di Cinzia Conti
Un ragazzo di 16 anni che gioca a pallone con un bambino di 4 perché sono soli in spiaggia, un bagnino con giacca e pantaloni, un chioschetto che in una mattinata serve un solo caffè, un gestore di stabilimento che passa la giornata a riparare i danni della pioggia piuttosto che ad accogliere i bagnanti. Sono alcune delle scene quotidiane di questi due ultimi mesi su moltissime delle spiagge italiane tormentate dalla crisi ma anche da pioggia, vento e mareggiate.
Nelle Marche, 145 chilometri di spiaggia con 18 bandiere blu, il maltempo è stato implacabile. «La cosa più pesante – racconta Enzo Monachesi, architetto che 20 anni fa ha scelto per passione di diventare un imprenditore balneare allo stabilimento Il Piccolo Lido di Senigallia – è stato il rimbombo del silenzio. Nessuna risata di bambini, nessun rumore di racchettoni, nessuno canto dei ragazzi più grandi, nessun chiacchierio delle signore: per uno stabilimento è terribile. A Senigallia abbiamo avuto l’alluvione a inizio maggio, ci siamo risollevati con orgoglio in tempo per l’estate ma pioggia e freddo non ci hanno dato tregua. Su 9 settimane ne abbiamo lavorate neanche 3. Con i miei colleghi diciamo scherzando che non siamo disoccupati ma ”diversamente occupati”: a pulire e a sistemare dopo pioggia e mareggiate invece che a fare il nostro lavoro. E le spese fisse sono enormi: a Senigallia solo il sistema dei bagnini di salvataggio costa 600 mila euro e erano sulla spiaggia fermi sotto la pioggia. Per non parlare delle spese per i rifiuti, comunque altissime anche se nello stabilimento non c’era nessuno».
In Liguria hanno patito tanto il freddo da pensare quasi a riscaldare gli ombrelloni con le stufe a fungo che si usano nei ristoranti all’aperto d’inverno. Lo racconta scherzando Enrico Schiappapietra dei Bagni Olimpia di Savona, che lavora in spiaggia da quando era ragazzo: «Ricordo burrasche, mareggiate e temporali, ma quest’anno ad agosto l’estate non è nemmeno cominciata. Con 100 ombrelloni passo le giornate contando i clienti sulle dita di una mano. Abbiamo lavorato due mezzi weekend a luglio e 5/6 giorni a giugno. Ho i bagnini con le felpe e i pantaloni e mi sento tanto come una stazione sciistica senza la neve. La cosa più impressionante? Gli anni scorsi i clienti si litigavano la prima fila per stare vicino al fresco del mare, quest’anno i pochi che vedo chiedono solo l’ultima…».
La situazione è molto più complicata in Campania. «Non abbiamo memoria di una tragedia come quella di quest’estate, ma per noi il maltempo è stato solo il colpo di grazia in una situazione già insostenibile», spiega Marcello Giocondo, del Lido Cristall di Pescopagano a Castelvolturno e presidente regionale del Sindacato italiano balneari. «I 50 chilometri del litorale Domizio combattono ormai da anni su tanti fronti diversi: alle spalle dei nostri stabilimenti non abbiamo grandi alberghi ma solo prime o seconde case abbandonate e occupate abusivamente dagli immigrati. I nostri clienti non sono stranieri ma solo famiglie locali tartassate dalla crisi. Abbiamo scontato 30 anni di divieto di balneazione, ora per fortuna rimosso, per i veleni scaricati in mare illegalmente. Siamo presidiati da polizia, carabinieri ed esercito per le ben note vicende di camorra. Insomma lavorare qui e non chiudere è uno sforzo quasi eroico. È possibile che dobbiamo pagare le stesse concessioni di Forte dei Marmi?».
fonte: Ansa – In Viaggio
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