Ha fatto scalpore la notizia della morte di Pierluigi Ricci, il bagnino di salvataggio di Fano morto per salvare due bambini e il loro padre che si erano tuffati in mare nonostante la bandiera rossa e le onde pericolose. E oltre al lutto e alla solidarietà manifestati in ogni parte d’Italia, il tragico fatto è diventato occasione per riflettere sui comportamenti imprudenti dei turisti che mettono a repentaglio la vita dei marinai con la casacca rossa.
La proposta era già stata avanzata dal Sindacato italiano balneari – Confcommercio dopo un analogo fatto avvenuto un mese fa in Liguria (vedi notizia), e ieri anche Oasi-Confartigianato Pesaro Urbino ha chiesto di rendere legale il divieto di tuffarsi in mare quando è issata la bandiera rossa.
«Operatori Associati Spiagge Italiane – Confartigianato esprime le più sentite condoglianze ai familiari di Pierluigi Ricci, il bagnino di salvataggio che ha perso la vita per salvare tre persone, le quali, nonostante la bandiera rossa e le avverse condizioni del mare, si erano avventurate ove non si tocca mettendo a repentaglio la loro vita e, purtroppo, anche quella dei soccorritori», recita il comunicato dell’associazione.
«La sciagura di ieri e il gesto eroico di Pierluigi dovrebbero indurre i legislatori, ai vari livelli (nazionale, regionale e locale), a modificare le normativa vigente in materia di sicurezza in mare – prosegue Oasi – attribuendo maggiori poteri agli operatori balneari e ai bagnini di salvataggio, tra cui quello di impedire l’ingresso in acqua in presenza di bandiera rossa e condizioni del mare palesemente avverse. L’attuale normativa, infatti, consente ai bagnini soltanto di usare il fischietto e di tentare di dissuadere i bagnanti a entrare in acqua. Al contrario, secondo Oasi, dovrebbe permettere il potere di impedire, in modo maggiormente perentorio, l’ingresso in acqua e di segnalare all’autorità marittima i nominativi di chi prende il bagno nonostante il divieto. Se autorizzata per legge questa è un’azione che, di fatto, possono svolgere soltanto i titolari delle imprese balneari e i loro bagnini di salvataggio, non potendo pretendere, ovviamente, che l’autorità marittima e gli altri organismi di controllo possano presidiare tutte le spiagge con personale proprio».
«L’obiettivo è quello di ridurre le morti per annegamento e di tutelare maggiormente gli operatori del settore balneare, primi tra tutti i bagnini di salvataggio che, nelle attuali condizioni, troppo spesso rischiano la propria vita per salvare quella di chi, nella maggior parte dei casi, non usa la prudenza necessaria e si comporta in modo incosciente», conclude Oasi.
Precisazione del 10 agosto 2017
A seguito dell’articolo sopra pubblicato, il presidente nazionale di Oasi-Confartigianato Giorgio Mussoni ci ha inviato una nota contenente alcune precisazioni. Per leggerla, clicca qui.
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