di Alex Giuzio
«Il negoziato sulla riforma del demanio marittimo è ad oggi bloccato: la Commissione Ue vuole attendere la pronuncia della Corte di giustizia europea prima di approvare la nostra strada del doppio binario, e anche secondo il governo italiano non ha senso legiferare prima». Così il sottosegretario Sandro Gozi ieri alla Festa provinciale dell’Unità di Ravenna, dove è intervenuto a un incontro sulla direttiva Bolkestein insieme all’assessore regionale al turismo dell’Emilia-Romagna Andrea Corsini, alla presenza di centinaia di imprenditori balneari che hanno affollato lo spazio dibattiti.
Gozi, che si sta occupando della trattativa con Bruxelles per giungere a un testo di legge il più possibile condiviso, ha ribadito che «questo governo non intende prendere in giro i balneari», poiché «la vicenda va avanti da troppo tempo e paga troppi errori del passato» e dunque «occorre chiuderla in maniera definitiva». Ma il percorso è un vero rompicapo giuridico: le concessioni balneari sono in scadenza il 31 dicembre 2020, ma il Tar Sardegna ha chiesto l’intervento della Corte di giustizia europea su quest’ultimo termine: la sentenza arriverà solo a marzo 2016, e in caso di bocciatura le concessioni si ritroverebbero alla precedente scadenza del 31 dicembre 2015. Una complicazione «che ha bloccato la strada di riforma basata sul “doppio binario” dopo che eravamo riusciti a individuarla e a ottenere l’approvazione di tutta la categoria», sostiene Gozi.
Tuttavia l’attuale governo, seppure continui già da diversi mesi a dichiarare di avere le mani legate su questa vicenda, continua a conservare il silenzio su questioni della massima importanza che nel frattempo dovrebbero essere definite, a partire dall’entità del periodo transitorio che intende chiedere in Ue per le attuali imprese, e che nemmeno ieri Gozi si è sentito di quantificare, seppure rappresenti la principale preoccupazione soprattutto per gli imprenditori con mutui sulle spalle. Senza contare che ancora non sono state individuate delle soluzioni alternative che il governo sarebbe costretto a intraprendere in caso di bocciatura della proroga al 2020, nonostante manchino meno di quattro mesi alla fine del 2015 e al potenziale buco normativo che potrebbe crearsi.
Preoccupazioni, queste, avanzate anche dall’assessore regionale al turismo Andrea Corsini, che ha espresso un chiaro appello a Gozi: «Siamo giunti al dunque; è ora che il governo lavori a una legge quadro di riordino delle concessioni balneari le cui bozze finora esaminate non ci hanno soddisfatto del tutto. Occorre definire il prima possibile un congruo periodo transitorio e inquadrare i grandi temi della revisione dei canoni, della facile e difficile rimozione e del valore commerciale dell’impresa, lasciando poi alle Regioni la facoltà di determinare criteri più stringenti».
Trascriviamo qui di seguito l’intervista di ieri sera al sottosegretario Gozi. Più sotto riportiamo l’intervento di Corsini. La serata è stata animata da un live twitting a cura della Cooperativa Bagnini di Cervia.
Gozi, il governo attende: «Non possiamo legiferare prima di marzo. Intanto pensiamo a soluzioni alternative»
Alex Giuzio: Sottosegretario Gozi, la proroga delle concessioni balneari al 2020 è attualmente al vaglio della Corte di giustizia europea. Come si ripercuote questa complicazione sul negoziato che lei sta portando avanti a Bruxelles in merito alla riforma del demanio marittimo?
Sandro Gozi: Prima di rispondere vorrei fare due premesse. La prima riguarda l’obiettivo del governo Renzi sul turismo balneare, che ritiene le nostre imprese un modello unico in Europa e per questo da tutelare. La seconda è che non intendiamo ingannare nessuno. Ho ereditato una situazione in cui il modello dell’impresa balneare non era preservato e gli operatori italiani erano presi in giro, e quando sono stato nominato sottosegretario con delega agli affari europei, il 28 febbraio 2014, due giorni dopo ho scritto all’allora ministro agli affari regionali Maria Carmela Lanzetta per segnalare il grave problema della direttiva Bolkestein da affrontare insieme per le concessioni balneari. La prima cosa di cui mi sono reso conto nel frattempo è che la proroga al 2020, concessa dal parlamento italiano, non era mai stata notificata alla Commissione europea. Quindi ufficialmente a Bruxelles la proroga al 2020 non esiste – e non certo per responsabilità del governo Renzi.
Ho incontrato tante volte tutte le associazioni nazionali degli imprenditori balneari per discutere del negoziato europeo di cui mi occupo per questa disciplina (il resto è di competenza di cinque ministeri) e abbiamo innanzitutto ascoltato gli operatori, mettendoli tutti intorno allo stesso tavolo e giungendo a delle idee condivise dopo che, all’inizio di questa vicenda, le proposte delle varie sigle sindacali erano molto diverse tra loro. Questo lavoro di ascolto mi ha portato a elaborare un tentativo di negoziato con la Commissione europea che ho battezzato con una formula molto apprezzata, quella del “doppio binario”, e cioè valutare l’opportunità di costruire un serio periodo transitorio per le attuali imprese balneari – la cui durata è da definire – e dall’altra parte mettere subito a evidenza pubblica le spiagge non ancora occupate da imprese. La Commissione europea ha giudicato interessante questa proposta, a patto di sapere quante spiagge in Italia sono ancora occupabili (eccetto ovviamente le aree naturalistiche protette, le basi militari e quanto non è assegnabile in concessione), perché per esempio se si trattasse del 5% la Commissione europea non sarebbe disposta ad accettare questa soluzione, mentre se si trattasse del 50% si potrebbe lavorare in questa direzione. Mi sono di conseguenza attivato per raccogliere i dati sulle spiagge libere e quelle occupate, scoprendo una triste realtà del colloso sistema italiano, e cioè che questi dati aggiornati su base regionale non ci sono – tranne che per le felici eccezioni dell’Emilia-Romagna e delle Marche. Tuttavia non ci siamo fermati, chiedendo gli stessi dati a 567 comuni costieri, ma a risponderci è stato solo un terzo dei comuni. Questo, anche se incompleto, ha rappresentato comunque un campione per portarci ad affermare che in Italia esiste circa il 30% di spiagge libere e occupabili.
Il negoziato con la Commissione europea è potuto così proseguire, approfondendo vari temi dalla proroga ai criteri di indennizzo, ma adesso è intervenuto un fatto molto spinoso per la nostra battaglia: i due interventi del Tar Lombardia e Sardegna. Il primo non era così preoccupante poiché era riferito a delle vecchie concessioni lacustri, mentre il secondo è molto pericoloso, poiché ritiene illegittimo il sistema delle proroghe delle concessioni demaniali marittime e chiede alla Corte di giustizia europea di esprimersi in merito. Di qui lo stop da parte della Commissione europea, che non intende discutere con il governo italiano un ulteriore periodo transitorio finché rimane il rischio che la precedente proroga venga dichiarata illegittima. Ho già chiesto al commissario al mercato interno Elżbieta Bieńkowska di mettere per iscritto questa posizione, soprattutto perché vorrei avere la sicurezza che con l’inizio del 2016 l’Italia non entri nuovamente in procedura di infrazione, il che rappresenterebbe un contenzioso pericoloso. Ma al momento non possiamo legiferare al buio, poiché a marzo 2016 la Corte di giustizia europea potrebbe dichiarare illegittima la precedente proroga su cui si regge la nostra proposta di doppio binario di riforma.
Ovviamente la posizione del governo è di assoluta difesa della proroga al 2020 in quanto legge dello Stato italiano, e per questo l’Avvocatura di Stato su nostra indicazione si è schierata in merito. Tuttavia oggi la situazione è così complicata che ci obbliga a pensare a soluzioni alternative, non appena sarà nominato il nuovo ministro agli affari regionali che ha la competenza in merito. Qualora l’Italia dovesse infatti essere condannata dalla Corte di giustizia europea, sarà obbligatorio per noi ripartire da zero. Questa è la situazione del negoziato con Bruxelles, che avrebbe potuto essere migliore se i governi che ci hanno preceduto avessero lavorato meglio, e che invece da difficile è diventata particolarmente complessa.
AG: Nonostante il negoziato sia bloccato, è almeno possibile sapere a quanto ammontano gli anni di periodo transitorio che la Commissione europea è disposta ad accettare? Questa rappresenta infatti la principale preoccupazione degli imprenditori balneari che spesso hanno acceso mutui.
SG: Avevo avviato un negoziato per ottenere un congruo periodo transitorio, calcolato a partire dal 2009, che permettesse agli attuali imprenditori di rientrare dai loro investimenti, ma con la situazione attuale non posso rispondere senza prendere in giro i balneari, proprio perché c’è un giudizio in corso che mette in discussione il principio stesso della proroga. La Commissione europea sa di avere in mano una gatta da pelare particolarmente difficile – poiché il problema è spinoso non solo per il governo italiano – e oggi non è più disposta ad assumersi nessun rischio, nonostante io l’abbia sempre spinta a negoziare subito una soluzione. Continuerò a insistere, ma con quello che pende alla Corte di giustizia europea, Bruxelles non può che attendere i princìpi che saranno espressi dalla sentenza. Solo alla luce di questo, il negoziato potrà riprendere.
Nevio Salimbeni (coordinatore provinciale Cna Balneatori): Legiferare dopo la sentenza della Corte di giustizia europea potrebbe essere un errore. Perché intanto non si predispone il doppio binario?
SG: Io credo invece che bisogna lavorare per predisporre soluzioni alternative, e per questo aspetto con ansia la nomina del nuovo ministro agli affari regionali a cui spetta la competenza principale su questa questione. Legiferare adesso in via definitiva, senza un negoziato completo con la Commissione europea e in vista di una sentenza della Corte di giustizia europea che potrebbe smontare quanto appena legiferato, creerebbe ulteriore incertezza giuridica, nuovi problemi di legittimo affidamento e maggiore confusione. Io credo che dobbiamo adottare una soluzione definitiva che dia delle certezze agli imprenditori, permettendo loro di tornare a fare dei programmi di investimento per il futuro, anziché un provvedimento che dopo sei mesi potremmo essere costretti a rivedere in tutto o in parte a causa di contrasti con i princìpi della Corte di giustizia Ue. Ricordo infatti che la Corte di giustizia europea è come la nostra Corte costituzionale: stabilisce cioè dei principi contro i quali non si può legiferare. Per questo dobbiamo metterci subito a lavorare su soluzioni alternative in attesa dell’esito della sentenza, pur continuando a sostenere la nostra posizione principale.
AG: Non dimentichiamoci che in Europa esistono notevoli differenze tra i singoli stati in materia di concessioni demaniali. Chiederei di illustrarle a Fabrizio Licordari, che ha contribuito alla nascita della Federazione europea degli imprenditori balneari anche per studiare queste differenze e individuare le soluzioni migliori.
Fabrizio Licordari (presidente Assobalneari-Confindustria): Siamo convinti che il problema delle concessioni balneari sia politico e non tecnico, perciò ci aspettiamo una risposta politica. Anche perché in Europa ci sono forti differenze di paese in paese: il Portogallo dal 2007 gode del diritto di insistenza che finora nessuno ha contestato – al contrario dell’Italia che ha dovuto abrogare il rinnovo automatico – e la Spagna nel 2018 avrà un rinnovo delle concessioni dai 30 ai 75 anni. Gli imprenditori balneari di questi paesi possono oggi investire e diventeranno dei concorrenti sempre più agguerriti, mentre noi stiamo chiudendo questa stagione senza sapere cosa faremo nella prossima e senza poter fare investimenti. Chiedo perciò al sottosegretario Gozi di farsi carico di una risposta politica forte, dato che il governo Renzi in maniera decisionista ha preso in mano la questione, per far valere il proprio peso anziché subire delle decisioni di tecnocrati e giudici: quando siamo in mano agli avvocati, significa che siamo alla frutta.
Luca Rosetti (balneare di Ravenna): Se le nostre concessioni scadessero alla fine del 2015, questo significherebbe il furto delle nostre aziende. Occorrono una proroga di almeno 20 anni e una legge subito, e occorre anche abbassare l’eccessiva pressione fiscale e commisurare il canone demaniale agli effettivi giorni di apertura e alle altre spese che affrontiamo.
SG: Ribadisco di avere per la prima volta avviato un negoziato con la Commissione europea ai massimi livelli: di più non potevo fare. Per quanto riguarda la differenza rispetto a Spagna e Portogallo, non sono molto convinto dell’utilità di andare avanti a proroghe. Credo invece sia meglio trovare una soluzione definitiva. Fino adesso l’abbiamo tirata troppo lunga senza dare certezze, e questo è stato uno sbaglio. Inoltre il Portogallo e la Spagna non hanno avuto un Tar Sardegna a ostacolare la situazione interna, mentre in Italia dei cittadini italiani hanno portato a delle sentenze hanno complicato la vita di altri cittadini italiani, e questo non dipende certo da me. Il sistema portoghese è traballante ma nessuno lo ha ostacolato, mentre il sistema spagnolo è molto diverso giuridicamente rispetto a quello italiano.
Siamo comunque i primi a ribadire che in Italia deve tornare a governare la politica, visti i problemi che abbiamo con i tecnocrati – ma allo stesso tempo ricordiamoci che l’Europa non è fatta solo di negoziati e rapporti di forza, bensì un sistema giuridico analogo a quello italiano, dove la Corte di giustizia equivale alla nostra Corte costituzionale e lì non c’è politica che tenga. Bisogna spesso fare i conti con queste sentenze che spesso contrastano con l’operato del governo, nelle quali il primato politico non vale.
So che molti di voi continuano a volere una legge prima della sentenza, ma continuo a ribadire che non sto prendendo in giro né voi né il governo: so benissimo che la mia proposta del doppio binario dipende tutta da quella sentenza, e se il sistema della proroga venisse dichiarato illegittimo, avremmo un doppio problema. Al momento non posso proseguire un negoziato con la Commissione europea, se loro stessi lo hanno rallentato in attesa della sentenza, che è una complicazione che ci obbliga da una parte a difendere la nostra posizione fino all’ultimo, e dall’altra parte a fare i conti con i princìpi della Corte, comunque vada. Se vinceremo avremo una posizione più forte davanti alla Commissione europea, se perderemo dovremo pensare a una soluzione alternativa. Ma non è più possibile andare avanti per tentativi: in questo settore è già stato fatto troppe volte, a spese dell’Italia.
AG: Per quanto riguarda le alternative su cui lavorare, da alcune parti la nuova direttiva Concessioni viene interpretata come una possibile soluzione per le imprese balneari. Secondo lei è una strada praticabile?
SG: Mi sembra molto difficile per questo settore passare da una direttiva all’altra. Tutti i precedenti tentativi di affidarsi alla direttiva Concessioni sono stati respinti, perciò non credo sia una strada applicabile. Credo che la nostra trattativa debba essere di un altro tipo, concentrandosi sul valore commerciale dell’azienda e della tutela degli investimenti, che rappresentano gli aspetti seri di cui oggi dobbiamo discutere, anziché illuderci di non applicare una direttiva per seguirne un’altra.
L’appello di Corsini: «Riforma il prima possibile con ampia autonomia alle Regioni»
AG: In quanto assessore regionale al turismo di una delle più importanti regioni italiane in termini di economia turistica balneare, qual è la sua posizione in merito ai contenuti della riforma del demanio marittimo e all’operato del governo?
Andrea Corsini: Dopo l’inazione dei precedenti governi che non hanno affrontato la questione per mancanza di coraggio politico e di responsabilità verso 30 mila imprese italiane, riconosco al governo Renzi di avere preso finalmente in mano la situazione in maniera decisa. Come Regione Emilia-Romagna, sin dalle prime settimane di lavoro della nuova legislatura abbiamo portato tutte le altre regioni costiere – fino a quel momento con posizioni diverse tra loro in merito alla strategia da mettere in campo – a sposare la linea del governo sul doppio binario con un documento ufficiale e unitario. Tutti oggi vogliamo dunque le immediate evidenze pubbliche per le coste ancora concessionabili e un congruo periodo transitorio per le attuali imprese, necessario da una parte per completare l’ammortamento degli investimenti e dall’altra per consentire nuovi investimenti sull’arenile. Ma su questo non abbiamo più bisogno di incalzare il governo, poiché si tratta proprio della strategia che ha intrapreso.
Non possiamo però dimenticare che siamo ormai arrivati al dunque, perciò chiediamo che in un tempo ragionevole venga approvata una legge complessiva – naturalmente del tutto negoziata con la Commissione europea – che riordini il sistema di gestione delle concessioni demaniali marittime. Esiste già una bozza lavorata da più ministeri, che a mio giudizio non è ancora ottimale. A mio parere la nuova legge dovrebbe affrontare tre o quattro grandi temi, lasciando poi alle Regioni la facoltà di declinare, a seconda della specificità delle proprie coste, dei criteri più stringenti rispetto alla regolamentazione delle concessioni balneari. Questi tre o quattro temi sono la revisione dei canoni, la rimozione della distinzione tra facile e difficile rimozione, l’aggiornamento della distinzione tra zone ad alta e bassa valenza turistica che ha generato diversi problemi, l’introduzione del principio del valore commerciale dell’impresa. Non è infatti sufficiente parlare di indennizzi, poiché stiamo parlando di imprese che, nel momento in cui dovessero essere cedute, vanno valorizzate e remunerate adeguatamente, dato che hanno investito centinaia di milioni di euro negli anni, permettendo al nostro sistema turistico di mantenere degli alti livelli di competitività.
AG: Recentemente il Comune di Rimini ha annunciato una soluzione molto particolare e significativa al problema delle imprese balneari, e cioè spostare i volumi dei manufatti sul lungomare, fuori dal demanio (vedi notizia). Anche se non si tratta di una strada praticabile ovunque, come la giudica nel complesso?
AC: La situazione di Rimini è piuttosto complicata e bisogna dare atto al sindaco Gnassi di avere disegnato una visione molto innovativa e strategica, che potrebbe essere ripresa da altre località con una geografia simile. Anche per superare in parte la Bolkestein, ma soprattutto per ragionare sull’innovazione di un prodotto ormai maturato, con grande lungimiranza il sindaco di Rimini ha tentato di disegnare un nuovo piano strategico della città che parte dall’importante risultato di avere sdemanializzato il lungomare, dopo anni di battaglie, diventandone proprietario. L’idea riminese è di creare un grande ‘Parco del mare’ trasferendo sul lungomare il 50% dei volumi che oggi sono sull’arenile demaniale, assegnando un diritto di superficie fino a 90 anni. Questa rappresenta anche un’operazione di alleggerimento del carico urbanistico sull’arenile, poiché i volumi più importanti – bar e ristoranti – saranno spostati sulla fascia retrostante e in questo modo saranno esclusi dalla direttiva Bolkestein. Naturalmente rimane sul demanio la parte dei servizi destinati all’ombreggio, che andrebbero a evidenza pubblica, ma in questo modo gli imprenditori che già gestiranno i volumi sull’attuale lungomare saranno più favoriti e stimolati nella competizione. La visione nel complesso è molto ambiziosa, e se sarà attuata cambierà radicalmente la cartolina della località. Come Regione Emilia-Romagna daremo un contributo significativo a questo progetto, nell’ambito dei fondi strutturali destinati alla riqualificazione degli spazi pubblici, poiché crediamo che possa essere una spinta per l’intero comparto balneare.
AG: Chiudiamo con una nota positiva: la stagione balneare è stata eccellente, e per l’Emilia-Romagna ha visto anche la soluzione di un altro importante problema per le imprese balneari, quello dell’erosione costiera, che sarà contrastata da un ripascimento senza precedenti sia per l’estensione che per i fondi stanziati.
AC: Confermo il positivo andamento della stagione turistica, anche se i conti sono ancora da fare e non sono abituato a esprimermi in anticipo. La Regione non si fermerà rispetto alla battaglia sulla riforma delle concessioni balneari che sta portando avanti al fianco del governo, e intanto per le spiagge quest’anno possiamo contare sulla soluzione di un altro importante problema: dopo diversi anni siamo infatti riusciti a convincere il governo Renzi, nella persona del ministro all’ambiente Galletti, a farci finanziare il terzo progetto complessivo di ripascimento dell’arenile da Comacchio a Cattolica. Si tratta di un intervento di manutenzione straordinaria e non più ordinaria; un’opera strutturale che metteremo in campo dal prossimo inverno con 20 milioni di euro in parte provenienti dallo Stato, in parte dalla Regione.
L’audio integrale dell’incontro è disponibile cliccando qui.
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