Nei giorni scorsi il prestigioso The Washington Post ha dato risalto all’inusuale salvataggio di un ragazzo di 14 anni che ha rischiato di annegare al largo delle coste spagnole di Valencia. L’operazione di soccorso è scattata pochi secondi dopo che il malcapitato si è trovato a rischio di annegamento, individuato prontamente dai bagnini che hanno utilizzato walkie-talkie per avvisare i piloti di droni addestrati a farli volare verso il bagnante in difficoltà. Il drone, nonostante i forti venti trasversali, è riuscito a librarsi a pochi metri sopra il ragazzo, lasciando cadere un giubbotto di salvataggio autogonfiabile. Poco dopo che il giovane ha indossato il giubbotto lanciato dal drone, un bagnino è arrivato su una moto d’acqua effettuando il recupero e lo ha riportato a riva (dell’intera operazione è anche disponibile un video).
La missione di salvataggio si è affidata alla tecnologia di General Drones, una società spagnola che offre un’anteprima di ciò che in futuro molto prossimo potrebbe modificare il sistema di salvataggio: quella in cui i bagnini possono utilizzare i droni per rispondere più rapidamente a potenziali annegamenti. Tale tecnologia ha già preso piede in Spagna, dove viene utilizzata su 22 spiagge. In altri paesi, compresi gli Stati Uniti, i bagnini usano i droni solo per la sorveglianza aggiuntiva, mentre in Italia, se escludiamo la sperimentazione avviata questa stagione lungo il litorale di Sottomarina a Chioggia, al momento poco e nulla si è mosso in questo settore, salvo lo sporadico utilizzo del drone in alcune località nel trasporto del defibrillatore e medicinali. Eppure nel nostro paese il drone è invece molto impiegato nella ricerca delle persone disperse, nonché nella vigilanza e nel controllo del territorio. Purtroppo però, duole dirlo, in tema di primo soccorso nelle spiagge italiane siamo ancora agli antipodi con l’uso della bombola di ossigeno monouso e del tiralingua, per cui oggi pensare al drone è un salto decisamente azzardato.
I funzionari dell’azienda spagnola affermano che i droni salvavita forniscono un vantaggio cruciale, soprattutto quando il tempo è essenziale. «Ogni secondo è importante», dichiara al Washington Post Adrián Plazas Agudo, amministratore delegato di General Drones ed ex bagnino di salvataggio. «La nostra prima risposta è di circa cinque secondi… È molto importante ridurre il tempo. […] Questi secondi extra sono vitali in alcuni casi e consentono anche alle squadre di soccorso di avvicinarsi alla persona con maggiore calma e cautela». Il tema è centrale, anche perché secondo la Royal Spanish Lifesaving and Rescue Federation, ben 140 persone sono morte per annegamento accidentale in Spagna nei primi sei mesi del 2022, il 55% in più rispetto allo stesso periodo del 2021.
I problemi del salvamento tradizionale
In Italia il concetto di bagnino di salvataggio è nato agli inizi del 1800, principalmente per soccorrere le persone dai naufragi. Diversi anni dopo, quando i naufragi iniziarono a diminuire e il nuoto ricreativo iniziò a crescere, emersero così non con poche difficoltà le radici del bagnino moderno. Per molti anni, infatti, gli strumenti del bagnino non sono cambiati: i soccorritori che individuavano una persona in difficoltà in acqua si precipitavano a nuoto o lanciavano loro il salvagente anulare, l’unico strumento che agli albori avevano a disposizione, quasi impossibile da trascinare a nuoto, senza poi contare le rudimentali manovre di rianimazione cardiopolmonare che nonostante gli sforzi messi in atto difficilmente portavano a qualche beneficio per la vittima. Ma con l’avanzare della tecnologia, anche l’attrezzatura dei bagnini si è per fortuna adeguata: oggi i bagnini, per raggiungere rapidamente le persone in pericolo sulla spiaggia, hanno iniziato a utilizzare mezzi diversi dal patino a remi, come la moto d’acqua, i gommoni gonfiabili e le tavole da sup. In America e Australia questi mezzi venivano usati sulle spiagge con successo già intorno agli anni ’80, ma in Italia, come sempre molto diffidente a certi cambiamenti nel settore del soccorso in acqua, specialmente quelli proposti da oltreoceano, questi nuovi mezzi hanno trovato la loro collocazione nell’ordinanze balneari solo di recente, grazie al lavoro di alcuni “pionieri” del salvataggio, tra cui posso orgogliosamente vantarmi di farne parte. Negli anni scorsi le aziende hanno anche creato un software per rilevare visivamente i nuotatori in difficoltà nelle piscine, fornendo ai bagnini un sistema di allerta precoce, ma non è chiaro quanto questi sistemi vengono comunemente usati (di questo però parleremo in un prossimo articolo).
Pare che la critica situazione della mancanza di personale addetto al salvataggio nelle spiagge non sia solo un problema italiano. Infatti anche negli Stati Uniti, dove secondo i dati forniti dal Centers for Disease Control and Prevention, circa 3.690 persone annegano involontariamente ogni anno, non se la passano certo meglio: «I bagnini devono ancora affrontare problemi significativi nel salvare le persone», afferma sempre nell’articolo del Washington Post Bernard J. Fisher, direttore del dipartimento salute e sicurezza dell’American Lifeguard Association. «La pandemia ha interrotto la formazione dei bagnini e il mercato del lavoro ha spinto i giovani americani ai concerti estivi, meglio pagati, innescando una carenza di bagnini nazionali che ha costretto un minor numero di persone a monitorare zone più ampie della costa».
«I bagnini devono raggiungere le persone che lottano in acqua il più rapidamente possibile – ribadisce Fisher – e un ritardo di pochi secondi potrebbe fare la differenza tra la vita e la morte. Usare mezzi a motore per raggiungere le persone è costoso e richiede ancora tempo e nuotare per una persona è un processo difficile. I bagnini in acqua si affidano ai colleghi a terra per dirigerli. Ma se la persona che lotta in acqua fosse stanca, potrebbe andare sott’acqua o spostarsi rapidamente lungo la costa, rendendo difficile essere individuata».
L’efficacia e i costi dei droni per il salvataggio in mare
Agudo, che ha trascorso anni come bagnino a Valencia ed è un ingegnere industriale, ha fondato la General Drones nel 2015 dopo un drammatico incidente sulla spiaggia. Stava pattugliando un tratto di costa e insieme a Enrique Fernández, che poi divenne il co-fondatore della sua azienda, vide una donna che stava per annegare. I due corsero verso di lei, ma arrivarono troppo tardi. «Ho potuto vedere come la donna è annegata davanti a me», ha detto. «È stato il punto di rottura». Successivamente, Agudo e Fernández hanno collaborato con gli ingegneri del Politecnico di Valencia per creare un drone che potesse raggiungere le persone più velocemente di qualsiasi nuotatore o moto d’acqua e perciò potenzialmente in grado di salvare più vite umane. I due sapevano che la spiaggia è un ambiente difficile e che ha bisogno di un drone in grado di resistere ad acqua, sabbia e vento, e hanno creato un drone largo circa 60 centimetri e dal peso di circa 10 chili: realizzato in fibra di carbonio e avvolto in un involucro simile a una Go-Pro, impedisce all’ambiente salmastro di erodere le parti meccaniche interne, è dotato di una fotocamera ad alta risoluzione e trasporta due giubbotti di salvataggio ripiegati che si gonfiano una volta al contatto con l’acqua.
Nelle 22 spiagge spagnole che utilizzano tale tecnologia, il drone è stato utilizzato in circa 50 incidenti salvavita. Questi mezzi possono raggiungere velocità fino a 80 chilometri orari e monitorare circa 3,5 miglia di costa. Il drone, chiamato Auxdron LFG, costa circa 40.000 euro per l’acquisto e le province che acquistano il drone sborsano anche 12.000 euro al mese per piloti di droni specializzati, che sono stati addestrati da General Drones per eseguire l’impegnativo compito di far volare un drone nell’oceano, dove i venti sono forti, e di schierare giubbotti di salvataggio proprio sopra qualcuno chi sta annegando. Negli Stati Uniti, alcuni funzionari del servizio di salvataggio hanno affermato di essere entusiasti dei droni, ma allo stesso tempo hanno notato che la tecnologia non può sostituire del tutto i bagnini reali e non verrà adottata su larga scala fino a quando il costo non scenderà.
Chris Dembinsky, il responsabile tecnologico della divisione per la sicurezza delle spiagge della contea di Volusia in Florida, ha affermato di avere quattro piccoli droni a sua disposizione per pattugliare i laghi e le spiagge della sua giurisdizione, tra cui la famosa Daytona Beach. Dembinsky ha detto che non può usare i suoi droni per missioni salvavita in questo momento, poiché sono troppo piccoli per trasportare il salvagente, resistere al vento forte e aiutare a trainare le persone a terra. Per lo più, ha detto Dembinsky, i suoi droni sono usati per pattugliare spiagge e lungolaghi, ma sono comunque stati particolarmente utili nel trovare i kayakisti persi negli stagni e nell’aiutarli a riportarli a riva o nel fornire la loro posizione precisa ai funzionari di pubblica sicurezza per i soccorsi. In futuro Dembinsky vorrebbe aggiungere più droni alla sua organizzazione e schierarli in missioni salvavita, ma solo se i prezzi scenderanno. Il suo budget copre solo modelli più piccoli da 3.000 a 8.000 dollari, che sono più utili per il pattugliamento delle coste. Ma quelli salvavita possono costare decine di migliaia di dollari e al momento sono fuori portata: «Se avessimo quella somma di denaro, probabilmente pagheremmo di più i nostri bagnini». Intanto, nell’attesa di vedere l’utilizzo dei droni per il salvamento su larga scala anche in Italia, forse oltre all’eccellente lavoro che già i bagnini svolgono, si dovrebbe aggiungere una maggiore responsabilità da parte degli utenti che frequentano le spiagge.
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