«Con il “decreto agosto”, il consiglio dei ministri ha posto fine a un’ingiustizia lunga 13 anni in danno di 300 aziende italiane che hanno avuto la colpa di gestire in concessione beni in muratura realizzati sul demanio e incamerati dallo Stato e che, solo per questo, si sono visti aumentare i canoni di concessione sino al 3000%». Lo afferma Bartolo Ravenna, avvocato demanialista che ha seguito la vicenda dei concessionari pertinenziali, commentando l’inserimento nel decreto agosto di una legge che risolve la stortura dei maxi canoni Omi.
«In pratica – spiega l’avvocato Ravenna – chi pagava 10.000 euro l’anno si è visto, dalla sera alla mattina, richiedere sino a 300.000 euro. Tale stortura in uno stato di diritto non è accettabile; ma nonostante ciò, è riuscita a sopravvivere per 13 anni. E questo non può che far riflettere».
Prosegue Ravenna: «Non tutti hanno avuto la possibilità di sopravvivere. Penso al Politeama di Viareggio, al Delfinarium di Rimini, alla Barcaccia di Bari e a tante altre storiche realtà costrette a chiudere i battenti. E molti altri pertinenziali sono sopravvissuti sanguinando e hanno le decadenze in corso. Ora i canoni Omi – ovvero quei canoni di mercato che il governo Prodi decise di introdurre per premiare chi aveva cura dei gioielli dello Stato – non ci sono più. Ma nessuno potrà risarcire chi è imprenditorialmente scomparso a causa di una legge dello Stato che tutte le forze politiche di maggioranza e opposizione hanno giudicato ingiusta, anche in considerazione della grande sperequazione che aveva partorito tra strutture in muratura incamerate e strutture in muratura non incamerate.
Penso per esempio al Lamparino e alla Lampara di Cattolica, cioè due esercizi attaccati l’uno all’altro che pagavano rispettivamente 500 e 70.000 euro. E che però dovevano vendere la pizza o il caffè allo stesso prezzo per evitare di essere tagliati fuori anche dal mercato».
«Insomma, giustizia è fatta e non è assolutamente corretto parlare di sanatoria, peraltro adombrando un regalo all’intera categoria dei concessionari demaniali», conclude Ravenna. «Chi afferma ciò è fazioso o è ignorante, nel senso che non conosce la dolorosa vicenda delle 300 famiglie italiane. Basta cercare sul vocabolario della lingua italiana per avvedersi che la sanatoria è l’estensione di un’indulgenza a favore di chi è responsabile di mancanze o infrazioni. Nel caso, come riconosciuto dal parlamento unanime, nessuna infrazione o mancanza cosciente e volontaria è stata posta in essere dai pertinenziali, che hanno invece patito una plateale ingiustizia cui il governo, forte dell’unanime consenso parlamentare, ha finalmente deciso di porre fine con decretazione d’urgenza. Quindi nessun regalo e nessuna sanatoria, ma solo l’eliminazione di una legge che ha fatto tanto danno a una fetta di imprenditoria sana e laboriosa che, nonostante tutto, si è sforzata, per anni e anni, di garantire un servizio di qualità. È solo per questo che il governo italiano ha consentito, a ciò che rimane della categoria, di rimettersi in sesto pagando cifre comunque significative e finalmente consentendo allo Stato di introitare somme, somme vere e non numeri rimasti per oltre un decennio sulla carta».
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