Opinioni

Balneari, ricomincia la commedia (ma speriamo che sia l’ultimo atto)

Il settore è ancora in balia di una politica che non riesce a scrivere la necessaria riforma

Sul tavolo del consiglio dei ministri arriva a sorpresa un provvedimento per regolamentare la riassegnazione delle concessioni demaniali marittime tramite gare pubbliche. L’autore della proposta di legge è un funzionario di qualche ministero, ma un politico vicino ai balneari viene a saperlo e comincia a far circolare la voce tra i rappresentanti delle associazioni di categoria. Immediate si levano le proteste, con decine di dichiarazioni in cui i partiti fanno il gioco delle parti tra maggioranza e opposizione e i sindacati tuonano contro i contenuti di un provvedimento sfavorevole agli attuali concessionari, oltre che non concordato in alcun tavolo. Nel giro di qualche ora arrivano rassicurazioni da parte degli esponenti di governo e il provvedimento viene stralciato, finché non risalterà fuori tra qualche mese scritto con parole diverse, ma ribadendo lo stesso concetto.
È il riassunto del copione a cui abbiamo assistito tra il 10 e l’11 settembre scorsi, ma la commedia – anzi la farsa – è la stessa che si ripete da dieci anni. Questa volta la norma era stata inserita all’interno della legge annuale sulla concorrenza, pare per volontà diretta del presidente del consiglio Mario Draghi che ne avrebbe commissionato la stesura a uno dei suoi più stretti consiglieri, tale Francesco Giavazzi. Ma eventi simili, quando non identici nelle dinamiche, li abbiamo già visti durante i governi Berlusconi, Monti, Letta, Renzi, Gentiloni e Conte: ogni volta qualche burocrate scrive un provvedimento per espropriare gli stabilimenti balneari agli attuali titolari e metterli all’evidenza pubblica, seguendo pedissequamente i principi liberisti europei e ignorando qualsiasi forma di tutela o di ammortizzatore per chi ha finora condotto bene le imprese sulla spiaggia, e ogni volta il tentativo viene affossato sotto cumuli di chiacchiere e promesse, senza che mai si apra un dibattito serio sui contenuti di una riforma necessaria e non più rinviabile.

La questione del rinnovo delle concessioni balneari si sta trascinando in questo modo da troppi anni, e più passa il tempo più sarà difficile risolverla, poiché le sentenze dei tribunali continueranno ad accumularsi restringendo sempre di più il campo giuridico in cui poter agire. Eppure sul tema si continua a navigare a vista, improvvisando soluzioni che scontentano l’una o l’altra delle parti in gioco (e quindi scatenando proteste e rifiuti di principio anziché aperture al dialogo) e non, come si dovrebbe fare in un paese serio, mettendo tutti i soggetti interessati intorno a un tavolo per concordare i contenuti di una riforma il più possibile equilibrata e compatibile col diritto italiano ed europeo. A pesare c’è anche la mancanza di un referente unico e competente: salvo poche eccezioni, negli ultimi dieci anni abbiamo assistito a una sfilata di parlamentari, ministri e sottosegretari che si sono rivelati poco seri e inaffidabili. Nel governo Draghi, poi, spicca per inettitudine il ministro del turismo Massimo Garavaglia, che da mesi si fa notare per la straordinaria capacità di non conoscere affatto il settore di cui si occupa il suo dicastero. Se al suo predecessore Dario Franceschini, che oltre al turismo aveva la delega alla cultura, si concedeva la pietosa attenuante di interessarsi solo alla seconda (dove comunque ha fatto e sta continuando a fare danni enormi, ma questo è un altro discorso), Garavaglia solo di turismo dovrebbe occuparsi, eppure basta parlare con qualsiasi rappresentante degli imprenditori del settore – dagli albergatori ai titolari di campeggi, dai balneari alle agenzie di viaggi – per capire come in pochi mesi il leghista sia riuscito a risultare sgradevole a chiunque. Il motivo è semplice: basta sentir parlare il ministro per capire che non ha un’idea dei temi su cui è chiamato a decidere. Solo sulle concessioni balneari, per restare nel nostro ambito, ogni discorso di Garavaglia riesce a essere inutile, vago e contraddittorio, per cercare di accontentare tutti senza in realtà accontentare nessuno.

Eppure la strada è già tracciata ed è solo da completare: la legge 145/2018, oltre a disporre l’estensione delle concessioni balneari al 2033, ha infatti messo nero su bianco i principi di cui la riforma organica del demanio marittimo avrebbe dovuto occuparsi entro i sei mesi successivi, ovvero la mappatura delle aree in concessione e di quelle concedibili, i meccanismi per il calcolo del riconoscimento del valore commerciale e i punteggi premianti da assegnare agli attuali balneari in caso di evidenze pubbliche. Questo dicono anche il diritto europeo, le leggi italiane e le sentenze comunitarie e nazionali: la via possibile per risolvere la questione è insomma una soltanto, bisogna solo iniziare a costruirla definendone i dettagli. Il resto dei discorsi è pura e infondata retorica.

Da quando il primo governo Conte si è dato la scadenza di sei mesi da rispettare, sono passati quasi tre anni e tre diversi esecutivi senza che nessuno abbia scritto una riga, e Draghi ha fatto capire che non intende rinviare oltre. L’attuale premier è proprio quella persona senza scrupoli in grado di prendere una decisione e andare dritto per la sua strada, e il fatto che l’ex presidente della Bce sia espressione dei poteri forti e degli apparati bancari non dovrebbe far dormire sonni tranquilli ai piccoli imprenditori balneari, da sempre giustamente timorosi che le evidenze pubbliche aprano la possibilità ai grandi gruppi multinazionali di impadronirsi delle spiagge italiane. Per questo è necessario pretendere subito l’apertura di un tavolo: chi pensa che sia meglio aspettare l’avvicinarsi della scadenza del 2033 compie a nostro parere un errore, perché così com’è stata scritta – ovvero senza la successiva riforma che rappresenta il suo completamento – la legge 145/2018 è incompleta e inadeguata, perciò verrebbe demolita facilmente dal Consiglio di Stato, dalla Corte costituzionale o dalla Corte di giustizia europea che saranno di sicuro chiamati a esprimersi in merito molto presto, vista la quantità di contenziosi in atto e le ingerenze dell’Antitrust che sta portando in tribunale tutti i Comuni costieri che hanno attuato ciò che una legge di Stato ha stabilito, protocollando il prolungamento di quindici anni sulle concessioni di loro competenza. Prima che la situazione si complichi ulteriormente, occorre dunque blindare l’estensione al 2033 approvando subito un provvedimento che decida cosa accadrà dopo tale data, sperando che sia finalmente l’ultimo atto di una commedia che ormai ha esasperato tutti gli italiani. Balneari compresi.


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Alex Giuzio

Caporedattore di Mondo Balneare, dal 2008 è giornalista specializzato in economia turistica e questioni ambientali e normative legate al mare e alle spiagge. Ha pubblicato "La linea fragile", un saggio sui problemi ecologici delle coste italiane (Edizioni dell'Asino, 2022), e ha curato volume "Critica del turismo" (Grifo Edizioni 2023).
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