Se avessimo previsto che la crescita delle spiagge avvenuta in epoca storica, spesso causata dalla nostra azione all’interno dei bacini idrografici, si sarebbe arrestata, anzi invertita, e che il livello del mare avesse ripreso a crescere a causa del riscaldamento globale, anch’esso determinato dalle nostre attività, forse non avremmo costruito città, insediamenti industriali, strade e ferrovie proprio sulla spiaggia. Però quando abbiamo costruito le seconde case al mare, gli alberghi e i villaggi turistici, avevamo tutti gli strumenti per prevedere a cosa saremmo andati incontro. Eppure in quel momento non tutti ne erano consapevoli, mentre ad altri conveniva (o credevano che convenisse) fare finta di nulla.
In altri “Granelli di sabbia” abbiamo già affrontato il tema delle strategie di gestione dell’erosione costiera: difesa a oltranza, adattamento delle strutture in modo da garantirne la funzionalità anche con un livello del mare più altro e una maggiore energia del moto ondoso, arretramento preventivo di tutto quanto potrebbe essere raggiunto dal mare. Vi sono casi in cui la scelta della strategia da adottare sembrerebbe scontata, perché il processo è molto intenso, la spiaggia è sparita da tempo e i fondali antistanti si sono abbassati a tal punto che le onde che raggiungono la costa non possono dissipare che una minima parte della propria energia. La soluzione più logica sarebbe quella di arretrare tutto quanto costruito in prossimità della riva, ma è una cosa impossibile quando si tratta di città, zone archeologiche, insediamenti industriali e importanti vie di comunicazione. In questi casi, allora, la difesa estrema è costituita da muraglioni che impediscono ogni ulteriore arretramento della linea di riva. La loro efficacia è garantita, se vengono costruiti in modo opportuno e costantemente adeguati alle condizioni che si vengono a creare (l’innalzamento relativo del livello del mare) o da essi stessi indotte (l’abbassamento dei fondali antistanti, che richiede un più forte imbasamento e maggiore resistenza dell’opera). Tuttavia, molte sono le critiche fatte a queste difese: la turbolenza che si crea alla base mette più sedimenti in sospensione che possono venire allontanati dalla zona. È questo che determina la sparizione della spiaggia e l’approfondimento dei fondali antistanti, anche se alcuni studi recenti sembrano indicare che il deficit sedimentario complessivo non sia superiore a quello che avremmo senza la difesa.

L’erosione prosegue però nei tratti di costa adiacenti (per alcuni in modo più intenso), cosa che porta all’aggiramento dell’opera e alla necessità di una sua estensione longitudinale.
Queste difese non sono una novità nel paesaggio costiero, in particolare dove la subsidenza ha anticipato gli effetti dell’innalzamento del livello del mare, come in Germania dove già nel secolo XI venivano costruiti argini di terra, analoghi a quelli che fanno ancora oggi le popolazioni rurali dove la roccia non è disponibile a breve distanza. In altri posti venivano invece fatte gabbionate di legno riempite di pietra, come a Venezia alla fine del XVII secolo.
Ma i più antichi muri paraonde in pietra, simili a quelli che si costruiscono oggi, furono eretti in Cina già nell’anno 713 alla foce del Fiume Quintang, e sempre in Cina appaiono le prime scogliere con fondazioni fatte da pali di legno infissi nel suolo. Il primato della Cina è oggi quello di avere la più lunga difesa aderente al mondo: oltre 117 km di massi naturali, rivestiti da blocchi in calcestruzzo prefabbricati con alle spalle una griglia permeabile, sempre in calcestruzzo. Si trova alla foce del Fiume Giallo e difende il secondo campo petrolifero della Cina, dove certamente nessuno va a fare il bagno!

La gran parte delle difese aderenti (o radenti) alla costa è fatta da massi naturali gettati in modo casuale, e sono brutte, difficilmente valicabili e capaci di trattenere ogni sorta d’immondizia. Anche quelle costruite con blocchi prefabbricati, sebbene apparentemente più gradevoli, presentano gli stessi svantaggi. L’alternativa è data da opere in muratura, che consentono di realizzare superfici regolari e di forma diversa, ma la loro costruzione sotto al livello del mare presenta non pochi problemi.
Gli antichi romani scoprirono la pozzolana come malta di coesione fra i blocchi, e proprio la reazione con l’acqua del mare ne consente il consolidamento. Questa tecnica sembra sia stata poi abbandonata nei secoli successivi per essere “reinventata” nel 1700 a Venezia, con la costruzione dei Murazzi, l’opera di ingegneria costiera più avanzata di quel periodo.
Il calcestruzzo ha consentito la realizzazione di strutture dal profilo più complesso, spesso concavo per “sparare” l’acqua dell’onda incidente verso il mare e impedire la tracimazione, cosa essenziale per le dighe dei porti, ma anche per le opere che difendono centri abitati e viabilità. Una difesa costiera che ha fatto la storia dell’ingegneria marittima è il Seawall di San Francisco, in calcestruzzo con parete concava e con un’estensione a scalinata verso il mare sotto alla spiaggia per favorire la sedimentazione della sabbia nei casi in cui mareggiate estreme l’avessero scoperta; cosa che in effetti è avvenuta in diverse occasioni.

Nei centri abitati molto spesso le difese aderenti ospitano le passeggiate a mare, e in molti casi è stata proprio la loro realizzazione che ha motivato la costruzione del muro, cui ha fatto seguito l’erosione delle spiaggia. Purtroppo chi ne ha fatto immediatamente le spese è stata la duna costiera, che abbassata e cementificata, ha perso la propria funzione di riserva di sabbia durante gli eventi estremi.
Oggi le difese aderenti vengono realizzate prevedendone anche funzioni aggiuntive, oltre a quella di opporsi al moto ondoso incidente, per trasformarsi in arredi urbani, costruiti già con percorsi pedonali, spazzi di aggregazione e accessi al mare. Ovviamente ciò è consigliabile solo in ambienti già fortemente antropizzati e quando non è possibile adottare soluzioni meno impattanti. Anche le vecchie difese aderenti possono essere riqualificate, dotandole di percorsi pedonali e ciclabili, esedre di sosta o piattaforme da cui pescare. In realtà le strutture porose possono costituire nursery per i pesci: vi si impianta vegetazione che ne fornisce alimento e paradossalmente contribuiscono alla biodiversità, anche se è discutibile se sia giusto favorire la colonizzazione da parte di specie sessili di un ambiente caratterizzato da un fondo mobile come è un litorale sabbioso.

Il connubio fra difese in muratura, e quindi anche verticali, e possibilità di ospitare organismi marini viene sviluppato da un progetto del Sydney Institute of Marine Science con il Living seawall, dove la parete è costituita o rivestita da blocchi prefabbricati con superficie scabrosa e nicchie nelle quali possono insediarsi gli organismi marini.

In definitiva, se queste opere dobbiamo proprio farle, cerchiamo almeno di farle belle e il più utili possibile! Ma questo argomento richiederebbe approfondimenti assai maggiori, sia per la diffusione delle difese aderenti, sia per le discussioni che si sono sempre portate dietro. È per questo che su queste strutture ci torneremo sopra… e anche sotto!
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3 commenti
pietro di lorenzo says:
Professore complimenti per le verita narrate ed inascoltate. A Isola delle femmine paesino poco distante da palermo c’è uno stabilimento balneare ” Sirenetta”, nato nel 1959 con 20 cabine, con grossi problemi di gestione con continui moti ondosi di ” Maestrale” annegamenti, cabine che il mattino non c’erano piu, tutto qusto mi ha portato a riflettere e pensare come risolvere la questione del domani. Negli anni 80 abbiamo scavato con buldozer circa 40 mt di terriccio e roccia a monte della spiaggia per un fronte di 200mt, oggi mi ritrovo con una spiaggia di circa 70mt che tutti m’invidiano, guai a mettersi in testa di fermare il mare.
Enzo Pranzini says:
Pietro, mi piacerebbe vedere le foto prima e dopo, se le hai. Le userei nelle mie lezioni/conferenze. Bisogna favorire e incentivare l’arretramento, anche con norme specifiche e interventi come la defiscalizzazione. Se si usasse una piccola parte del tesoretto in arrivo dall’Europa per delocalizzare alcune strutture, sarebbero tutti soldi che non dovremo spendere nel futuro per le difese costiere, con grande vantaggio per l’ambiente e maggiore certezza per gli operatori. Ma non mi sembra sia nei piani del Governo!
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