di Alex Giuzio
Un emendamento al decreto Enti locali presentato nei giorni scorsi dal governo ha generato allarme e confusione tra gli imprenditori balneari, e per questo occorre fare chiarezza. Il testo originale dell’emendamento, infatti, avrebbe ridotto la proroga delle concessioni dal 2020 al 2016, ma la pronta reazione delle associazioni di categoria ha fatto sì che nel maxiemendamento finale venisse inserita una frase che esclude gli stabilimenti balneari da questa drastica riduzione.
Così recita il testo finale approvato martedì scorso in Senato: "Le utilizzazioni delle aree di demanio marittimo per finalità diverse da quelle turistico-ricreative, di cantieristica navale, pesca e acquacoltura, in essere al 31 dicembre 2013, sono prorogate […] non oltre il 31 dicembre 2016". Dalla scadenza del 2016 sono dunque escluse le concessioni demaniali marittime a uso turistico-ricreativo (stabilimenti balneari, alberghi, campeggi, villaggi turistici), che rimangono alla scadenza del 31 dicembre 2020 in attesa del riordino generale della materia.
Per chi è interessato al testo integrale del maxiemendamento, può scaricarlo cliccando qui. Alla fine della pagina 7, comma 9 septiesdecies e all’inizio della pagina 8, comma 9 duodevicies c’è la parte che riguarda gli stabilimenti balneari.
Sicuramente in questa storia c’è qualcuno che ha tentato, con un colpo basso, di mettere in seria difficoltà le imprese balneari che già sono in crisi a causa dell’incertezza normativa che si protrae da oltre cinque anni. Così infatti un comunicato del Sindacato italiano balneari riferisce la vicenda: «Per i balneari è sempre necessario stare con gli occhi bene aperti e le sorprese possono sempre essere dietro l’angolo. La conferma viene dalla discussione in Commissione bilancio del Senato dell’A.S. 1977 (ddl enti locali) dove nel pomeriggio dell’altro ieri era stato approvato, con il parere favorevole del governo, l’allegato emendamento presentato dal pugliese Zizza e dal veneto Santini (rispettivamente di Forza Italia e Partito democratico, NdR), che se con il primo comma prevedeva la possibilità per le Regioni di "operare una ricognizione delle rispettive fasce costiere, finalizzata anche alla proposta di revisione organica delle zone di demanio marittimo ricadenti nei propri territori" (in altri termini individuare i tratti di arenile da poter sdemanializzare), con il secondo comma riduceva la proroga per le imprese balneari al 31 dicembre 2016. Una volta appresa la notizia, il Sib nazionale e i presidenti del Sib Puglia e Veneto, Antonio Capacchione e Leonardo Ranieri, hanno messo a ferro e fuoco le rispettive regioni. In serata le prime assicurazioni e martedì mattina la presentazione da parte del governo del maxiemendamento successivamente approvato dal Senato con il quale, al secondo comma, la proroga delle concessioni al 2016 non riguarda le concessioni turistico-ricreative confermando, di fatto, la proroga delle medesime al 2020. La capacità di Sib-Confcommercio di essere sempre sul "pezzo" a tutela dei balneari è stata, ancora una volta, confermata. Non servono annunci e dichiarazioni roboanti e demagogiche… Occorrono fatti concreti».
Anche Cna Balneatori è intervenuta sulla questione, con il coordinatore Cristiano Tomei che tranquillizza: «Il governo e il senato hanno alla fine confermato la proroga al 2020 per le concessioni demaniali marittime, e pertanto continua incessante la lotta sindacale per tutelare la proroga al 2020 con i ricorsi proposti da Cna e dall’Avvocatura di Stato presso la Corte di giustizia europea; sostenere la proposta del doppio binario che prevede il periodo transitorio per le atuali 30.000 imprese balneari italiane; sostenere e ricercare in Italia e in Europa le soluzioni sindacali e giuridiche per escludere – o al minimo allontanare il più possibile nel tempo – aste ed evidenze pubbliche».
Non è però passato inosservato l’aspetto della sdemanializzazione, che fu già oggetto di trattativa durante il governo Letta grazie a un’iniziativa del sottosegretario Pier Paolo Baretta. Così il Sib commenta la nuova apertura: «Sulla possibile sdemanializzazione vedremo gli sviluppi. Da parte nostra confermiamo i contenuti della piattaforma approvata unitariamente: la sdemanializzazione è una possibile e parziale soluzione, non "la soluzione" del problema concessioni, a condizione che venga assicurata l’opzione per gli attuali concessionari».
Ma sul maxiemendamento sono piovute più polemiche che apprezzamenti, anche dallo stesso partito di governo, su altre questioni del demanio marittimo affrontate dal testo di legge. Un altro aspetto importante riguarda infatti la riqualificazione dei lungomari, con l’emendamento che recita: “In previsione dell’adozione della disciplina relativa alle concessioni demaniali marittime, le regioni, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, operano una ricognizione delle rispettive fasce costiere, finalizzata anche alla proposta di revisione organica delle zone di demanio marittimo ricadenti nei propri territori. La proposta di delimitazione è inoltrata al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e all’Agenzia del demanio, che nei centoventi giorni successivi al ricevimento della proposta, attivano, per gli aspetti di rispettiva competenza, i procedimenti previsti dagli articoli 32 e 35 del codice della navigazione, anche convocando apposite conferenze dei servizi”.
Così recita una nota critica del deputato riminese del Pd Tiziano Arlotti, divulgata da Newsrimini: "Sui progetti di riqualificazione dei lungomari arriva l’ombra di un nuovo emendamento al decreto Enti locali che ha avuto la fiducia del Senato e che, per il deputato riminese Tiziano Arlotti, rischia di creare un pasticcio. L’emendamento impone infatti alle Regioni una revisione delle zone di demanio marittimo, con i risultati da inoltrare poi al Ministero per arrivare a proposte di revisione organica. Dimenticando – denuncia Arlotti – che le Regioni e i Comuni sono i soggetti che hanno le competenze per pianificare urbanisticamente l’arenile, e sono deputati alla gestione delle concessioni demaniali marittime. E rischiando così di vanificare gli investimenti che si stanno pianificando. «Una soluzione pasticciata che rischia di generare aspettative inconciliabili con le esigenze di innovazione e riqualificazione, e di vanificare il lavoro di collaborazione fin qui svolto», commenta Arlotti. «Il testo uscito dal Senato mette a repentaglio tutto il lavoro fin qui fatto dal governo, sia in sede di Commissione europea dal sottosegretario Sandro Gozi, sia in sede di concertazione con i rappresentanti di categoria del settore balneare. La norma inserita nel maxiemendamento ha il solo effetto di creare confusione e sconcerto, fermo restando che per le concessioni demaniali marittime legate alle atttività diverse da quelle elencate, come le concessioni turistico-ricreative, si conferma la proroga al 31 dicembre 2020 (su cui si attende il pronunciamento della Corte di giustizia europea in autunno sui due ricorsi inoltrati dai Tar di Lombardia e Sardegna). È grave infatti che con un emendamento venga imposta alle Regioni una ricognizione sulla fascia demaniale, dimenticando che le Regioni e i Comuni sono i soggetti che hanno le competenze per pianificare urbanisticamente l’arenile, e sono deputati alla gestione delle concessioni demaniali marittime. In molti casi, come a Rimini, gli enti locali si stanno prodigando per riqualificare l’offerta e creare investimenti in un settore economico strategico come quello balneare. Investimenti che rischiano di essere compromessi. Credo che questa soluzione pasticciata non riceverà il plauso delle associazioni sindacali di categoria, né degli operatori. Soprattutto rischia di generare aspettative inconciliabili con l’esigenza di innovare e riqualificare, valorizzando il lavoro e il valore delle attuali 30 mila imprese balneari e dei loro addetti». Annunciando l’impegno per modificare la soluzione nel passaggio alla Camera, Arlotti auspica «che il governo si confronti con la Conferenza delle Regioni, l’Anci e le associazioni di categoria per evitare che il lavoro di collaborazione fin qui svolto venga vanificato»".
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