«Dai balneari ai porti, il governo ha problemi evidenti con la legge sulla concorrenza». Lo afferma il senatore Mario Turco del Movimento 5 Stelle. «È incredibile constatare come l’esecutivo Meloni sia ancora fermo sulle proprie convinzioni assurde in merito alle concessioni balneari. Ancora due giorni fa il ministro Tajani ha voluto ribadire la stanca nenia delle imprese da tutelare, ma forse il ministro dimentica che solo a giugno dello scorso anno Forza Italia, ovvero il suo partito, votò convintamente il ddl concorrenza».
Prosegue Turco: «Nella legge sulla concorrenza, approvata anche dalla Lega, venne trovato un giusto punto di equilibrio tra i diversi interessi contrastanti, tra cui quelli dello Stato e delle imprese del settore, dove si garantivano a queste ultime precise tutele come le premialità in sede di gara e indennizzi a carico del subentrante. Ma nonostante gli ammonimenti del presidente Mattarella e dell’Unione europea, e le chiare sentenze del Consiglio di Stato, il governo Meloni ha voluto sospendere gli effetti di tale legge e insistere nel procrastinare lo status quo senza fornire soluzioni su come superare l’inpasse delle proroghe» (il riferimento è al milleproroghe che ha esteso di un anno la validità delle concessioni, NdR).
«A questo si aggiunge un altro fronte di incertezza, che è quello delle gare per le banchine dei porti, sul quale il governo Meloni ha pasticciato a fine anno in sede di attuazione della legge sulla concorrenza, con la conseguenza di mettere a repentaglio la road map del Pnrr, del quale l’Italia aspetta una tranche di finanziamento da 19 miliardi», aggiunge il pentastellato. «In definitiva, il governo Meloni e le forze di maggioranza dimostrano di avere una sorta di allergia sul tema della concorrenza. A farne le spese è il nostro sistema paese, con investimenti bloccati in due settori nevralgici e il rischio sempre più concreto che da Bruxelles prendano provvedimenti non proprio edificanti nei confronti dell’Italia. Attendiamo adesso l’ennesima retromarcia del governo Meloni, dopo le false promesse della campagna elettorale».
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