In sede di conversione del decreto legislativo n. 198 del 29 dicembre 2022 (noto come “decreto milleproroghe”), è stato inserito dalla legge n. 14 del 24 febbraio 2023 l’articolo 12, comma 6 sexies, che dispone l’ulteriore proroga di un anno (ovvero fino al 31 dicembre 2024) del termine di scadenza delle concessioni demaniali a uso turistico-ricreativo, già uniformemente stabilito al 31 dicembre 2023 dalle sentenze riunite del Consiglio di Stato (le numero 17 e 18 del 9 novembre 2021) e dalla legge n. 118/2022 sul mercato e la concorrenza. Di conseguenza, viene anche disposta la proroga al 31 dicembre 2025 del termine di scadenza delle concessioni nel caso di ragioni oggettive che impediscano la conclusione delle procedure selettive.
Questa scelta da parte del legislatore, meramente dilatoria della complicata questione delle gare pubbliche per le concessioni balneari in scadenza, ha fin da subito sollevato perplessità e preoccupazione tra i dirigenti e i funzionari delle pubbliche amministrazioni competenti, in ragione del perpetrarsi di una situazione di incertezza giuridica e di sostanziale incapacità a disporre di risposte certe rispetto alle sollecitazioni che pervengono dai diretti interessati. Ma c’è di più, nel senso che dal combinato disposto delle altre disposizioni introdotte con la legge di conversione, emerge un quadro normativo piuttosto disorganico, che si ripercorre di seguito.
L’articolo 1, comma 8, lettera a) della legge di conversione, dispone la proroga di cinque mesi dei termini per l’emanazione dei decreti legislativi relativi alla mappatura dei beni pubblici in regime di concessione, fissandone la nuova scadenza al 27 luglio 2023. Alla successiva lettera b) della suddetta disposizione si precisa che fino all’adozione dei decreti legislativi di cui all’articolo 4 della citata legge 118/2022, in materia di affidamento delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive, è fatto divieto agli enti concedenti di procedere all’emanazione dei bandi di assegnazione delle concessioni e dei rapporti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere a) e b) della stessa legge 118/2022. È dunque piuttosto strano che il legislatore non sia intervenuto a modificare anche il termine di sei mesi assegnato al governo per l’emanazione dei decreti legislativi in materia di affidamento delle concessioni demaniali, la cui scadenza resta quindi fissata al 27 febbraio 2023.
È ovvio che questi decreti legislativi difficilmente vedranno la luce prima della conclusione dei lavori del tavolo tecnico consultivo istituito con l’articolo 10 quater del decreto milleproroghe, con la specificazione contenuta nella norma in base alla quale il tavolo tecnico consultivo dovrà previamente acquisire i dati relativi alla mappatura delle concessioni e quindi, in un termine non definito, stabilire i criteri tecnici per «la determinazione della sussistenza della scarsità della risorsa naturale disponibile e della rilevanza economica transfrontaliera». Credo che non possa sfuggire ai soggetti interessati come la risposta a tale quesito assuma una portata di carattere pregiudiziale rispetto all’individuazione delle concessioni da mettere a gara e, di conseguenza, dall’obbligo di applicazione a esse della direttiva Bolkestein.
A completamento del quadro normativo contenuto nel decreto milleproroghe, si richiamano le seguenti disposizioni contenute all’ultimo comma dell’articolo 10 quater, secondo cui, ai fini dell’espletamento dei compiti del tavolo tecnico:
- Il termine del 31 dicembre 2024, previsto ai commi 3 e 4 dell’articolo 3 della legge 118/2022, viene rideterminato al 31 dicembre 2025. Si tratta dei termini previsti, rispettivamente, per il differimento della scadenza delle procedure selettive in presenza di ragioni oggettive che ne impediscano la conclusione, e del termine affidato al Ministro delle infrastrutture per la trasmissione al parlamento di una relazione finale relativa alla conclusione delle procedure di gara. Anche in questo caso è piuttosto curioso che la proroga dei predetti termini venga giustificata con l’espletamento dei lavori del tavolo tecnico e non più semplicemente in ragione dello slittamento dei termini dovuto a difficoltà oggettive nell’espletamento delle procedure selettive.
- Le concessioni e i rapporti previsti all’articolo 3 della legge 118/2022 continuano ad avere efficacia sino alla data di rilascio dei nuovi provvedimenti concessori.
Quindi, provando a sintetizzare:
- in primo luogo viene prorogato al 31 dicembre 2024 il termine di scadenza delle concessioni demaniali a uso turistico-ricreativo, che però mantengono la loro efficacia fino al rilascio delle nuove concessioni;
- in secondo luogo viene conseguentemente prorogato al 31 dicembre 2025 il termine di scadenza delle stesse, in virtù di un provvedimento motivato, nel caso di ragioni oggettive che impediscano il corretto svolgimento delle procedure di gara;
- in terzo luogo l’emanazione dei bandi per l’assegnazione di nuove concessioni resta sospesa, anzi risulta vietata, fino all’approvazione del decreti legislativi previsti dalla legge sul mercato e la concorrenza 2021, la cui emanazione risulta oggettivamente condizionata dall’esito dei lavori del tavolo tecnico consultivo e quindi in un momento successivo rispetto alla conclusione del processo di mappatura dei beni pubblici in regime di concessione, il cui termine di scadenza è previsto al 27 luglio 2023.
In conclusione, l’operato degli uffici comunali in tema di concessioni demaniali marittime resterà in stand by almeno per un ulteriore anno, per poi ritrovarsi con tempi stretti, per non dire insufficienti, qualora si dovesse procedere alla predisposizione degli atti per l’espletamento delle procedure di selezione pubblica. Su tutto questo pesa la spada di Damocle sorretta dai pronunciamenti di due supremi organi istituzionali, ovvero da un lato i rilievi formulati dal presidente della Repubblica e dall’altro gli effetti della già richiamata sentenza del Consiglio di Stato a sezioni riunite.
Il Quirinale, in una nota del 24 febbraio 2023 inviata al presidente del consiglio dei ministri e ai presidenti dei due rami del parlamento, ha evidenziato che «sollevano specifiche e rilevanti perplessità, in particolare, le norme inserite, in sede di conversione parlamentare, in materia di proroghe delle concessioni demaniali e dei rapporti di gestione per finalità turistico-ricreative e sportive», in quanto «questa materia è da tempo all’attenzione della Corte di giustizia europea che ha ritenuto incompatibile con il diritto europeo la proroga delle concessioni demaniali marittime disposta per legge, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati». La già richiamata sentenza nomofilattica del Consiglio di Stato (numero 17 e 18 del 9 novembre 2021, assunta a sezioni riunite, una volta evidenziate le cause di illegittimità dei provvedimenti legislativi di rinnovo automatico delle concessioni per contrasto con le norme della direttiva europea 2006/123 detta “Bolkestein”, proprio in ragione del carattere self executing di tali norme, sancisce perentoriamente il principio secondo cui sussiste l’obbligo di disapplicazione delle norme in contrasto da parte dei giudici e anche da parte della pubblica amministrazione procedente.
Dal punto di vista dei dirigenti e dei funzionari degli uffici demanio dei Comuni, dunque, è chiaro che il quadro giuridico di riferimento risulta ulteriormente aggravato, riproponendosi il dilemma dell’obbligo di disapplicazione delle norme in contrasto con il diritto dell’Unione europea anche rispetto alle disposizioni contenute nel decreto milleproroghe, in specie dopo le osservazioni del capo dello Stato, e conseguentemente si ripropone la problematica relativa alla scadenza posta dal Consiglio di Stato (31 dicembre 2023), pur in mancanza dei decreti legislativi attuativi della delega contenuta nella legge sul mercato e la concorrenza. Si tratta di un vero e proprio cubo di Rubik, ovvero un rompicapo da cui non si vede come uscirne, con il timore per i funzionari della pubblica amministrazione che il perdurare dell’inerzia finisca per alimentare il contenzioso e persino il pericolo della responsabilità per abuso d’ufficio in ragione del mancato adempimento rispetto a obblighi legati alla propria funzione.
In alcune regioni, come la Toscana, da questa situazione di inerzia emergono ulteriori criticità dovute alla mancata adozione di alcuni provvedimenti, i cosiddetti “atti formali“, conseguenti a istanze che richiedono l’estensione fino al termine massimo di vent’anni delle concessioni in essere, a fronte di un programma di investimenti da effettuare sui beni in concessione, in conformità alle specifiche disposizioni contenute in leggi regionali tuttora vigenti che consentono tale estensione temporale, ma che sicuramente non risultano conformi rispetto ai principi contenuti nella direttiva europea “Bolkestein” e nei pronunciamenti della Corte di giustizia europea.
Il dovere di disapplicazione da parte dei dirigenti e funzionari della pubblica amministrazione costituisce un punto di non ritorno e anche su questo aspetto, nel messaggio del presidente della Repubblica, si evidenzia come nel dualismo tra obbligo di disapplicazione e azioni giuridiche da parte dei controinteressati, si corra il rischio di alimentare ulteriormente il contenzioso. Ragioni di buon senso ci spingono tuttavia a ritenere che, prima di ogni azione procedimentale, sia prudente attendere almeno le ulteriori risoluzioni che il parlamento dovrà adottare a seguito dei rilievi del Quirinale, con la speranza che dai prossimi provvedimenti legislativi emerga un quadro giuridico che vada nel senso di una maggiore certezza per tutti gli operatori del settore, nessuno escluso.
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