I Comuni e la Regione Toscana lanciano un appello unanime a governo e parlamento per varare una norma che decida il futuro delle concessioni balneari, in scadenza il 31 dicembre 2023 e ancora prive di una legge che stabilisca dei criteri uniformi a livello nazionale per riassegnarle. L’appello, lanciato da tutti i Comuni costieri toscani e dalla Regione Toscana, è stato condiviso venerdì scorso al tavolo sul demanio marittimo, che ha visto anche la rappresentanza dell’Anci Toscana. Al centro della discussione, il tema dell’applicazione della direttiva Bolkestein e della prossima scadenza delle concessioni, fissata alla fine di quest’anno dalla legge 118/2022.
«Si tratta di una situazione delicata – commenta il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani – che coinvolge da un lato centinaia di aziende balneari toscane e, dall’altro, le istituzioni che devono adempiere agli obblighi previsti dalle norme e si trovano in una situazione nella quale, davanti all’approssimarsi della scadenza, procedere in ordine sparso potrebbe rappresentare il caos, con un rischio altissimo di contenziosi e ricorsi».
Aggiungono Leonardo Marras, assessore al turismo e all’economia della Regione Toscana, e Sandra Scarpellini, sindaca di Castagneto Carducci e coordinatrice del tavolo istituzionale del demanio marittimo, che erano presenti all’incontro: «In assenza di indicazioni certe che solo il governo può dare, risulta impossibile procedere con l’assegnazione delle concessioni assicurando l’omogeneità delle regole sul territorio nazionale e l’uniformità di trattamento agli operatori». Per questo Regione e Comuni hanno concordato di procedere in maniera unitaria, annunciando di voler coinvolgere anche le associazioni di categoria in una prossima riunione da tenersi a breve.
«In Toscana la mappatura delle aree date in concessione e di quelle concedibili è stata completata – concludono Marras e Scarpellini – e ha rivelato che meno della metà della superficie costiera è oggetto di concessione. La situazione è ben governata, pianificata e dunque “ordinata”, ma c’è comunque l’esigenza di avere indicazioni chiare che provengano dalla legge dello Stato, altrimenti i Comuni dovrebbero avviare le procedure selettive senza conoscerne le modalità e avere i riferimenti legittimi».
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