Attualità

Spiagge, le proposte dei partiti e le domande dei balneari

In questa campagna elettorale è l'alta l'attenzione sulla questione balneare. Dal Pd ampio dibattito e positive alleanze, dal Pdl proposte presenti ma troppo generiche. Più assenti sul tema gli altri candidati. La proposta di alcune domande per ottenere risposte più concrete sul tema.

di Alex Giuzio

È tempo di campagna elettorale e la questione balneare, che dovrà essere necessariamente risolta dal prossimo governo, è spesso al centro di incontri e dibattiti organizzati dai vari partiti in lizza per il voto. La proroga delle concessioni demaniali al 2020 è solo una misura temporanea: tutto il mondo dell’imprenditoria balneare è cosciente dell’imminenza di un quadro normativo – o “piano strategico” per riprendere la definizione del ministro al turismo Piero Gnudi – che risolva il vuoto normativo creatosi con la direttiva europea Bolkestein (la quale apre alle evidenze pubbliche delle concessioni demaniali) e delinei un piano di rilancio per un settore che ha bisogno di maturare e affrontare i nuovi competitor internazionali e le sfide ambientali.

I sindacati balneari Sib, Fiba, Cna Balneatori e Assobalneari hanno offerto il loro contributo con il recente documento programmatico (leggilo qui), che avanza concrete proposte al prossimo governo: riscrivere il codice della navigazione del 1942, incentivare gli investimenti e la professionalità tramite una riforma del settore, semplificare la burocrazia, garantire la certezza del diritto, sospendere le procedure di incameramento e la riscossione coattiva dei canoni per le pertinenze demaniali, uniformare l’aliquota Iva che è al 21% per le spiagge e al 10% per tutte le altre imprese turistiche.

Come hanno risposto i partiti politici a queste precise richieste? Iniziamo dal Pd, a cui va il merito di avere analizzato il problema con una visione aperta, organizzando un ampio dibattito tra politica e imprenditoria. Se la ‘Festa nazionale del turismo’ tenutasi a Milano Marittima lo scorso settembre era partita con un documento che non aveva incontrato il favore dei balneari italiani (vedi notizia), la più recente ‘Conferenza nazionale sul turismo’, tenutasi a Roma lo scorso giovedì (e integralmente videoregistrata in questa pagina), ha significato un cambio di rotta che anche i sindacati hanno felicemente segnalato (leggi il comunicato).

Dall’inevitabilità delle evidenze pubbliche, paventata dal responsabile Pd al turismo Armando Cirillo lo scorso settembre, si è passati all’annuncio di un confronto con l’Unione europea per valutare l’esclusione delle imprese balneari dalle aste; annuncio ribadito, oltre che dallo stesso Cirillo, anche dal governatore dell’Emilia-Romagna Vasco Errani e dal suo assessore al turismo Maurizio Melucci, noti per le loro precedenti posizioni più in contrasto con quelle degli imprenditori balneari italiani. Proprio da una frase di Errani si può riassumere il cambio di rotta: «Dobbiamo riaprire il confronto con Bruxelles per fargli capire che la dimensione imprenditoriale balneare italiana non corrisponde alle dinamiche della Bolkestein, ma allo stesso tempo dobbiamo essere capaci di fare un salto con l’innovazione, tramite una norma prodotta da noi italiani e solo successivamente da discutere con la commissione europea, per ribadire che non stiamo mettendo in discussione la competitività e i principi fondamentali dell’Ue, ma che stiamo qualificando il turismo balneare con la protezione dell’arenile e la valorizzazione dell’impresa». Della conferenza di Roma, poi, è stato apprezzabile l’avere messo a confronto l’intero mondo italiano dell’imprenditoria turistica, che ha urlato a gran voce la situazione di crisi nera dovuta a decenni di cattiva gestione di questo fondamentale comparto italiano.

Un confronto di tale portata per ora non è stato offerto dal partito antagonista, il Pdl, che però nel suo programma elettorale ha dedicato uno specifico punto alle concessioni demaniali marittime: «Valorizzazione e stabilizzazione delle concessioni balneari al fine di garantire il rilancio degli investimenti» (tratto dalla pagina 20 di questo documento). Si tratta di una frase molto generica, liberamente interpretabile e che non garantisce affatto l’esclusione dalle evidenze pubbliche né prende atto della necessità di un confronto con Bruxelles. Sul Pdl, poi, pesa la precedente esperienza di governo, durante la quale i tentativi di salvare gli attuali imprenditori di spiaggia sono purtroppo falliti.

Quel che è certo, però, è che il Pdl ci ha quantomeno provato, mentre l’attuale premier dimissionario Mario Monti ha preso tutt’altra direzione: rigida applicazione delle disposizioni iperliberiste europee, vaghe promesse di un ‘tavolo tecnico’ con la categoria mai effettivamente istituito, e alla fine una bozza di decreto emersa in extremis (e dopo il disperato gesto di Marcello Di Finizio sulla cupola di San Pietro) che intendeva mandare a evidenza pubblica le attuali concessioni demaniali dal 2016, con tutte le centinaia di migliaia di euro di investimenti sopra riposti, e senza nemmeno prevedere un equo indennizzo. Perciò non c’è da preoccuparsi se Monti non si sta occupando della questione balneare durante questa campagna elettorale: del professore basta giudicare il precedente operato, certo più sincero rispetto alle promesse dei politici a caccia di voti, di cui non c’è sempre da fidarsi.

Un discorso ulteriore meritano le alleanze. Tornando al Pd, si possono giudicare con ottimismo gli appoggi del Centro democratico e di Sinistra ecologia e libertà. Il partito di Bruno Tabacci, nel suo programma, parla esplicitamente di valorizzazzione delle attuali concessioni demaniali marittime, e soprattutto conta sulla candidatura di David Favia, ex Idv da sempre in prima linea per la tutela degli attuali imprenditori balneari, e di Enzo Monachesi, presidente del Sib Marche e dunque in grado di tutelare la sua categoria in caso venga eletto in parlamento. Il partito di Nichi Vendola, invece, ha delle note e positive posizioni ambientaliste, che potranno certo contribuire alla crescita della coscienza ecologista in spiaggia e all’istituzione di strategie di tutela della costa, oggi più che mai necessarie dopo decenni di costruzioni indiscriminate in alcune parti d’Italia. Insieme al Pdl, invece, sta correndo la Lega Nord, il cui programma ribadisce più volte l’importanza di tutelare le piccole e medie imprese, e che sul turismo riprende esattamente la stessa frase del partito di Berlusconi riportata poco sopra.

Più blande sono le proposte degli altri partiti. Rivoluzione civile, capeggiata da Antonio Ingroia, nel suo breve programma reperito online (vedi qui) accenna a una non meglio precisata "valorizzazione del turismo" e si schiera «contro l’Europa delle oligarchie economiche e finanziarie»; frase che, se applicata alla lettera, vorrebbe la tutela delle attuali piccole imprese balneari contro i potenti gruppi multinazionali che metterebbero le mani sulle spiagge italiane in caso di evidenza pubblica. Lo stesso di può dire di Fare per fermare il declino: le proposte di Oscar Giannino non citano il turismo, ma il breve programma (leggilo qui) dedica un paragrafo alle liberalizzazioni: «Liberalizzare rapidamente i settori ancora non pienamente concorrenziali quali, a titolo di esempio: trasporti, energia, poste, telecomunicazioni, servizi professionali e banche (inclusi gli assetti proprietari). Privatizzare le imprese pubbliche con modalità e obiettivi pro-concorrenziali nei rispettivi settori. Inserire nella Costituzione il principio della concorrenza come metodo di funzionamento del sistema economico, contro privilegi e monopoli d’ogni sorta. […] Affidare i servizi pubblici, incluso quello radiotelevisivo, tramite gara fra imprese concorrenti». Di nuovo, siamo davanti a frasi generiche e liberamente interpretabili; anzi in questo caso il discorso sulle gare dei servizi pubblici può benissimo includere le spiagge (che d’altronde rientrano, seppure erroneamente, nella direttiva europea sui servizi), così come l’affermazione “liberalizzare i settori ancora non pienamente concorrenziali” dipende da come Giannino giudica la posizione degli stabilimenti balneari.

Infine, sul Movimento 5 stelle di Beppe Grillo il discorso si fa complicato: non si trova, nel suo programma (vedi qui), nemmeno una frase applicabile alla questione balneare, né i precedenti discorsi di Grillo e dei suoi uomini permettono di farsi un’idea chiara: l’estrema frammentazione del movimento vede alternarsi, a livello locale, posizioni spietatamente contro gli attuali imprenditori di spiaggia a discorsi a loro favore; ma manca, a livello nazionale, una seria presa di coscienza sul problema. Grillo finora non ha mai assunto una pubblica posizione sulla materia. A suo favore c’è il notevole spazio offerto alla già citata azione di Marcello Di Finizio (vedi qui), si spera per ragioni di solidarietà nei confronti degli attuali imprenditori balneari italiani, e non solo per l’eclatanza di un gesto antieuropeo e dunque filogrillino. Ma ad alimentare l’ambiguità della sua opinione c’è l’elenco "Not in my name" (vedi qui) in cui compare la frase «Not in my name i concessionari di Stato continueranno a lucrare su beni pubblici», di cui sarebbe opportuno chiarire il significato.

Tirando le somme, vale più o meno per tutti i partiti la mancanza di proposte concrete su come uscire dal vuoto normativo aperto dall’abrogazione del rinnovo automatico delle concessioni demaniali, approvata dal governo Monti per chiudere la procedura europea di infrazione. Non si pretende certo che ogni candidato presenti un progetto di riforma del settore turistico, ma quantomeno sarebbe opportuno un giudizio sulle numerose e ragionevoli proposte che i sindacati e i comitati balneari hanno avanzato per evitare le evidenze pubbliche delle concessioni di spiaggia. Oppure occorrerebbe sottoporre delle identiche e mirate domande a tutti i rappresentanti dei partiti, in modo da metterle a confronto e giudicare.

Un gruppo di balneari di Cesenatico ha provato a stilarne una lista e ce l’ha inviata. Simone Battistoni, Bernard Balestri e Fulvio Sanulli, tra i membri di questo gruppo, spiegano che «si tratta di un elenco aperto, al quale ognuno può aggiungere le sue proposte per giungere a una serie esaustiva di domande da sottoporre ai candidati premier o ai responsabili di partito in questi ultimi venti giorni di campagna elettorale». Il tempo non è molto, ma gli incontri a livello locale sono numerosi, e l’impresa è possibile. Chiunque può aggiungere i propri quesiti, sottoporre le domande ai vari politici che incontra, e mettere in rete le risposte. Toccherà poi fare il punto della situazione alla fiera Balnearia di Carrara dal 3 al 7 marzo, quando il governo sarà appena stato eletto e i balneari sapranno con chi dovranno confrontarsi. Nel frattempo, ecco le domande.

  1. Cosa risponde concretamente la politica a chi, in regime di diritto di insistenza, ha investito tutto e ha acceso mutui importanti e a lungo termine per fare impresa e adesso rischia di trovarsi senza lavoro e con ancora i mutui da pagare?
  2. Secondo lei è possibile fare bene l’imprenditore investendo risorse sia economiche che umane, con la scadenza del 2020 scritta sulla schiena?
  3. Tanti politici hanno detto che il problema che affligge i balneari è conseguenza di errori politici, e quindi è la politica che deve risolverlo. Cosa ne pensa? E come risolverebbe la questione?
  4. La direttiva Bolkestein, all’articolo 12 paragrafo 2, prevede che per autorizzazioni limitate, come noi impropriamente veniamo definiti, non si possono accordare altri vantaggi al concessionario uscente, quindi appare difficile gestire eventuali "paletti" a nostro favore. Visto invece che ci sono tanti chilometri di costa che possono essere assegnati come nuove concessioni, possiamo considerarci una categoria da escludere dalla direttiva?
  5. Molti politici fanno bella figura con affermazioni come “tutela delle peculiarità, delle identità locali, della piccola e media impresa, della tipicità italiana e della meritocrazia”, ma poi le linee politiche presentate sembrano agevolare tutt’altro (multinazionali, grandi imprenditori esteri, capitali di dubbia provenienza, eccetera). Lei cosa ne pensa?
  6. Qual è l’elemento fondamentale su cui concentrarsi per sancire la non applicabilità della direttiva Bolkestein sulle spiagge italiane? In quale sede e con quali referenti dovrebbe essere articolato tale dibattito?
  7. Nel contesto balneare italiano e mediterraneo, qual è, a suo avviso, il modello di sviluppo su cui scommettere per il rilancio?
  8. Su quali elementi può essere costruita un’identità unica e desiderabile per il turismo balneare italiano, comprese quelle destinazioni “deboli” e prive in partenza di fascino e attrattiva?
  9. Sarebbe disposto e in grado di inserire nel programma di governo della sua coalizione i punti sintetizzati e condivisi dai nostri sindacati nel loro documento programmatico?

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