di Fabrizio Licordari
Cosa accade in Portogallo e in Spagna sulle concessioni balneari?
In Portogallo nel 2007, recependo una direttiva europea, è stato approvato il decreto legge denominato “Legge di Acqua” dove troviamo il diritto del concessionario uscente a essere preferito rispetto ad altri concorrenti (è lo stesso articolo che la Commissione europea ha fatto abrogare all’Italia con la procedura di infrazione del 2009); il rinnovo prevede la durata delle concessioni esistenti fino a 75 anni. Nessuna procedura d’infrazione è stata posta in essere per il Portogallo dal 2007 a oggi.
In Spagna nel 1988, dopo una disattenta politica di urbanizzazione delle coste, che ha provocato la costruzione sconsiderata nelle aree costiere più pregevoli del paese, il governo blocca ogni tipo di intervento promulgando la Ley de Costas del 1988 che va a disciplinare e tutelare l’ambiente costiero iberico, demanializzando (espropriando) tutto ciò che era stato costruito sulla costa, ma concedendo in contropartita ai proprietari, privati e aziende, una concessione di 30 anni con scadenza nel 2018. Gli investitori stranieri, ex proprietari e oggi concessionari, fortemente preoccupati dell’imminente scadenza del 2018, attraverso una forte azione di lobby in ambito UE, ottengono prima una relazione svolta dalla deputata danese Margrete Auken, che invoca l’art. 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea riguardante il diritto di godere della proprietà dei propri beni, e poi il viatico da parte della commissaria europea alla Giustizia Viviane Reding che avvalla la legge di riforma della Ley de Costas con un comunicato stampa del 3 agosto 2012. Viene varato così dal Regno di Spagna il nuovo provvedimento legislativo, la Ley de Costas del 2013, che prevede una proroga secca da 30 a 75 anni delle concessioni in essere in base alla loro tipologia, senza le procedure di evidenza pubblica imposte invece per l’Italia praticamente nel corso dello stesso periodo temporale.
Ma non è tutto. Facendoci aiutare da alcuni articoli del Pais, il maggiore quotidiano spagnolo, apprendiamo che in Spagna l’industria turistica è la prima industria nazionale e il 29 marzo del 2009 un articolo denuncia che solo uno su cinque stabilimenti balneari della Costa del Sol è in regola. L’autorevole giornale chiarisce che la situazione è ormai insostenibile, poiché solo il 21% degli stabilimenti balneari aperti ha una concessione regolare. Perciò si pone il problema di come rendere compatibile il rispetto della normativa e la protezione ambientale con le attività di un settore strategico per l’economia. Ed ecco allora il legislatore spagnolo che interviene sia nella direzione auspicata da Bruxelles per tutelare chi aveva fatto investimenti di tipo residenziale, sia per sanare tutte quelle situazioni irregolari venutesi a creare dopo la legge di riforma del 1988 che prevedeva, tra l’altro, il divieto di qualsiasi insediamento entro i 100 metri dal mare. Infatti, se approfondiamo la lettura del testo spagnolo, scopriamo all’interno del regolamento attuativo una disposizione che permette, a chi ha una concessione scaduta o in via di perfezionamento e che ha continuato a esercitare l’attività, il diritto di preferenza da esercitarsi nei sei mesi successivi all’entrata in vigore della legge.
Ciò che ho circostanziato è la palese volontà del legislatore ispanico di proteggere e valorizzare le imprese turistiche della costa che rappresentano – come cita sempre il Pais – un settore strategico per l’economia.
100 deputati socialisti del parlamento spagnolo hanno impugnato questa legge presso il Tribunale Costituzionale spagnolo, ma con scarso risultato, perché qualche tempo dopo la sentenza della Suprema Corte ha avvallato la costituzionalità della nuova regolamentazione della Ley de Costas del 2013 anche in relazione alla proroga delle concessioni demaniali, ben argomentando che “la concessione demaniale è configurata come un titolo di occupazione del demanio pubblico” e che perciò si tratta di un affidamento di un bene pubblico e non di un servizio.
Nessuna procedura d’infrazione è stata posta in essere per la Spagna dal 2013 a oggi, e non è difficile prevedere che mai sarà aperta, visto che la Ley de Costas va a tutelare gli interessi di molti investitori tedeschi, inglesi e olandesi.
È indiscutibile che i concessionari di questi paesi oggi hanno un palese vantaggio nei confronti di quelli italiani, per via della certezza d’impresa acquisita con una proroga consistente che consente loro pianificazione, investimenti e miglioramento dell’offerta turistica.
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