Con l’inizio di settembre si avvicina il termine della stagione estiva, e con esso gli imprenditori balneari torneranno per l’ennesimo anno a (pre)occuparsi a tempo pieno del riordino normativo del settore, ormai da dieci anni alle prese con la controversa applicazione della direttiva europea Bolkestein sulla liberalizzazione dei servizi che ha portato, nel nostro paese, all’abolizione del rinnovo automatico delle concessioni demaniali marittime senza che sia ancora seguita una riforma a restituire la necessaria certezza d’impresa. Il momento attuale è decisivo: i titoli sono in scadenza il 31 dicembre 2020 e la situazione deve essere, se non risolta, quantomeno inserita nell’agenda di governo entro la fine di quest’anno, dal momento che la materia è molto tecnica e una legge soddisfacente richiede qualche mese per essere scritta, dovendo riguardare non solo il rinnovo delle concessioni ma anche altri aspetti importanti come i canoni, l’Iva, l’erosione costiera. Eppure i segnali giunti fino a oggi sono ancora confusi, e per questo è bene riepilogarli in modo da riordinare le idee dopo le fatiche della stagione.
Sulla Bolkestein il primo segnale del governo è stato incoraggiante, ed è arrivato con il contratto firmato lo scorso maggio da Matteo Salvini e Luigi Di Maio per dare vita alla maggioranza Lega-Movimento 5 Stelle. Nel testo, i due leader si sono impegnati «al superamento degli effetti pregiudizievoli per gli interessi nazionali derivanti dalla direttiva Bolkestein»: una frase che, seppure in maniera generica, ha dimostrato la volontà di risolvere la difficile situazione dei balneari. Il problema è sempre stato il come farlo: è noto infatti che i due partiti su questa vicenda hanno posizioni diverse, con la Lega da una parte che rivendica la totale esclusione dalle gare per le attuali concessioni demaniali marittime, e il Movimento 5 Stelle dall’altra parte che ritiene giuste le evidenze pubbliche per gli stabilimenti balneari.
A sciogliere i dubbi ci ha pensato Forza Italia, che lo scorso giugno è riuscita a far approvare in parlamento una risoluzione per far impegnare il governo a escludere i balneari dalla direttiva Bolkestein, facendo così prevalere la posizione leghista rispetto a quella grillina. E il ministro del turismo Gian Marco Centinaio, in quota verde, ha rincarato la dose con un’importante intervista uscita a Ferragosto sul Sole 24 Ore, in cui ha ribadito che le concessioni balneari non vanno fatte rientrare nella Bolkestein. Il piano di Centinaio prevede la costituzione di un «gruppo di lavoro» a partire da settembre per lavorare alla riforma, tenendosi pronto anche un «piano B» in caso l’Unione europea si dovesse opporre all’esclusione dalla direttiva, che consiste in una «proroga di 30 anni come Spagna e Portogallo».
Allora dove sta il problema?, si chiederanno ora i balneari. Gli intenti del governo sembrerebbero infatti chiari e andrebbero verso la strada da sempre favorita dalla categoria, ovvero la totale esclusione dalle gare – una strada che sarebbe possibile percorrere anche restando nell’ambito della stessa direttiva e dimostrando la “non scarsità” delle risorse. Eppure un ostacolo interno c’è, ed è nel Movimento 5 Stelle: a farlo pensare ci sono le recenti dichiarazioni del ministro alle infrastrutture Danilo Toninelli, che prima si è determinato a far approvare un decreto legge per obbligare i balneari a piantare un inutile cartello sul libero accesso alla battigia – facendo capire la sua avversione contro la categoria – e poi ha dichiarato, dopo la tragedia del crollo del ponte Morandi a Genova, che «questo governo farà di tutto per rivedere integralmente il sistema delle concessioni», riferendosi a tutte le concessioni pubbliche e non solo a quelle autostradali.
Dopo i fatti di Genova, i cinquestelle sono insomma riusciti a far accendere un clima avverso contro tutti i titolari di beni pubblici, avendo gli elettori facilmente dalla loro parte. E dato che la posizione dei grillini sulle spiagge rimane a favore di un’assoluta liberalizzazione (d’altronde questo è sempre stato uno dei loro cavalli di battaglia), resta difficile immaginare come le due componenti di governo potranno accordarsi su un tema delicato come quello dei balneari, partendo da due posizioni opposte ed essendo pur sempre in equilibrio su una maggioranza traballante. La possibilità che il governo corra il rischio di cadere per una spaccatura sulla riforma delle concessioni balneari è remota: il tema, seppure fondamentale per gli imprenditori del settore, resta purtroppo marginale agli occhi dell’opinione pubblica (che anzi è per la maggior parte contraria ai presunti “privilegi” dei balneari, a causa di un giornalismo che fa di tutto per denigrare la categoria anziché raccontare le cose come stanno). È quindi possibile che il governo tenterà di temporeggiare il più possibile, portando avanti una trattativa interna ai due partiti per capire come gestire la vicenda. Ma il rischio, in questo caso, è che i giudici continuino a colmare il vuoto normativo con sentenze avverse ai balneari, come sta avvenendo da ormai troppi mesi. Nel frattempo la scadenza del 2020 si avvicina, e anche se i titoli resteranno validi almeno fino a tale data, non è certo possibile fare impresa e pianificare investimenti senza ancora sapere cosa accadrà dal 2021.
In definitiva, la situazione è urgente ma ancora molto confusa, e per capirci qualcosa di più non resta che ritrovarsi tutti dal 10 al 12 ottobre al SUN di Rimini, fiera di riferimento del settore balneare, da sempre l’appuntamento in cui gli imprenditori si ritrovano per fare il punto della situazione. In particolare, Mondo Balneare sta organizzando due iniziative di grande importanza per tutta la categoria, di cui daremo notizia nei prossimi giorni e che permetteranno di avere le prime ed esclusive anticipazioni sui contenuti della riforma da esponenti politici di primo piano.
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