Attualità

Riforma spiagge procede in Senato, ipotesi voto di fiducia

Regioni e associazioni di categoria, ricevute in audizione, sono ancora contrarie ad alcuni passaggi del provvedimento, ma il governo tira dritto

L’iter della riforma delle concessioni demaniali marittime procede spedito e nei prossimi giorni si saprà se i miglioramenti richiesti da Regioni e associazioni di categoria avranno un riscontro concreto. Martedì la X commissione del Senato ha ricevuto in audizione le sigle sindacali del settore (il confronto, durato tre ore, è stato trasmesso sulla web tv del Senato) e lunedì prossimo scade il termine per la presentazione degli emendamenti; dopodiché il testo passerà al voto in aula. La proposta del governo – inserita nel ddl concorrenza per recepire quanto imposto lo scorso novembre dal Consiglio di Stato – consiste nella riassegnazione delle concessioni demaniali tramite gare pubbliche entro la fine del 2023, ma gli imprenditori del settore sono spaccati: alcune sigle sindacali ritengono le gare ormai inevitabili e puntano tutto sul riconoscimento di un indennizzo pari al valore aziendale calcolato sui beni materiali e immateriali, non previsto nella bozza approvata in consiglio dei ministri; altre invece ritengono ancora possibile escludere gli stabilimenti balneari dalle evidenze pubbliche e concentrano le loro richieste in questa direzione.

Oggi alle 11 la categoria sarà in piazza a Roma per manifestare contro il ddl del governo, con al fianco anche molti sindaci di località balneari e governatori regionali. È dalle Regioni, in particolare, che arriva il sostegno più netto alle istanze dei balneari: come ha sottolineato l’assessore al demanio della Liguria Marco Scajola, coordinatore del tavolo interregionale sul demanio marittimo, il governo è colpevole del «mancato coinvolgimento delle Regioni» sul piano del metodo e della «mancata considerazione del valore aziendale» sul piano dei contenuti. Nel corso dell’audizione di martedì, Scajola ha sottolineato che «il riconoscimento del valore aziendale e il principio del legittimo affidamento dovrebbero rappresentare un punto fermo dal quale partire, così come peraltro ci era stato assicurato. Preoccupante, inoltre, è la sottovalutazione del periodo transitorio, considerando che la scadenza del 31 dicembre 2023 è assolutamente troppo breve per qualsiasi tipo di ragionamento. Questa azione precipitosa da parte del governo rischia di mettere in difficoltà i territori, in particolare i Comuni, nel dover gestire in breve tempo delle evidenze pubbliche, che certamente porteranno a dei contenziosi e che rischiano di creare uno stallo pericoloso nel sistema turistico nazionale».

Il governo, tuttavia, pare intenzionato a tirare dritto e nelle ultime ore si è fatta sempre più insistente la voce sul voto di fiducia, ovvero un “prendere o lasciare” che impedirebbe alle forze politiche di proporre qualsiasi modifica. L’orientamento del parlamento rappresenta una grande incognita: a eccezione del Movimento 5 Stelle, che da sempre spinge per le gare immediate, non è ancora chiaro fino a che punto gli altri partiti di maggioranza sosterranno le istanze delle associazioni balneari a costo di far cadere il governo oppure metteranno da parte le promesse fatte negli ultimi anni per accettare la riforma proposta da Draghi. Certo è che la questione va chiusa il prima possibile: in assenza di una riforma, gli effetti della sentenza del Consiglio di Stato sarebbero comunque validi e perciò i Comuni sarebbero costretti a indire le gare pubbliche entro il prossimo anno, senza alcun paracadute per gli attuali concessionari. Proprio su questo si fondano gli attriti tra gli imprenditori rassegnati ad accettare il “meno peggio” (ovvero le evidenze pubbliche con indennizzo in caso di perdita dell’azienda) e quelli che invece sono ancora convinti che sia possibile evitare del tutto le gare (ma col rischio di precipitare in un burrone in caso di fallimento).

A complicare la situazione ci sono poi altri interessi in campo: da una parte l’associazione ambientalista Legambiente e il comitato Mare libero, anch’esse ricevute in audizione al Senato, che chiedono le gare immediate e senza alcuna tutela per gli attuali concessionari, nonché l’aumento della percentuale di spiagge libere nei litorali più occupati da stabilimenti balneari; dall’altra gli imprenditori di settori limitrofi come i porti turistici e gli hotel, che rivendicano un trattamento differenziato nell’ambito della riforma: il direttore di Federalberghi Alessandro Nucara ha chiesto infatti di valutare una soluzione «analoga a quella adottata dalla Grecia, che assegna le spiagge prospicienti gli alberghi e i campeggi direttamente alle strutture ricettive», mentre il presidente di Confindustria Nautica Saverio Cecchi ha sottolineato che «l’emendamento del governo, pur riconoscendo la specificità di porti e approdi del diporto, gli applica direttamente le norme previste per le spiagge, come per esempio la previsione di assicurare la costante presenza di varchi per il raggiungimento della balneazione, che in un approdo è vietata per ovvie ragioni di sicurezza; o il frazionamento delle concessioni portuali in piccoli lotti e la preferenza che deve essere assicurata per le attrezzature completamente amovibili, che non possono evidentemente trovare applicazione per i porti».

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Alex Giuzio

Caporedattore di Mondo Balneare, dal 2008 è giornalista specializzato in economia turistica e questioni ambientali e normative legate al mare e alle spiagge. Ha pubblicato "La linea fragile", un saggio sui problemi ecologici delle coste italiane (Edizioni dell'Asino, 2022), e ha curato volume "Critica del turismo" (Grifo Edizioni 2023).
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