Le concessioni degli stabilimenti balneari rappresentano un’occasione di guadagno e pertanto devono essere messe a gara. Lo afferma un’eclatante sentenza del Consiglio di Stato emessa nei giorni scorsi, la n. 4610 del 17 luglio 2020. In particolare, i giudici di Palazzo Spada hanno sottolineato la necessità «dell’esperimento della selezione pubblica nel rilascio delle concessioni demaniali marittime, derivante dall’esigenza di applicare le norme conformemente ai principi comunitari in materia di libera circolazione dei servizi, di par condicio, di imparzialità e di trasparenza, derivanti dalla direttiva 123/2006 (c.d. Bolkestein), essendo pacifico che tali principi si applicano anche a materie diverse dagli appalti, in quanto riconducibili ad attività suscettibili di apprezzamento in termini economici». Questo perché, prosegue la sentenza, «la sottoposizione ai principi di evidenza trova il suo presupposto sufficiente nella circostanza che con la concessione di area demaniale marittima si fornisce un’occasione di guadagno a soggetti operanti sul mercato, tale da imporre una procedura competitiva ispirata ai ricordati principi di trasparenza e non discriminazione».
Nel merito delle procedure di evidenza pubblica, il Consiglio di Stato afferma inoltre che la procedura di rilascio delle concessioni balneari «deve essere caratterizzata dalla preventiva verifica, da parte dell’amministrazione procedente, circa l’esistenza ed il numero dei soggetti interessati ad ottenere il vantaggio economico collegato all’ottenimento della concessione».
Il contenzioso che ha generato la pronuncia del Consiglio di Stato arriva dal Tar di Bari, che con sentenza n. 992 del 9 luglio 2015 aveva respinto un ricorso contro la determina dirigenziale n. 2013/15 del Comune di Bari, il quale disponeva la procedura di rinnovo di due concessioni demaniali marittime. Esaminando il caso, i giudici di Palazzo Spada hanno richiamato il primo comma dell’articolo 37 del Codice della navigazione, il quale afferma che “nel caso di più domande di concessione, è preferito il richiedente che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e si proponga di avvalersi di questa per un uso che, a giudizio dell’amministrazione, risponda ad un più rilevante interesse pubblico“; e l’articolo 9 della legge 17/2006 della Regione Puglia, la quale stabilisce che “nel caso di più domande riguardanti, in tutto o in parte, la stessa area o bene è effettuata, in via combinata e ponderale, in relazione alla tipicità delle aree medesime, la comparazione valutando in particolare le caratteristiche del progetto in ordine alla tutela del paesaggio e dell’ambiente, all’utilizzo di materiali e tecnologie eco-compatibili e di facile rimozione, all’incremento del livello occupazionale, alle concessioni dichiarate decadute o revocate in contrasto con il PCC. In caso di parità, si procede a licitazione privata tra i concorrenti“.
In applicazione a tali norme, il Consiglio di Stato è dunque giunto alle conclusioni sopra citate in merito alle procedure comparative, esprimendo un giudizio inedito, quello sulle concessioni come “occasione di guadagno”, che di sicuro farà dibattere molti giuristi. Intanto per gli imprenditori del settore balneare continuano ad accumularsi sentenze che vanno a sostituire le carenze della politica, colpevole di non avere ancora varato una riforma organica sulla gestione del demanio marittimo che farebbe cessare il caos normativo.
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