di Alex Giuzio
Ha già destato l’attenzione degli imprenditori balneari italiani l’evento Cer-Sea, un’iniziativa organizzata a Bologna per «ipotizzare le spiagge di domani in una mostra visionaria e propositiva che, partendo dall’imminente scadenza rappresentata dalla direttiva Bolkestein della Comunità Europea sulle concessioni demaniali, esamina le possibilità di sviluppo degli stabilimenti balneari nell’immediato futuro». Questo recita la presentazione della mostra, organizzata nell’ambito del Cersaie, il Salone internazionale della ceramica per l’architettura e l’arredo bagno, in programma alla Fiera di Bologna dal 22 al 26 settembre prossimi.
Sono parole, quelle espresse dal comunicato stampa, che hanno scatenato molto interesse per la visione, ma anche perplessità e qualche critica da parte degli operatori del settore: alla direttiva Bolkestein si sono infatti sempre opposti gli attuali imprenditori balneari, e ancora oggi il governo italiano non ha applicato le prescrizioni europee. Eppure, Cer-Sea afferma che «la durata delle concessioni e la periodicità degli investimenti richiesti possono essere affrontati ripensando il modo di concepire gli stabilimenti e le attività commerciali in essi sviluppate».
Abbiamo rivolto alcune domande all’architetto Angelo Dall’Aglio, organizzatore della mostra insieme al collega Davide Vercelli, per chiedere qualche delucidazione sull’evento e sulle loro idee in merito al futuro degli stabilimenti balneari. Secondo l’architetto, la direttiva Bolkestein è inevitabile ma sarà un’opportunità anche per gli attuali imprenditori balneari: in questa lunga chiacchierata, soprattutto nelle domande finali, ci spiega perché.
Architetto Dall’Aglio, innanzitutto in che cosa consiste Cer-Sea?
«Si tratta di un progetto di concept di uno stabilimento balneare, che sarà visibile all’interno della fiera al padiglione 33. Cercheremo di mostrare come potrebbero essere gli stabilimenti balneari del futuro, attraverso alcuni elementi che potranno essere valutati e interpretati come suggerimenti per gli operatori del settore, i progettisti e la coscienza collettiva. Con Cer-Sea non vogliamo definire un modello, bensì far vedere su che livelli si può agire sui nostri arenili per non impattare sull’ambiente e trovare soluzioni economicamente vantaggiose, dato che la direttiva Bolkestein dovrà prima o poi essere recepita adeguatamente dall’Italia, poiché l’Europa ce lo chiede e perché altrimenti finiremo in infrazione. Immaginiamo che, restringendo i tempi di concessione, gli operatori che vogliono investire sugli arenili dovranno trovare soluzioni intelligenti, veloci e facilmente montabili e smontabili; e soprattutto che, per ammortizzare i costi, si faranno pressioni su Regioni e Comuni per chiedere l’allungamento della stagione, anche perché moltissime persone vanno al mare d’inverno per respirare un’aria diversa, con meno gente e con una bellezza maggiore del mare di cui godere».
Il settore balneare ha bisogno di questi cambiamenti radicali per innovarsi?
«Con questi cambiamenti, il settore balneare potrebbe essere una delle prime voci del Pil italiano. Viviamo in una penisola con circa 7500 chilometri di costa, la maggior parte dei quali sono pieni di metri cubi di manufatti dismessi, oppure devastati dal cemento, deserti, malcurati o utilizzati come discariche. Oltre al piano sovranazionale della normativa Bolkestein, occorre una strategia nazionale per la riqualificazione dei nostri arenili e lo sfruttamento di tutte le loro potenzialità».
Come avverrà secondo voi questa riqualificazione?
«Con Cer-Sea daremo dei suggerimenti in forma di concept, allestendo uno stabilimento balneare ideale costruito in mezzo a una pineta, dimostrando come si possa costruire senza impattare sul territorio, non utilizzando un solo chilo di cemento. I pavimenti saranno in ceramica flottante e legno flottante, sotto i quali idealmente si possono far girare gli scarichi e le tubazioni degli impianti. Al di sopra, invece, la costruzione sarà in strutture prefabbricate di legno lamellare coibentate, che possono essere tamponate con ceramica e carta da parati. Per gli operatori, gli architetti e i progettisti in genere sarà uno stimolo a costruire qualcos’altro. Soprattutto, mostreremo come questo stabilimento balneare possa essere utilizzato sia in estate che in inverno: la mostra avrà infatti due aree, una estiva e una invernale. Nella versione estiva ci sarà un bar soppalcante che replicherà una situazione con musica e aperitivo, e sarà disegnata come se fosse un teatro, prendendo spunto dagli antichi romani che costruivano le loro arene in riva al mare per avere una quinta naturale. Le strutture prefabbricate saranno disposte per ospitare una serie di servizi che pensiamo il gestore dello stabilimento balneare potrà inglobare per ammortizzare i costi in relazione alle concessioni più brevi: dalla parrucchiera, alla palestra, al negozio di articoli da mare. Nella parte invernale, invece, ci sarà la parte più emozionale: un percorso spa-wellness che finisce un giardino d’inverno con camino e divani, dal quale si potrà guardare, attraverso la vetrata, il mare d’inverno con la neve sulla spiaggia. Si tratterà di un ambiente coordinato ed emozionale, per far sentire davvero i visitatori all’interno di uno stabilimento balneare e non di una fiera. Sono numerose le aziende che hanno aderito con entusiasmo a questo progetto, poiché hanno capito che qualcosa sta cambiando: da quelle proprie della ceramica e dell’arredo bagno presenti da sempre a Cersaie, alle merceologie entrate per la prima volta quest’anno di pavimenti e rivestimenti – come carta da parati, marmo, legno, pietra – e infine alcune importanti aziende dei settori moda e arredamento come Foscarini, Vitra, Gianni Vigone, Technogym, Focus».
Perché l’ente fiera e queste aziende al di fuori della tradizionale offerta balneare hanno preso a cuore il progetto?
«Intendevamo mostrare delle suggestioni e creare lo stimolo perché le cose cambino, senza alcuna pretesa di assolutismo. Abbiamo giocato molto con la fantasia, a volte su situazioni limite non riproducibili, ma questo serve a intrigare il visitatore. Recandoci sulle nostre spiagge, ad esempio sul litorale romagnolo che è forse più avanzato, possiamo osservare soprattutto dei lotti piccoli e lunghi con delle cabine e delle strutture in cemento armato che sono in questi luoghi da più di 60 anni. Secondo noi, dovendo stringere i tempi di concessione, si arriverà a un accordo per cui probabilmente lo Stato chiederà all’imprenditore di dimostrare quanto ha investito per potergli allungare la concessione, o qualcosa di simile. Chi non riuscirà a stare dentro questo cambiamento venderà la sua attività, chi invece vorrà resistere si potrà unire al suo vicino oppure acquistare più concessioni per creare stabilimenti balneari più grandi, aumentando le esperienze e i servizi».
Ma ancora oggi non si sa come e se la direttiva Bolkestein verrà applicata in Italia, essendo gli imprenditori balneari i suoi primi oppositori.
«Sì, è ancora tutto in divenire, ma senza entrare nei meandri della politica, immaginiamo che qualcosa cambierà e dovrà cambiare. A quel punto la necessità sarà di montare e smontare velocemente le strutture, magari per portarle dopo qualche anno da un’altra parte e ricostruire il proprio stabilimento balneare su un’altra concessione».
Questo vostro spunto che parte dalla direttiva Bolkestein ha però suscitato polemiche e critiche: tutto è ancora incerto per gli imprenditori balneari, ma si pensa già al loro futuro.
«In realtà la normativa è molto chiara, e in Italia dovrà essere applicata entro il 15 ottobre. Se non ci affrettiamo saremo passibili di infrazione come la Spagna, che ha posticipato le concessioni al 2090. Ma non si può continuare a rimandare i problemi in questo modo, senza arrivare da nessuna parte».
Eppure le concessioni balneari italiane sono state già rimandate dal 2015 al 2020, proprio per avere più tempo per decidere.
«Ma non è scritto da nessuna parte che questa proroga sia valida. Se non vogliamo pagare cifre immonde all’Europa, si dovrà arrivare da qualche parte concreta. Capisco che gli operatori balneari siano arrabbiati perché si minacciano la loro vita e i loro guadagni, ma se c’è questa normativa, non si può fare tanto diversamente. Sono sicuro che si arriverà a un accordo che porterà cambiamenti notevoli, obbligando gli imprenditori a ristrutturare. E questo non è solo un problema italiano ma europeo, e per questo lo affrontiamo al Cersaie, che per il suo settore è la fiera più importante al mondo, con oltre la metà degli operatori provenienti dall’estero. Il concept di Cer-Sea potrà essere preso ed esportato: si tratta di un’operazione molto alternativa di fare fiera, perché vogliamo anticipare il mercato e non subirlo come la maggior parte delle altre fiere, ma soprattutto dare a una serie di aziende italiane l’opportunità di andare all’estero, da quegli imprenditori che apriranno uno stabilimento balneare nel resto d’Europa e che grazie a noi avranno già una serie di aziende che potranno essere utili al loro fine».
E per gli imprenditori balneari italiani?
«Naturalmente, il futuro che mostriamo riguarda anche chi già possiede una concessione balneare. Sono sicuro che lo Stato non può cacciare via gli attuali imprenditori dopo tanti anni, obbligandoli a chiudere la porta. Cer-Sea è dunque dedicata soprattutto a loro. Ricordiamo che il decreto sblocca-Italia apre a nuove possibilità di costruire sul demanio marittimo, facendolo utilizzare a chi ha già creato progetti di sviluppo: chi dovrà costruire ex novo dovrà tenere presente una serie di fattori che nel 2014 non possono più essere ignorati, come l’impatto zero sull’ambiente. E questo vale inevitabilmente anche per chi dovrà ristrutturare, come sono sicuro la nuova legge incentiverà. Mi auguro che il governo vari qualcosa di intelligente, coordinato e ragionato, in modo da aprire un bel volano economico tra chi dovrà costruire nuovi stabilimenti e chi dovrà ristrutturare quelli esistenti. Dovremo creare qualcosa di bello, fruibile ed emozionale sempre e comunque, e chi seguirà questa strada aumenterà la propria platea di pubblico e il proprio giro di affari».
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