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L’Europa, l’Olanda e le responsabilità verso i balneari italiani

Speriamo che il vergognoso e cinico comportamento di Stati appartenenti all’Unione europea determini l’abbandono definitivo di una visione arrendevole e subalterna rispetto all’Europa da parte delle nostre istituzioni (legislatore ma anche magistratura e pubblica amministrazione). L’Olanda è il paese che per primo e con più determinazione, utilizzando anche toni sprezzanti e provocatori (come la recente dichiarazione del ministro Wopke Hoekstra), si sta opponendo alla ipotesi di strumenti solidaristici e comunitari per affrontare la grave emergenza economica determinata dall’epidemia virale.

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Si tratta di una vicenda dalla quale la nostra comunità nazionale dovrebbe trarre utili insegnamenti e che ci ha fatto tornare alla mente un episodio che riguarda da vicino i balneari italiani. Il 3 dicembre 2015 si svolse a Lussemburgo l’udienza dibattimentale davanti alla Corte di giustizia europea a seguito del rinvio pregiudiziale, effettuato da alcuni tribunali italiani, della legge che aveva prorogato al 31 dicembre del 2020 la scadenza delle concessioni demaniali marittime (causa definita poi con la nota sentenza del 14 luglio 2016 “Promoimpresa”). Potevano partecipare all’udienza i rappresentanti degli altri Stati dell’Unione europea ma nessuno lo fece tranne uno, l’Olanda, che intervenne contro la legge italiana contestando la sua contrarietà alla cosiddetta direttiva Bolkestein. La tal cosa meravigliò molto gli avvocati presenti, tanto da porci tutti l’interrogativo su quale fosse l’interesse nazionale che aveva indotto l’Olanda non solo a condividere la posizione della Commissione europea (cosa che, tra l’altro, aveva già fatto per iscritto con le sue memorie), ma persino a partecipare all’udienza per una ulteriore sottolineatura.

È opportuno ricordare questo episodio non per alimentare l’ostilità verso questo paese, bensì al solo scopo di evidenziare che gli altri Stati europei hanno sempre cercato, contro gli altri partner, di difendere il loro interesse nazionale anche quando era flebile. Chi invece pensiamo non l’abbia fatto con la dovuta forza e assiduità, sono le nostre istituzioni: dal parlamento al governo, dalla burocrazia alla magistratura. Infatti non saremmo stati costretti a tentare di difendere la nostra legge nazionale davanti alla Corte di giustizia europea se non ci fossero stati dei tribunali italiani a richiederne un intervento per la verifica della conformità delle nostre leggi rispetto a quelle europee. E non staremmo, adesso, a lottare contro i ritardi e la mancata applicazione della nostra legge nazionale sull’estensione fino al 2033, se non ci fossero ancora dei magistrati (fortunatamente non tutti), e persino dei funzionari statali, che si ostinano con uno zelo meritevole di ben altra causa, a invocare la direttiva Bolkestein e a non applicare le nostre leggi.

È tempo di superare una visione politica e di cultura giuridica provinciale per la quale le nostre leggi debbano soccombere rispetto a quelle di derivazione europeo, sempre e comunque, ancorché ciò contrasti con un interesse nazionale.

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Antonio Capacchione

Avvocato, presidente nazionale del Sindacato italiano balneari - Fipe Confcommercio dal 2018, già vicepresidente vicario.
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