I balneari sardi manifesteranno martedì alle 11 davanti alla sede della Regione Sardegna per sensibilizzare la politica e l’opinione pubblica sulla situazione che stanno affrontando i concessionari di spiagge e ormeggi, in seguito alla proposta di riforma del governo Draghi che intende riassegnare i titoli tramite evidenze pubbliche per applicare la sentenza del Consiglio di Stato che ha imposto di farlo entro la fine del 2023. L’iniziativa è organizzata di concerto dalle associazioni regionali Federbalneari, Fiba-Confesercenti, Assormeggi, Borghi turistici Sardegna e Insieme Unidos.
L’intento dell’evento, che suona come un’ultima chiamata per le 1200 micro aziende balneari sarde – spiega una nota degli organizzatori – è quello di manifestare vicinanza alla Regione Sardegna, da sempre vicina anch’essa ai balneari, e condividere un percorso unitario che possa salvare la Sardegna da una riforma a firma dell’attuale governo nazionale, che di fatto dal 1° gennaio 2024 renderà abusive le tante aziende a conduzione familiare che vivono di turismo. A tal riguardo sarà depositato in Regione un documento unitario siglato da tutti i membri della delegazione balneare organizzatrice dell’evento, all’interno del quale sono presenti tutti i requisiti di specifica esclusione della Regione Sardegna dalla riforma nazionale voluta dall’Unione europea».
Parteciperanno alla manifestazione tutte le cariche politiche più importanti della Regione Sardegna, le quali si alterneranno in interventi che inizieranno alle ore 11 e termineranno alle ore 16. Al termine della manifestazione la delegazione unitaria dei balneari, composta dagli organizzatori dell’evento che hanno redatto il documento, sarà ricevuta in Regione per esporre i punti da portare nella prossima Conferenza Stato-Regioni.
«È prevista un’affluenza massiccia da tutta la categoria in Sardegna e senza distinzione di sindacato o associazioni», conclude la nota. «Sarà la manifestazione di tutta la Sardegna unita. È l’ultima chiamata, non ci saranno altre possibilità. Partecipare è un dovere e il lavoro è un diritto».
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