificazione in base alle situazioni regionali e comunali, ritenendo improponibile una misura unica nazionale;
- la diversificazione del canone in relazione all’effettiva e possibile utilizzazione delle pertinenze stesse, secondo le diverse normative regionali e/o comunali, che regolano il settore turistico-balneare, come ad esempio il rilascio di licenze commerciali di carattere stagionale o annuale e anche dove si possono adeguare le strutture secondo i piani regolatori di spiaggia, in modo da essere utilizzati annualmente;
- la necessità (per i concessionari pertinenziali) di considerare il canone già pagato per l’anno 2007, a conguaglio per gli anni successivi.
Insomma, una soluzione possibile che avrebbe dato respiro a tutti i pertinenziali senza andare a penalizzare tutti gli altri concessionari. Per questo, ancora oggi, chiediamo che il governo e la politica tutta riconosca l’errore commesso e che continua a essere perseverato, e che venga annullato il provvedimento presente dell’art.1 comma 256 della legge finanziaria 2006 e di tornare all’impostazione prevista nella vecchia 494/93.
Inoltre vogliamo ricordare che, se passasse la soluzione da sempre proposta dall’ITB Italia, ovvero quella della sdemanializzazione delle aree e delle strutture sulle quali insistono le nostre imprese, potremmo risolvere definitivamente il problema, visto che non sarebbe più necessario ricorrere ai canoni OMI e contemporaneamente si potrebbe trovare una soluzione di conguaglio per le cifre già pagate.
E a quanti dicono, ministri, onorevoli, giornalisti e purtroppo anche qualche collega, che i concessionari di spiaggia già oggi pagano poco, dobbiamo ricordare che oltre ai canoni demaniali siamo chiamati a pagare l’IMU sulle strutture (come se fossimo proprietari), le tasse sui rifiuti con i coefficienti più alti rispetto a tutte le altre categorie, le spese per il servizio di salvamento e per la pulizia della spiaggia (calcolata su tutta la superficie della spiaggia, non solo per il periodo estivo ma anche per quello invernale quando siamo chiusi, includendo anche lo smaltimento dei detriti spiaggiati, come se fosse colpa nostra). Senza poi dimenticare l’IVA al 22%, mentre tutte le altre imprese che operano nel settore turistico hanno l’aliquota al 10%.
Dispiace infine constatare che purtroppo, in questi ultimi anni, anche tra i balneari è passata l’ideologia secondo la quale le imprese balneari siano una vacca da mungere ogni qual volta ce ne sia bisogno; questo, per il bene di tutta la categoria, non possiamo più accettarlo.
In conclusione, frazionare il problema non vuol dire risolverlo. Fare sindacato è tutt’altra cosa.
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