Dopo il maltempo delle scorse settimane, sindaci e funzionari dei Comuni costieri si trovano in estrema difficoltà nel rispondere agli imprenditori balneari che devono ricostruire o, nel migliore dei casi, riparare i danni causati dalle forti mareggiate che hanno flagellato le coste italiane. Purtroppo l’incertezza normativa e giurisprudenziale determina questo stato di cose. Come si può investire avendo un’orizzonte temporale di durata della concessione demaniale di pochi mesi o, al massimo, al 31 dicembre 2024?
Per questi motivi, e in attesa della “riforma organica” del settore balneare, la risposta potrebbe essere nella precisa definizione da parte del legislatore nazionale del procedimento amministrativo per l’attuazione dell’articolo 3, comma 4 bis, del decreto legge 500/1993, convertito con modificazioni nella legge 494/1993, che prevede come «le concessioni di cui al presente articolo possono avere durata superiore a sei anni e comunque non superiore a venti anni in ragione dell’entità e della rilevanza economica delle opere da realizzare e sulla base dei piani di utilizzazione delle aree del demanio marittimo predisposti dalle regioni». Questo consentirebbe di dare una risposta immediata a chi deve riparare i danni delle mareggiate e, al contempo, dare nuovo impulso a progetti di investimento con positivi effetti per l’economia nazionale (basti pensare all’indotto che gravita sul settore balneare).
A fronte del progetto di ristrutturazione che il concessionario presenterà, potrà chiedere una maggiore durata della concessione da sei a vent’anni, e con la pubblicazione della domanda, come avviene già normalmente, si risponderà al requisito della trasparenza previsto dalla normativa vigente. Inoltre con l’eventuale comparazione tra più domande, come prevede il Codice della navigazione, l’autorità concedente valuterà il progetto che risponde al più proficuo interesse pubblico.
Questo procedimento fu disegnato dalla legge regionale della Toscana n. 31 del 2016, ma ebbe la bocciatura da parte della Corte costituzionale non per la previsione dell’indennizzo (che, a fronte di una perizia giurata di stima del valore aziendale compreso l’avviamento, il concessionario entrante avrebbe dovuto riconoscere all’eventuale uscente nella misura del 90%), bensì per il fatto che essendo la materia di competenza dello Stato, necessitava una norma nazionale e non regionale. Oggi l’indennizzo è codificato dalla legge n. 118 del 2022 sulla concorrenza, mentre è necessario definire il procedimento per calcolare la durata della concessione a fronte dell’investimento e riconoscere la validità di una perizia giurata per calcolare il valore dell’indennizzo pari al valore aziendale compreso l’avviamento. Questo procedimento, già utilizzato in diversi Comuni con la sottoscrizione degli atti formali, se fosse statuito in una norma di rango statale, potrebbe dare in breve tempo un po’ di tranquillità non solo alle imprese, ma soprattutto ai sindaci che hanno, con il loro dirigenti, la responsabilità dell’esercizio della funzione amministrativa sul demanio marittimo.
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