Attualità

Gli appelli dei balneari e il silenzio della politica

Che si tratti di una protesta estrema come quella di Marcello Di Finizio o di una lettera congiunta come quella delle associazioni di categoria, il governo continua a non fornire soluzioni per la riforma del demanio marittimo.

di Alex Giuzio

Da 40 giorni Marcello Di Finizio si trova in cima all’Ursus di Trieste (nella foto). L’imprenditore balneare triestino, la cui storia è ormai nota, ha iniziato l’ennesima protesta restando quasi inosservato dai mass media, come già era successo la quarta e ultima volta che si era arrampicato sulla cupola di San Pietro (vedi notizia precedente).

Di Finizio si trova su una gru abbandonata, a 75 metri di altezza, in condizioni precarie e con uno striscione che invita a non toccare La Voce della Luna, il suo locale andato a fuoco e mai più ricostruito a causa della mancanza di certezze dovute alla famigerata direttiva Bolkestein. Senza più nemmeno un tetto dove dormire (la sua abitazione è stata sequestrata per i debiti contratti durante i vani tentativi di risolvere la situazione), sembra che l’imprenditore intenda proseguire l’estrema protesta a oltranza, pubblicando quotidianamente i suoi pensieri nel suo profilo Facebook.

Al di là della condivisione o meno del gesto eclatante e solitario di Marcello, un pensiero va fatto per la totale trascuratezza che la politica italiana sta dedicando non solo a Di Finizio, la cui storia resta emblematica, ma anche all’intera categoria balneare italiana. Una settimana fa le associazioni balneari hanno inviato una lettera al ministro Franceschini e al sottosegretario Baretta (leggila qui): una strada diplomatica esattamente opposta a quella praticata da Di Finizio. Ma i due appelli – l’uno congiunto e pacato, l’altro singolo e pericoloso, ma entrambi urgenti e disperati – sono stati e continuano a essere ignorati. Terminata la campagna elettorale, sono finite anche le dichiarazioni di solidarietà ai 30 mila piccoli imprenditori che rischiano di perdere la propria azienda.

Questo è forse il segnale che deve far scattare il campanello d’allarme tra tutti i balneari italiani: non c’è gesto, che sia più o meno condiviso, che non venga ignorato da chi dovrebbe varare una riforma generale del demanio marittimo, e invece continua a prorogare la scadenza per farlo. Sappiamo che il semestre italiano di presidenza europea, iniziato proprio ieri, è il periodo migliore per trattare con Bruxelles una via di uscita dalle evidenze pubbliche delle concessioni demaniali marittime. Ma questi continui segnali di silenzio non fanno che preoccupare sempre di più.

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